Satnam Singh e il gatto del Sacro Monte: i confini della nostra disumanità

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Inducono ad infinita tristezza un animale in sembianze umane che ha abbandonato a morire per strada un suo lavorante col braccio staccato da una macchina e il cretino del Sacro Monte di Varese che, invece di puntare le canne del fucile sulle sue palle ed evitare così di generare altri decerebrati come lui, ha sparato ad un povero gattino che se ne andava per i fatti suoi

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Nel tourbillon delle crudeltà umane ormai generalizzate e quotidiane, nel giro di pochi giorni sono accaduti due fatti di cronaca che la dicono lunga sulla deriva morale che sta trascinando il nostro Paese in un inarrestabile gorgo di disumanizzazione. I teatri degli accadimenti sono stati due, Borgo Montello in provincia di Latina e la strada per il Sacro Monte di Varese. Nella prima località un giovane operaio indiano, Satnam Singh, ingaggiato dai nuovi negrieri, i “caporali”, per raccogliere i prodotti della terra senza contratto di lavoro e senza un minimo di garanzie sindacali, è stato lasciato morire dissanguato in strada dopo che il macchinario avvolgi-plastica che stava utilizzando gli aveva troncato un braccio.

Subito dopo l’incidente, infatti, l’ingaggiatore (finalmente arrestato!), per paura delle censure di legge che puniscono il lavoro nero e lo sfruttamento, invece di avvolgere il braccio mozzato del malcapitato indiano Satnam Singh in un pezzo di stoffa e chiamare tempestivamente ambulanza e automedica per tentare il riattaccamento dell’arto e comunque salvargli la vita, lo ha caricato in macchina per poi abbandonarlo sotto casa sua. Insomma, per non beccarsi qualche multa lo sfruttatore ha lasciato morire il poveretto in strada, solo come un cane senza collare.  

Nella seconda località, il Sacro Monte, un cretino, che invece di puntare le canne del fucile sulle sue palle ed evitare così di generare altri decerebrati come lui, ha sparato a un povero gattino che se ne andava per i fatti suoi.

Orbene, io non amo i gatti in modo particolare, ma li rispetto come rispetto tutti gli esseri viventi, né mi sogno di mettere sullo stesso piano la vita di un felino domestico e quella di un essere umano, ma al cospetto di questi due episodi un po’ di domande comincio a pormele: a quale demone stiamo consegnando i nostri cuori e le nostre menti? Perché siamo arrivati al punto che le sofferenze dei nostri simili, e degli esseri viventi in generale, ci lasciano indifferenti. Com’è che provocare la morte di un nostro simile non è più un tabù morale e societario? Probabilmente ci saranno torme di agguerriti psicologi e sociologi pronti a rispondere a queste mie domande ma nell’attesa devo confessare di essere schifato di appartenere al genere umano e, pertanto, chiedo perdono a Satnam Singh e anche al gattino del Sacro Monte di Varese che hanno avuto la sfortuna d’incontrare sulla loro strada gli ennesimi animali dentro.

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