Fino alla scoperta del genocidio degli ebrei perpetrato dai nazisti nel corso della Seconda Guerra Mondiale, i popoli della terra, cattolici e non, erano in maggioranza razzisti rispetto a pochi spiriti illuminati e sulla shoah, ad esempio, il mondo non la raccontò giusta, dopo la guerra, rifugiandosi nel “Non la sapevamo”. Lo sapeva e come se Chaplin nel 1940 poté fare un capolavoro di film sul nazismo pieno di illuminanti episodi sull’argomento
– Silvio Cortina Bascetto –
Lo scorso 7 giugno, nel corso di una manifestazione per la violenta morte dell’afroamericano George Floyd, a Londra, i manifestanti hanno scritto, alla base della statua che lo rappresenta, che Winston Churchill era un razzista. Ci siamo tutti indignati intellettualmente di fronte a quell’ennesima tentativo di “ghigliottinare” in qualche modo il passato, ma devo dire che quella scritta diceva la pura verità: Churchill era razzista! E con lui lo erano tutti gli inglesi della sua generazione e, in parte, anche di quella successiva. O forse pensate che i cittadini dell’impero coloniale britannico avessero gli istessi diritti degli inglesi come, per fare degli esempi, i milioni di indiani e di sudafricani? Quei popoli, in realtà, erano discriminati sia nei diritti che nei doveri e, tengo a rimarcarlo, la stragrande maggioranza degli inglesi era d’accordo.
Lo stesso giudizio si applica ai francesi di quel periodo e per gli stessi motivi, anzi i nostri cugini d’oltralpe erano ancora più razzisti degli inglesi tant’è che per loro un francese, figlio di francesi ma nato in africa era chiamato “pied noir”, piede nero… come dire che il solo fatto di aver toccato quel continente coi piedi lo rendeva un cittadino francese di serie B.
Non fanno eccezione (e come potrebbero in questo momento…) gli Stati Uniti dove gli afroamericani erano apertamente discriminati anche nelle istituzioni federali, come nell’esercito, fino a tutta la Seconda Guerra Mondiale. Anche se oggi parlare di razzismo delle istituzioni americane è, per buona parte, una scelta politica e di una politica che, nel suo insieme, fino ad oggi si è rivelata incapace di colmare le differenze interrazziali.
Pensate voi che per la sua vocazione internazionalista la Russia comunista fosse fuori da questo perverso circuito razzista? Neanche per sogno. Nell’URSS, a parte la spietata dittatura, il razzismo era soltanto di tipo diverso, un razzismo sociale frutto di un’ideologia che predicava appunto l’odio verso le altre classi sociali. Sicché, se un cittadino era un cosiddetto borghese, o figlio, o parente di borghesi, quando gli andava bene, i suoi diritti erano limitati, i doveri aumentati e, automaticamente, diventava un soggetto da tenere sotto sorveglianza in quanto potenzialmente controrivoluzionario.
Anche la Chiesa nel suo piccolo era razzista, tant’è che protestò contro le leggi razziali di Mussolini non in quanto tali, ma perché esse non prevedevano una deroga per gli ebrei convertiti al cristianesimo, insomma di tutti gli altri non gliene importava niente. Ma è andando all’indietro nella sua storia che si tocca con mano il vero razzismo e la misoginia della Chiesa grazie a uno dei suoi dottori, San Tommaso d’Aquino: «Rispetto alla natura particolare la femmina è un essere difettoso e manchevole. Infatti la virtù attiva racchiusa nel seme del maschio tende a produrre un essere perfetto, simile a sé, di sesso maschile. Il fatto che ne derivi una femmina può dipendere dalla debolezza della virtù attiva, o da una indisposizione della materia…». Si può, quindi, affermare che fino alla scoperta del genocidio degli ebrei perpetrato nel corso della Seconda Guerra Mondiale, i popoli della terra, cattolici e non, erano in maggioranza razzisti rispetto a pochi spiriti illuminati. Sulla shoah, ad esempio, il mondo non la raccontò giusta alla caduta del nazismo rifugiandosi nel “Non la sapevamo”. Lo sapeva e come se Charlie Chaplin nel 1940 poté fare un capolavoro di film sul nazismo pieno di illuminanti episodi sull’argomento. La verità è che per iniziare quel processo di maturazione morale, ideale e spirituale dell’umanità teso ad eliminare il razzismo, un processo purtroppo ancora incompleto, ci sono voluti molti anni e speriamo non ce ne vogliano altri per portarlo finalmente a termine.
Premesso quanto sopra, bisogna avere il coraggio di dire che la storia va contestualizzata perché, riornando a Churchill dal quale siamo partiti, ogni personaggio è figlio del proprio tempo e il tempo del grande statista inglese era, purtroppo, razzista. Pertanto, i suoi comunque grandi meriti politici non possono essere soppesati con i criteri etici e morali di oggidì come, invece, hanno fatto gli scombiccherati iconoclasti, e falsi antirazzisti, londinesi, ai quali darei un suggerimento alternativo … la prossima volta, quando ritornate a casa, prima di buttare vernice e pennello, apponete questa scritta sulla porta: An idiot lives in this house.