Il problema che adesso si presenta al governo non è soltanto politico ma anche, e soprattutto, di centralità, ovvero chi deciderà la politica e la durata dei governi italiani. Il Parlamento eletto dal popolo oppure i tribunali? Ma prima di esprimersi su questi due punti, il M5S dovrà a sua volta decidere di uscire, per una volta almeno, dalla piattaforma Rousseau e calarsi nella realpolitik anche perché, se dovesse passare il teorema accusatorio del tribunale dei ministri di Catania contro Matteo Salvini, anche un doganiere od un poliziotto che trattenga un corriere della droga per accertamenti potrebbe essere incriminato
– Enzo Ciaraffa –
Pur sorvolando sull’ennesima ingenuità commessa dal premier Conte durante un colloquio con Angela Merkel al margine del vertice di Davos, incomincia a farsi davvero preoccupante la precarietà di questo governo il quale, ormai, rischia di andare a fondo ogni volta che si scatena la tempesta in un mezzo bicchiere d’acqua, facendo così il gioco dei suoi avversari, quelli palesi e quelli occulti…
Adesso il padre di tutti i problemi che agitano la maggioranza è ridiventato il caso del pattugliatore Diciotti. Questa la sintesi degli antefatti per coloro che li avessero dimenticati. Lo scorso 14 agosto il pattugliatore della nostra Guardia Costiera, appunto il Diciotti, raccolse in mare, tra la Libia e Malta, centonovanta immigrati che il governo maltese non volle accogliere, ciò nonostante il tratto di mare interessato si trovasse nella zona Sar (search and rescue) di sua pertinenza.
Una volta messi al sicuro quei soggetti che necessitavano di cure mediche, la nostra unità giunse nel porto di Catania col suo carico umano senza, però, poter sbarcare i passeggeri perché il ministro degli Interni ne aveva disposto la permanenza a bordo, in attesa della loro tentata ripartizione tra i Paesi dell’Unione europea sempre così generosi con l’immigrazione purché a farsene carico sia l’Italia.
Poi il procuratore della repubblica di Agrigento valutò “illecito” tale trattenimento, anticipando urbi et orbi l’ipotesi del reato di sequestro di persona a carico del vice premier Salvini, un reato che però il Tribunale dei Ministri di Palermo escluse perché nella specifica circostanza «… fu difeso meritoriamente l’interesse nazionale dalla Guardia Costiera». Ma si mise lo stesso in moto il tribunale dei ministri di Catania competente per territorio, che in questi giorni ha chiesto al Senato quella che, solo per capirci, continueremo a definire autorizzazione a procedere nei confronti di un senatore e ministro della repubblica, per i reati di sequestro di persona (un’altra volta!), di arresto illegale e di abuso d’ufficio.
Ebbene, dopo questa ennesima iniziativa della magistratura, il governo è andato in fibrillazione perché il M5S ha come principio statuale quello di essere, a prescindere dal reato ipotizzato, sempre a favore dell’autorizzazione a procedere nei confronti dei membri del Parlamento. Però, un eventuale – e secondo noi improbabile – rinvio a giudizio di Matteo Salvini farebbe franare il governo vista la sua male assemblata composizione. Anche perché i vertici leghisti sostengono – e con qualche ragione – che processare il ministro degli interni per un atto di difesa territoriale sarebbe, in realtà, come processare il governo, cosa che la magistratura di uno stato di diritto non può fare sennò vanno in discarica gli articoli 92, 98, 100 e 101 della nostra Costituzione.
Peraltro, il problema che adesso si presenta al governo non è soltanto politico ma anche, e soprattutto, di “centralità”, ovvero chi decide la politica e la durata dei governi italiani? Il Parlamento eletto dal popolo oppure i tribunali? Ma prima di esprimersi il M5S dovrebbe decidere, almeno per una volta, di uscire dalla piattaforma Rousseau e calarsi nella realpolitik anche perché, se dovesse passare il teorema accusatorio del tribunale dei ministri di Catania, anche un doganiere che trattenga un corriere della droga per accertamenti potrà essere incriminato per sequestro di persona.
Fare politica è saper porsi delle domande prima degli altri, è l’arte delle valutazioni storiche ancor prima di quelle politiche, senza dovere attendere il preventivo assenso di qualche migliaia di follower. La valutazione che i vertici del M5S dovrebbero fare in questo momento è che la statuizione a concedere l’autorizzazione a procedere, in ogni caso, è figlia di un’altra stagione politica che non ha nulla a che vedere con la fattispecie corrente. Infatti, i reati che in passato venivano frequentemente contestati ai nostri parlamentari riguardavano, nella quasi totalità dei casi, i delitti contro la pubblica amministrazione. Parliamo dell’abuso d’ufficio, del falso materiale, della concussione, della corruzione, dell’omissione di atti d’ufficio, del peculato, dell’illecito finanziamento pubblico dei partiti, della truffa e dell’associazione a delinquere di stampo mafioso. A riprova che il Parlamento italiano è stato – speriamo solo fino ad oggi – una cloaca di comportamenti illeciti, di prevaricazioni e di privilegi inammissibili giustamente avversati dal M5S, un movimento di ragazzotti animati da buone intenzioni ma anche piuttosto sempliciotti e schiavi della Rete, invece che del pragmatismo e del buonsenso. Sì, perché il punto della questione adesso non è rimanere incatenati ad un principio generale ma ad un altro, ben più importante per le sue implicazioni immediate e future.
La magistratura vuole per forza processare un ministro della repubblica nel pieno delle sue funzioni e prerogative, per dei reati che non appartengono più al genus del malaffare come in passato ma alla politica applicata, nell’ambito di una compagine governativa votata dagli italiani e dal Parlamento. È legittimo, pertanto, l’accanimento giudiziale contro un membro del governo o non sarebbe invece, meglio – come peraltro avviene anche in Francia – sottoporre il comportamento dei ministri al vaglio della giustizia alla fine del loro mandato di governo? Se non altro così saremmo tutti al riparo da eventuali sconfinamenti di quella magistratura che non proprio tutti considerano super partes.
È su questo che devono rapidamente decidere dalle parti del M5S, pur mantenendo legittimamente, e coerentemente aggiungiamo, la decisione di votare per l’autorizzazione a procedere per tutte le altre, e note, evenienze di reato. Anche perché oggi tocca a Salvini, domani potrebbe toccare a un loro ministro in carica.
Ma, a giudicare dalle parole in libera uscita di queste ultime ore, i semplicioni del governo, così come i senatori, forse non se ne sono accorti ma loro non si troveranno a decidere sull’operato di Salvini e del governo, ma sulla sorte, ben più importante, della reciproca, reale indipendenza politica-magistratura.
Signori di ogni schieramento politico, attenzione a come vi muovete in questo particolare frangente… stiamo parlando di libertà e di democrazia!