Gli ultimi premier d’Inghilterra si sono rivelati i più incapaci della storia di quel Paese ma, per fortuna, la democrazia vi è solida. Lo dimostra il fatto che, in pochi mesi, sono cambiati senza traumi istituzionali una cazzuta regina e ben tre citrulli di primi ministri. Il penultimo dei quali, Liz Truss, in soli quarantacinque giorni è riuscita ad arrivare al 10 di Downing Street e a esserne cacciata a furore di popolo
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A Barack Obama diedero il Nobel per la pace pochi mesi dopo il suo ingresso alla Casa Bianca e senza che avesse fatto niente per meritarlo, anzi, è stato uno dei presidenti più bombaroli degli Stati Uniti in tempo di non guerra, con buona pace della motivazione del riconoscimento: «Per il suo straordinario impegno per rafforzare la diplomazia e la collaborazione tra i popoli».
E quanto, poi, sia stato pacifico, diplomatico e collaborativo Obama, bisognerebbe chiederlo ai morti sotto i bombardamenti da lui, e non solo da lui in verità, ordinati sulla Libia e sulla Siria, fatto che contribuì a rendere quei due Paesi un’ingestibile bolgia, del tutto irrecuperabile per quella democrazia che gli americani vorrebbero esportare a suon di bombe.
Paradossalmente, i migliori estimatori Obama li ebbe in Europa, nonostante il fatto, di per sé evidente, che la sua amministrazione avesse assegnato al nostro continente il ruolo di periferia dell’impero Usa i cui interessi volgevano, ormai, verso il Pacifico. Ma al 44° inquilino della Casa Bianca fu perdonato questo e altro dagli europei perché era un unto del Signore in quanto democratico, cioè di sinistra, e per di più di colore.
Insomma, era un presidente very politically correct.
Peraltro, sulla marginalità dell’Europa e dell’Unione Europea, Barack Obama ebbe un’involontaria affinità di vedute con Putin il quale, sulla base dei suoi medesimi convincimenti, nel 2014 si annesse unilateralmente la Crimea sottraendola all’Ucraina con la violenza delle armi. E, a riprova che avevano ragione entrambi sulla sua marginalità, per l’annessione della Crimea l’Europa “punì” la Russia con blande sanzioni economiche, lasciando operante la principale fonte dei suoi finanziamenti: la fornitura del gas.
La storia, però, è solita presentare agli amministrati un conto salato per gli errori dei capi sicché, in una certa misura, l’invasione dell’Ucraina da parte dei russi, le sofferenze inflitte al popolo ucraino, sono figli anche di alcuni errori di valutazione del premio Nobel per la pace Obama, diventato nel frattempo una “intoccabile” icona della Sinistra globalista.
Ma la storia, oltre ad avere buona memoria, talvolta sa essere anche bizzarra se andiamo a guardare che cosa è accaduto in Inghilterra in questi ultimi mesi, nella nostra ammirata signora col suo fumo di Londra, con i suoi snobismi, con gli Yuppies della City in giro con valigetta e bombetta in testa, con il religioso silenzio dei suoi club esclusivi e i rassicuranti riti di antica e solida democrazia. Talmente solida che, in un anno, ha cambiato senza traumi istituzionali una cazzuta regina con un re che non è proprio un fulmine di guerra (i maschi dei Windsor, d’altronde, non hanno mai brillato per forte personalità) e ben tre capi di governo, uno più sconcertante dell’altro. Il penultimo dei quali, Liz Truss, in soli quarantacinque giorni è riuscita ad arrivare al 10 di Downing Street e a esserne cacciata a furore di popolo, dopo aver prodotto un danno incalcolabile all’economia britannica, con l’annuncio di un piano fiscale da 43 miliardi di sterline finanziato interamente in debito e di un folle taglio di tasse a favore delle fasce più ricche di popolazione.
Ebbene, dopo cotanti premier, qualche giorno fa i conservatori inglesi hanno affidato la guida del partito e il governo a Rishi Sunak, il figlio di una colonia dell’ex Impero, un quarantaduenne nato da genitori indiani immigrati, ben visto sui mercati internazionali e in patria per la buona prova fornita come cancelliere dello Scacchiere, o ministro delle Finanze, durante la pandemia. Ma, fatta la tara sulle sue reali capacità tutte ancora da dimostrare, siamo convinti che con il nuovo primo ministro il Regno Unito riuscirà a superare la crisi d’identità subentrata alla Brexit, prima ancora che di quella politica ed economica.
Su cosa fonda il nostro convincimento?
Sul fatto che, anche volendo, Sunak non potrebbe fare peggio della sua predecessora, e poi – lui che è di destra! – ha tutte le caratteristiche per riuscire gradito un pochino anche alla Sinistra radical chic internazionale. Infatti, ha la pelle scura e una moglie palluta come Obama, è ricchissimo, ha lavorato per la più grande banca d’affari del mondo, la famigerata Goldman Sachs, per religione (quella Indù) è un classista, e ha sposato un’ereditiera indiana che non paga le tasse sui redditi accumulati all’estero.
Ebbene, come Obama era un sinistro che riusciva simpatico pure alla destra finanziaria, Rishi Sunak è un destro che un pochino piacerà anche a sinistra. Insomma, possiede le caratteristiche giuste per entrare nelle grazie all’establishment che, in fin dei conti, non è né di destra, né di sinistra, perché aduso correre unicamente dietro gli interessi economici del momento, chiunque li rappresenti. E fare trattati e negozi con un’Inghilterra con le finanze a posto fa gola a tutti, Cina in testa.
Dai Sunak!
Hai il vento in poppa.
Vedrai che i mercati e l’establishment globale ti perdoneranno perfino di essere uno strenuo difensore della Brexit. Una sola raccomandazione: non fare l’indiano pure tu con i lievitanti problemi degli inglesi di basso reddito.
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