Un giornale di Stato cinese online ha sostenuto che tutti gli iscritti al Partito Comunista devono attuare quella disposizione del governo Xi Jinping che impone ad ogni coppia di fare almeno tre figli, ciò per combattere la denatalità che, in un Paese di un miliardo e mezzo di abitanti, fa già ridere di suo. Peraltro, essendo retto da una dittatura, il governo cinese non ha neppure dovuto confrontarsi con un Parlamento su questa ed altre misure a sostegno delle nascite, come la stretta sugli aborti e un lungo periodo di ripensamento obbligatorio per le coppie che vorrebbero divorziare
– Enzo Ciaraffa –
Come dovremmo ben sapere, dopo l’esperienza fatta nel recente passato, le dittature sono capaci di qualsiasi abiezione, ma non ci saremmo mai aspettati che una delle più longeve, quella cinese, potesse arrivare ad imporre ai propri connazionali il numero di figli, da procreare “per la patria” come un qualsiasi regime fascista europeo degli anni Trenta. Infatti, in un editoriale pubblicato il mese scorso sul sito web statale China Reports Network, si è sostenuto che tutti gli iscritti al Partito comunista devono attuare la disposizione del governo che impone ad ogni coppia di fare almeno tre figli, ciò – ribadisce l’editoriale – per combattere la denatalità che, in un Paese di un miliardo e mezzo di abitanti, fa già ridere. Peraltro, essendo retto da una dittatura, il governo cinese non ha neppure dovuto confrontarsi con un Parlamento su questa ed altre misure varate a sostegno delle nascite, come la stretta sugli aborti e un lungo periodo di ripensamento obbligatorio per le coppie che vorrebbero divorziare. Insomma, stabilire quanti figli devono fare cinesi e quando essi potranno divorziare lo deciderà il partito se non lo stesso Xi Jinping.
L’intento del regime di voler incrementare le nascite segue di non molti anni la legge maoista che, al contrario, vietava alle coppie cinesi di fare più di un figlio. L’altalenante esortazione non fate figli – fate figli dei governanti cinesi ricorda una barzelletta che raccontavano i coscritti della mia generazione quando stavano per essere sottoposti alla visita di leva che, oggi possiamo confessarlo, un po’ ci intimidiva perché era la prima volta nella nostra vita che comparivamo incolonnati e nudi come vermi d’avanti a degli estranei: l’ufficiale medico e una fila di altri ragazzi in costume adamitico. La parte più imbarazzante della selezione, comunque, era la visita all’apparato genitale, quando l’ufficiale medico prendeva il sacco scrotale in mano ed esortava a tossire per verificare che non ci fosse una punta d’ernia, o quando ci faceva tirare su il prepuzio allo scopo di scoprire il glande per verificare che non fossimo affetti da malattie veneree che all’epoca erano ancora piuttosto diffuse in Italia. Ebbene, tenendo ben presente che nella lingua napoletana il glande si chiama capocchia, e che quando si esorta qualcuno a scoprirlo si dice scapocchia, quello che segue era il succo della barzelletta che ci raccontavamo.
Il colonnello medico di un indefinito distretto militare, durante la visita di leva, esorta un coscritto sospetto luetico a scoprire e poi ricoprire il glande: scapocchia e incapocchia. Siccome c’è qualcosa che non gli torna, il colonnello si mette a consultare un testo di medicina, dopo di che ritorna e, per fare altre verifiche, lo esorta ancora: scapocchia e incapocchia. Ma, visto che neppure la lettura del testo di medicina lo ha rassicurato, l’ufficiale organizza un consulto volante con i colleghi per capire di che cosa fosse affetto il giovane coscritto, sicché ognuno di essi per poter fare un controllo ictu oculi lo esorta ancora: scapocchia e incapocchia. Finalmente arriva il colonnello medico per osservare l’ultima volta il glande del coscritto prima di emettere il giudizio definitivo e, allora, mentre sta per ordinare di nuovo scapocchia e inca… non fa in tempo a finire la frase che sente arrivare un gemito di piacere: «Ahhhh, quant si’ bell colonnè…». Era accaduto che, a furia di smenarlo per ordine degli ufficiali medici, il timido coscritto aveva avuto un orgasmo incontrollato.
Ecco, agli autocrati cinesi e in particolare a Xi Jinping bisognerebbe raccontare questa barzelletta per far loro capire quanto siano ridicole, oltre che tremendamente drammatiche, le dittature quando pretendono di irreggimentare perfino i sentimenti, gli ormoni e il bigolo dei loro cittadini. Comunque, lascia ben sperare, per la formazione di un pensiero indipendente nell’opinione pubblica cinese, il fatto che i lettori indignati abbiano costretto il “China Reports Network” a cancellare l’editoriale incriminato.
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