Mes, l’inganno del Parlamento sovrano

Foto Palazzo Chigi/Filippo Attili/LaPresse 29-06-2018 Bruxelles, BelgioPolitica Presidente Giuseppe Conte a BruxellesNella Foto Angela Merkel e Giuseppe Conte DISTRIBUTION FREE OF CHARGE - NOT FOR SALE - Obbligatorio citare la fonte LaPresse/Palazzo Chigi/Filippo Attili

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Non si capisce come il ministro dell’economia possa sostenere che il Trattato del Mes revisionato è stato chiuso e, allo stesso tempo, che il parlamento lo valuterà sovranamente, laddove un parlamento, qualsiasi parlamento al mondo, non potrebbe mai valutare, figuriamoci sovranamente, un Trattato che non ha autorizzato e che non può neppure modificare di una virgola
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Per mantenere quell’appena decente oggettività che il giornalismo italiano dovrebbe avere al cospetto di qualsiasi accadimento politico, usiamo procedere con circospezione, soppesare attentamente i fatti e le diverse ragioni in campo in ogni circostanza, spesso violentando anche le nostre tendenze culturali e/o ideali. Sicché sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità, o fondo salva-Stati che è ancor più noto come Mes, abbiamo sentito le ragioni della contrarietà leghista, di Fratelli d’Italia, di Forza Italia e di una parte consistente di grillini che lo considerano attentatore della nostra sovranità politica e finanziaria, oltre che un abominio dal punto di vista costituzionale dal momento che Conte lo avrebbe avallato a Bruxelles senza l’autorizzazione del Parlamento.

Beh, quella di bypassare il Parlamento è procedura un po’ strana in democrazia, abbiamo pensato, e allora siamo andati a leggere l’articolo 80 della nostra vecchia Costituzione che, per fortuna, in alcuni disposti è perfino troppo chiara: «Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari o importano variazione del territorio od oneri alle finanze e modificazioni di leggi ».

A questo punto il dubbio che le opposizioni abbiano ragione di stracciarsi le vesti ci è venuto, poi sul Mes sono arrivati i guizzi illuminanti del ministro dell’economia Roberto Gualtieri e i  dubbi sono diventati certezze: «Il Trattato sulla riforma del Mes verrà firmato a febbraio […] Conte ha detto la verità, il testo è concordato e se chiedete se è possibile riaprire il negoziato vi dico ​che secondo me no, il testo del Trattato è chiuso […] Ho dei dubbi che un clamoroso stop del governo per riaprire termini di un negoziato chiuso, possa giovare dal punto di vista interesse nazionale, ma il Parlamento valuterà sovranamente come sempre».

Non si capisce come, in costanza di sé, il ministro dell’economia possa sostenere che il Trattato del Mes revisionato è stato chiuso e, allo stesso tempo, che il parlamento lo valuterà sovranamente laddove, stante la sua stessa premessa, il parlamento non potrebbe mai valutarlo, figuriamoci poi “sovranamente”.

I casi, dunque, sono due: o Gualtieri non riesce a mettere in sistema parole e pensieri, o ci sta prendendo semplicemente per il didietro … come si può, in buonafede, sostenere che il Trattato è stato chiuso e che, nel contempo, il parlamento lo valuterà sovranamente? Domandiamo, perciò, al signor ministro dell’economia di spiegarci come un parlamento, qualsiasi parlamento al mondo, possa valutare sovranamente la revisione di un Trattato che non ha mai autorizzato e che, in ogni caso,  non potrebbe  neppure modificare di una virgola.

Ci colpisce nella circostanza il neghittoso silenzio del sommo sacerdote dei riti costituzionali sedente al Quirinale, il quale qualche precisazione sull’articolo 80 della Costituzione avrebbe potuta anche farla a Conte, l’ex avvocato degli italiani.

Ma più che contare su di improbabili avvocati difensori dei loro diritti, gli italiani, quali che sia l’orientamento politico, dovrebbero cominciare a svegliarsi perché è in atto (fin dai tempi di Berlusconi in verità) il deliberato, progressivo restringimento dei loro diritti e il tentativo di ridurre i cittadini a semplici consumatori dei diversi prodotti del “sistema” spegnendo, un po’ alla volta, la loro ultima cassa di risonanza: il Parlamento.