Un aforisma al giorno toglie il medico di torno
In tempi in cui il nostro Tricolore, un simbolo ideale che dovrebbe unirci tutti indipendentemente dalla collocazione politica e dall’etnia originaria dei singoli, spesso viene dileggiato e vilipeso nelle piazze, ci siamo ricordati di una poesiola della nostra infanzia, scritta dalla poetessa lombarda Graziella Ajmone col titolo “La Bandiera”. La leggemmo tanti e tanti anni fa, in un libro per le scuole militari che dal 1968 conserviamo nella nostra biblioteca come fosse una reliquia.
Come tutti possono notare, i versi non hanno nulla di ridondante o di vuota retorica nazionalista, anzi sono di una disarmante semplicità; possiamo perfino dire che, come un lieve venticello estivo, essi hanno il potere di recarci il profumo di bucato della biancheria stesa al sole nel giardino della nostra infanzia. E poco conta se oggi, a sventolare il Tricolore, dovessero essere mani bianche, nere o gialle. L’importante è sentirsi tutti al servizio dello stesso Paese, di mirare tutti a un unico fine, con lo spirito di cittadini che sono (e devono sentirsi) uguali fra di loro perché, checché ne dicano i faziosi, non v’è niente di più unificante di un simbolo condiviso. Peraltro, chi ama la propria Bandiera è tendenzialmente portato a rispettare quella degli altri.
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