Se la Sinistra italiana non cambia, non governerà mai più passando per le urne

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Dalla svolta di Fiuggi ad oggi, la Destra italiana non ha fatto altro che lottare contro un sistema costruito a misura dei suoi avversari, eppure questi non hanno saputo approfittare del vantaggio e, anzi, dandosi un’imbellettata liberista con l’entrata nel loro contenitore principale (il PD) dei transfughi della defunta Democrazia Cristina, hanno sì acquistato alcuni elettori cattolici ma hanno perso per strada i loro

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L’inarrivabile Indro Montanelli sosteneva che copiare da se stessi non è reato sicché, rinfrancati da cotanto avallo, siamo andati a ravanare in un nostro lavoro del 2021 perché, partendo da lontano, vorremmo tentare di capire la crisi che sta disseccando il PD e la Sinistra italiana nel suo insieme.

La politologa e rettore dell’Università della Pennsylvania, Amy Gutmann, ha scritto alcuni anni fa che «Se vogliamo vivere come individui liberi ed eguali, dobbiamo essere cittadini di una qualche comunità politica, e dobbiamo essere educati alla pratica di quei valori». Già, la pratica dei valori, come dire, in parole semplici, che la Gutmann, invocava la coerenza dai partiti politici non riferendosi tanto ad una comunità nazionale quanto a una comunità di ideali (e abbiamo visto a Bruxelles quelli del PD…), dando per scontato il fatto che siano, poi, le comunità ideali che vanno a costituire quelle nazionali, anzi, talvolta anticipandole perfino come avvenne per l’Unità d’Italia e, in misura molto più modesta, con la Resistenza.

Come idea, in verità, quella della professoressa americana non è né nuova, né rivoluzionaria, perché è dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente che intorno a quest’idea andarono agglomerandosi gli Stati nazionali. In senso generale, tuttavia, la politologa della Pennsylvania ha portato allo scoperto le piaghe della lebbra che sta consumando le democrazie occidentali e, aggiungiamo noi, con una particolare virulenza quella italiana, ormai intortatasi su se stessa assieme al resto dell’Europa che è riuscita – essa e non Putin! – a far diventare incubo il sogno di un super-Stato europeo di Paesi uguali.

Ma, poi, come lo costruisci un super Stato continentale se il tessuto vitale della nostra democrazia sta andando in necrosi perché non è più irrorato dalla linfa della passione politica di quelle comunità d’ideali che un tempo si chiamavano partiti ed aree culturali, come il blocco cattolico, il blocco di destra e quello di sinistra? Infatti, la comunità cattolica si è eclissata anche con l’entusiastica collaborazione di alcuni degli ultimi papi specialmente Bergoglio, mentre quella di sinistra è in avanzato stato di dissoluzione. Pertanto, è sopravvissuta sebbene sbiadita rispetto al passato, la più ideologizzata tra esse, la più fedele a se stessa ed ai suoi elettori: la Destra.

Il problema, per far nascere un’equilibrata democrazia dell’alternanza nel nostro Paese, è che le grandi rivali del Novecento sono, ancora oggi, in fuga dai loro antichi demoni: la Sinistra italiana dal comunismo la Destra dal fascismo. Ma se la prima può esibire un passato imbiancato da un sistema di connivenze che quando non riesce a battere l’avversario chiama in suo aiuto il soccorso rosso dei media, di certa magistratura e, molto spesso, delle figure istituzionali che per loro natura dovrebbero essere super partes, la Destra, invece, è stata sola in quella traversata del deserto verso la democrazia e le sue regole per arrivare dov’è oggi. E sì, questo apparente handicap in realtà l’ha favorita perché l’ha maggiormente caratterizzata.

