Magari per qualcuno quella montefalconese non è una cucina da gran gourmet, ma anche se fosse che importa, quando ci mettiamo a tavola è per mangiar bene, non per ammirare i costosi piatti-assaggini dei cuochi che oggi vanno per la maggiore in televisione. Tra l’altro, non credo che da loro troveremmo il torcinello di agnello e i cavatelli al ragù, messo a cuocere a fuoco lento fin dal mattino presto
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Soprattutto adesso che per diverse ragioni andare in vacanza all’estero sta diventando ogni anno più oneroso, forse è il caso di ricominciare a scoprire un Paese meraviglioso che si compone di 5.521 borghi su 7.904 comuni, dove il cielo è prevalentemente terso, l’aria è pulita, il cibo ottimo e, aspetto molto importante per chi proviene dalla città, si sta freschi d’estate e in santa pace tutto l’anno. Come si chiama questo invidiabile Paese? Possibile che nessuno lo ricorda mai, soprattutto quelli che vi abitano? Il suo nome è Italia. E come si chiama il borgo del quale intendiamo occuparci? Si chiama Montefalcone di Valfortore ed è il comune più alto della provincia di Benevento, un giglio solitario sbocciato a novecento metri di altezza sull’Appenino campano, a confine con la provincia di Foggia.
Per arrivarci da Napoli oppure da Caserta conviene percorrere la direttrice Maddaloni – Montesarchio – Benevento, per poi andare a immettersi sulla Statale 90/bis fino al bivio per la strada provinciale (la strada della montagna come la chiamano gli anziani) che porta a Montefalcone di Valfortore, costeggiando per un tratto il laghetto Mignatta o di San Giorgio. Quello nostro è un borgo veramente fuori dal comune, dove il quotidiano sarà anche meno rutilante che in città ma semplifica la sussistenza e i rapporti umani dei suoi abitanti… basti pensare che in un piccolo emporio che affaccia sulla sua piazzetta principale, piazzetta Vittorio Emanuele III, è possibile acquistare dal giornale alla pasta, dal deodorante alle bistecche e, un po’ prima, vi è un piccolo locale dove una volta a settimana arriva perfino il pescivendolo a far variare la dieta ai borghesani.
Ma proprio a proposito dei cibi, devo dire che una delle caratteristiche che mi ha colpito di Montefalcone è stata la cucina, se non altro perché essa rispecchia il carattere della sua gente: curata, solida e ricca di sapori che sanno di antico. Magari per qualcuno quella montefalconese non è una cucina da gran gourmet ma, spartani o golosi, quando ci mettiamo a tavola è per mangiar bene, non certo per ammirare i costosi piatti-assaggini dei cuochi che oggi vanno per la maggiore in televisione. Tra l’altro, non credo che da loro trovereste il torcinello di agnello e i cavatelli al ragù, messo a cuocere a fuoco lento fin dal mattino presto, e la famosa salsiccia di Montefalcone. Certo, non tutti hanno la fortuna di abitarvi, ma per chi viene a Montefalcone di Valfortore suggeriamo un ristorante a conduzione familiare che al suo interno sta tra la posada spagnola e un lindo maso tirolese, con in più la possibilità di consumarvi anche delle eccellenti pizze tradizionali o alternative. Si tratta del ristorante “Dai nobili”, dove le caratteristiche culinarie locali vengono esaltate dalla bravura, dal tratto cordiale e dalla disponibilità dei due gestori, Andrea Lollo & Brother. Inoltre, gli ingredienti da loro utilizzati sono genuini e prodotti nell’area, come per esempio i cavatelli che essi fanno preparare al rinomato pastificio Orsillo di Reino: roba da grandi pastai! Per il pane buono, invece, non v’è nessun problema di approvvigionamento perché nel borgo operano tre forni a conduzione familiare. Tutto questo senza trascurare il fatto che “Dai nobili” il costo medio delle pietanze è alla portata di qualsiasi tasca.
Ebbene, adesso che sta per arrivare l’estate, per le giornate di gran caldo ci sentiamo di poter consigliare agli amici delle affollate città di Campania e Puglia una salutare puntata a Montefalcone di Valfortore, suggerendo loro perfino l’itinerario: sosta con colazione al sacco al laghetto di San Giorgio dove peraltro si pesca bene, una visita alle tre sezioni del museo civico cittadino, una pausa di riflessione sul sacello funebre della Medaglia d’Oro al Valor Militare, Ennio Goduti l’eroe di Giarabub, e pranzo o cena “Dai nobili”. Però, dopo aver messo a posto lo stomaco, dovrebbero fare qualcosa anche per lo spirito, sicché, prima di andar via, sarebbe bene che passassero al Santuario della Madonna del Carmine dove, se saranno fortunati, incontreranno anche il padrone di casa terreno, l’ottimo don Annibale Di Stasio.
Sono consapevole della mia inadeguatezza a farvi compenetrare l’essenza di una comunità straordinaria con soltanto ottocento parole perciò, per avere un’idea comparativa di Montefalcone di Valfortore, vi suggerisco di andare a rileggere una poesia di Aldo Palazzeschi che la mia generazione ha imparato alle elementari, Rio Bo: “Tre casettine/dai tetti aguzzi/un verde praticello, un esiguo ruscello: Rio Bo/un vigile cipresso/Microscopico paese, è vero/paese da nulla, ma però…/c’è sempre una stella/una grande, magnifica stella/che a un dipresso…/occhieggia con la punta del cipresso/di Rio Bo/Una stella innamorata/Chi sa, se nemmeno ce l’ha una grande città”. Sì, nemmeno ce l’ha una grande città le scalinatelle antiche di un borgo multilivello, il buon cibo, la cordialità degli abitanti e l’aria limpida.
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