D’avanti alla bara del presidente ateo Giorgio Napolitano, il rappresentante di Dio in terra non si è comportato nemmeno come un borghese qualsiasi, che magari il segno della croce se lo sarebbe fatto. Questo comportamento, ha spiegato la maggior parte dei media nazionali, voleva essere una sorta di omaggio laico all’illustre defunto, dimenticando che il papa è l’unica figura al mondo che non può mettersi a fare il laico senza mandare al macero duemila anni di storia della Chiesa
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Lunedì scorso il papa, sorprendendo un po’ tutti, si è recato inopinatamente a Palazzo Madama, dove ha sede il Senato, per porgere l’estremo saluto alla salma dell’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, una visita decisamente fuori programma e, in verità, anche fuori da ogni protocollo. Comunque, superata la sorpresa iniziale, gli addetti ai lavori del secondo palazzo della Repubblica hanno accompagnato papa Francesco nella sala Nassirya dov’era stato collocato il feretro: qualche minuto di raccoglimento da parte sua, ma nessun segno della croce, nessuna preghiera e nessuna benedizione. Insomma, il rappresentante di Dio in terra nella circostanza non si è comportato nemmeno come un borghese qualsiasi, che magari il segno della croce se lo sarebbe fatto. Questo comportamento, ha spiegato la maggior parte dei media, voleva essere una sorta di omaggio laico all’ateo nella bara dimenticando che il papa è l’unica figura al mondo che non può essere definita “laica”, né può comportarsi come tale senza mandare al macero duemila anni di storia della Chiesa.
Già la spiegazione fornita dai suddetti media fa acqua da tutte le parti perché è come dire che, per andare a salutare la salma di un amico musulmano osservante, un cristiano dovrebbe mettere l’hapivida in testa e farsi accompagnare da moglie e figlie in niqāb però è sotto il profilo della percezione religiosa dei cristiani che il comportamento del papa è stato a nostro avviso catastrofico. Perché? Perché a Palazzo Madama egli ha scelto di incarnare il camaleontismo della (poca) fede, banalizzando la sua stessa figura che dovrebbe essere di coerente autorità morale e altrettanti coerenti comportamenti in ogni circostanza, al cui esempio dovrebbero ispirarsi i cristiani, specialmente nei momenti in cui viene messa in discussione la fede professata e in pericolo la loro vita, come sta avvenendo quasi tutti i giorni in varie parti del mondo. Sul papa, peraltro, incombe il dovere istituzionale di far sì che la fede non si disperda e che la sua figura-guida non cambi natura a ogni piè sospinto, come meglio di un trattato spiegò lo scrittore cattolico Davide Perillo nel libro La fede spiegata a mio figlio: “Perché la Chiesa sia unita occorre un punto di riferimento ultimo [il papa – n.d.a], un’autorità ultima a cui guardare. Una, non due. E non un’idea, una dottrina: ma una persona, visibile. Il primato del Papa serve a questo: affida al successore di Pietro, in maniera perpetua – cioè fino a quando durerà la storia del mondo – il compito di custodire la Tradizione. Di far sì che l’essenziale della fede non si disperda, non cambi natura”.
Insomma, il papa deve fare il papa ispirando con le parole e con i comportamenti le ineludibili responsabilità in capo a ogni cristiano, in ogni circostanza della vita, e non fare, invece, il Leopoldo Fregoli in talare bianca! Egli non può “mettersi in borghese” quando gli pare, facendo l’ateo con gli atei o, se capitasse, il buddista con i buddisti. Glielo impedisce il suo magistero che, evidentemente, è stato istituito per realizzare la salvezza delle genti, quindi anche di Giorgio Napolitano, nonostante i suoi convincimenti areligiosi. Ciò perché Dio, ci pare di capire, si è posto come fine ultimo di accogliere nella sua misericordia tutti noi, anche quelli che non hanno la certificazione doc come il defunto presidente della Repubblica purché abbiano vissuto da persone con l’animo puro e la coscienza pulita: sarà perché non ci intendiamo molto di teologia, ma riteniamo che l’impalcatura della Chiesa e la promessa di salvezza fondino proprio su questo proponimento divino.
Purtroppo, anche in altre occasioni papa Bergoglio ha dimostrato di avere un approccio con la religione più abborracciato del nostro, non avendo ancora capito che i suoi comportamenti sono dei “modelli” per il popolo dei credenti. Ricordate il suo famigerato “Chi sono io per poter giudicare” pronunciato sull’aereo di ritorno dal Brasile nel 2013? Ecco, in quella circostanza qualcuno, come fece soltanto Marcello Veneziani in un bell’articolo, avrebbe dovuto ricordargli che lui era semplicemente il papa della Chiesa universale, di un secolo peraltro che è permeato da un relativismo che non riconosce niente e nessuno, figuriamoci i valori, come definitivo, e che usa come unico metro di valutazione il proprio “IO”. E con questi chiari di luna, se pure il papa si mette a fare il relativista per opportunità politica come ha fatto a Palazzo Madama, la Chiesa è bella che fottuta.
(Copertina di Donato Tesauro)
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