E questo è avvenuto senza aver potuto contare sull’aiuto di “candeggiatori” come il comunismo, perché ciò che appestò l’Italia per un ventennio, il fascismo, a parte il fatto di essere stato condannato alla damnatio memoriae, non fu un regime di destra classico al quale potersi in qualche modo richiamare oggi, ma soltanto un macchiettistico nazionalsocialismo, un lungo rincorrersi di “ismo” come statalismo, radicalismo, clericalismo e populismo. Ragion per cui, dalla svolta di Fiuggi ad oggi, la destra italiana non ha fatto altro che battersi contro tutto e tutti, eppure i suoi diretti antagonisti non hanno saputo approfittare di questo vantaggio e, anzi, dandosi un’imbellettata liberista per potersi frammischiare con i transfughi della defunta Democrazia Cristina, hanno acquistato gli elettori degli altri ma ha perso per strada i loro.

L’indebolimento della sinistra, piaccia o meno alle parti in causa, dal punto di vista sociale prima che politico ha fatto il deserto degli storici valori di riferimento e – detto con le parole del filosofo Augusto Del Noce – ha dato il via «… alla scorribanda dell’stinto più sfrenato, dell’utilità economica come fondamento di ogni agire sociale». Insomma la Sinistra italiana in quanto tale è sparita lasciando orfani i ceti meno abbienti, senza contare che la rivoluzione liberale alla milanese che voleva fare Berlusconi durante i suoi governi nel Mezzogiorno (naturale bacino di consenso per le sinistre di oggidì) era destinata a rimanere sulla carta: il Sud e il Nord del Paese non sono in grado di correre alla medesima velocità! Ma il PD non se ne deve essere accorto perché, troppo preso a gestire il potere in quanto tale, non gli è mai passato per la testa che forse il nostro Mezzogiorno ha bisogno di una politica ad hoc per la riconfigurazione territoriale, industriale ed economica delle aree depresse, altro che reddito di cittadinanza dei grillini.

Ebbene, perfino il contributo alla risoluzione, sul lungo periodo, di questa storica sperequazione, oggi può venire dalla destra anziché dalla Sinistra, perché il partito della Meloni ha conservato un’anima “sociale”, cioè capace di resuscitare alcune prerogative e compiti del potere centrale per favorire le famiglie in difficoltà, i ceti meno abbienti e i pensionati come, peraltro, sta tentando di fare proprio in questi giorni.

Anticipiamo l’obiezione, stante le attuali polemiche sull’autonomia differenziata delle Regioni che intende realizzare questo governo: non si tratterebbe di una sorta di nazionalismo regionale ma, semmai, dell’edificazione del federalismo compiuto, almeno come lo intendevano Cattaneo e Ferrari (che non erano separatisti), in modo da bilanciare quelle tentazioni isolazionistiche che di solito contraddistinguono le politiche della Destra europea.     

Poiché la Destra italiana è coalizzata con Forza Italia e con la Lega, molti si domandano perché stavolta un governo di Centrodestra dovrebbe funzionare rispetto a quelli di sinistra che ci hanno governato fino ad ieri. Ma perché all’interno della coalizione è cambiato il rapporto di forza rispetto al passato e ciò grazie a due fattori imprevedibili quanto paradossali: la crescita del consenso di FdI e la “costruzione” dell’immagine della sua leader, sono stati graziosi regali delle opposizioni di sinistra grillini inclusi.

Sì, avete capito bene, se la Meloni si è guadagnata sul campo la leadership e la guida del governo, deve ringraziare l’intera Sinistra italiana che, attaccandola in modo insopportabilmente strumentale, l’ha resa simpatica a molti italiani o, perlomeno, l’ha fatta apparire determinata e cazzuta ai loro occhi. Possiamo perfino sostenere che epiteti come coatta, scrofa, pesciaiola, hanno finito con accreditarle l’immagine di donna del popolo, di ragazza delle periferie. Sicché oggi un operaio s’identifica più nella Giorgiona nazionale che non nell’asettico Letta dal quale non si sono mai sentite pronunciare parole come popolo, operai, fabbriche.

Per cominciare a dire cose di sinistra, il PD smetta d’inseguire Fratoianni, Speranza e Conte, che sono sgangheratamente populisti, e approdi finalmente alla socialdemocrazia di stampo occidentale con un progetto in testa, sennò il governo del Paese se lo potrà scordare per il futuro perché per governare in democrazia bisogna essere eletti, e per essere eletti ci vogliono gli elettori e per procurarsi gli elettori bisogna offrire loro un progetto. Facile, no?

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