L’Italia sospesa tra il virus filogovernativo e un miracolo

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Il governo Conte Due ha dalla sua parte un inedito e potente alleato, il Covid-19, il quale stando ai bollettini quotidianamente emessi dalla Protezione Civile Nazionale, che dipende direttamente dal governo, riprende a contagiare tutte le volte che il governo sta per imporci qualcosa di molto indigesto o, come in queste ore, quando bisogna distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dalle sue inadempienze come la mancata decretazione della zona rossa di Alzano e Nembro suggeritagli, peraltro, dal Comitato Tecnico Scientifico
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Per quanto il sistema economico e produttivo della Cina stia facendo rivoltare nelle rispettive tombe sia Karl Marx, propugnatore del socialismo scientifico, sia Milton Friedman, guru del liberismo e del laissez-faire, bisogna ammettere che dalla tempesta economica e produttiva scatenata dalla pandemia ne sta uscendo bene e ciò, paradossalmente, per la commistione che si è venuta a creare nel Paese del Dragone tra liberismo e statalismo. Anzi, il fatto che la prima potenza industriale al mondo, l’America, sia ancora alle prese con la prima fase della pandemia le sta spianando la strada verso nuovi mercati. Sicché, volente o nolente, la classe dirigente cinese è l’unica che oggi potremmo definire lungimirante per aver preso rapidamente atto di un’evenienza che, in fondo, era prevedibile anche per uno studentello di economia: con la caduta del muro di Berlino e l’implosione dell’URSS, anche il capitalismo si sarebbe infiacchito perché privato di quegli stimoli che gli venivano dal suo più coriaceo avversario, lo statalismo marxista. Poi è arrivato il Covid-19 che, per gli effetti economici che sta producendo, ha praticamente messo le economie del mondo ai piedi della Cina che, ironia della storia, col suo atteggiamento ambiguo, qualche responsabilità nella diffusione del virus nel mondo l’ha avuta. E come!

Ma, ritornando da dove siamo partiti, abbiamo motivo di ritenere che, indipendentemente dalla caduta del comunismo in Europa, il capitalismo sarebbe entrato in crisi lo stesso, per mancanza di stimoli poiché, fin dal tempo della prima rivoluzione industriale, i regimi che ad esso si sono ispirati l’unica strada che hanno saputo indicare ai loro governati è stata la stessa che il ministro Francois Guizot indicò ai francesi del secondo impero napoleonide: «Arricchitevi!». La verità che non vogliamo vedere è che per arricchirsi, o almeno per star bene, gli amministrati dovrebbero vivere in un sistema di economia reale, le fabbriche dovrebbero produrre beni visibili, gli operai dovrebbero lavorare realmente, lo Stato dovrebbe agevolare la produzione, il numero degli occupati dovrebbe essere di molto superiore a quello dei pensionati e il pareggio di bilancio non dovrebbe essere un obbligo. Per farla breve, soltanto un’economia reale può produrre una ricchezza che sia anch’essa reale. Invece, negli ultimi trent’anni, l’Italia ha operato in quella che oggi s’inclina a definire “economia finanziarizzata”, cioè basata non sulla produzione reale di beni e consumi ma sulle transazioni e sui giochi di Borsa. Nel caso italiano, poi, v’è stato l’aggravante che un regime sulla carta liberaldemocratico ha, in effetti, operato per oltre mezzo secolo all’insegna di uno statalismo dilapidatorio fine a se stesso, per il fatto di avere in pancia come un tumore maligno il “partito della spesa pubblica”, e cioè il più forte partito comunista dell’Europa occidentale. Non a caso molti di quelli che oggi sono gli eredi del PCI avversano l’idea che il pareggio di bilancio debba essere un obbligo costituzionale come previsto da una legge del 2012, un obbligo che evidentemente impedisce loro le spese folli di tutti gli statalisti.

Grazie a questa situazione abbiamo prodotto il terzo debito pubblico più alto al mondo, il quale è sempre lì come un insaziabile Moloch, pronto a divorare sia il presente, sia il futuro dei nostri giovani, un Moloch che, grazie anche alle inimmaginabili spese affrontate per fronteggiare l’emergenza coronavirus, avrà vittime da divorare almeno per i prossimi cent’anni. Cercare di rabbonirlo con delle finanziarie che contraggono (poco) la spesa pubblica e aumentano (troppo) le tasse, non fa altro che peggiorare la salute della nostra anemica economia: è come se un medico per guarire un paziente affetto da anemia gli diminuisse le medicine a base di ferro e gli aumentasse i salassi.

Ma a preoccupare noi italiani non dovrebbe essere l’insussistente politica economica di questo governo, che già in condizioni normali ha evidenziato dei limiti a dir poco imbarazzanti, bensì il fatto che, nel suo insieme, la nostra classe dirigente continui a sottovalutare i problemi economici che stanno mettendo in ginocchio il Paese dopo un ingiustificato lockdown. Infatti, allo scoppiare dell’epidemia da Covid-19, invece di disporre dei cordoni sanitari, una quarantena soltanto laddove erano necessario come peraltro consigliato dal Comitato Tecnico Scientifico, il governo ha irragionevolmente optato per il blocco totale del Paese con degli effetti che ancora non hanno rivelato tutta la loro letalità per l’economia. Come anche è irragionevole il fatto che il governo continui a promettere agli italiani soldi a destra e a manca nascondendo loro una dura verità: i soldi che – forse – essi prenderanno oggi provengono da un debito pubblico in continua espansione che, poi, dovranno ripianare i figli, i nipoti e i pronipoti a dir poco.

Ma, a quanto pare, il governo Conte Due ha dalla sua parte un inedito e potente alleato, il Covid-19 filo governativo, il quale stando ai bollettini emessi dalla Protezione Civile Nazionale (che dipende direttamente dal governo…), riprende a contagiare tutte le volte che Conte deve imporci qualcosa o, come nel caso, quando bisogna distogliere l’opinione pubblica dalle sue inadempienze come la mancata zona rossa di Alzano e Nembro suggeritagli dal Comitato Tecnico Scientifico lo scorso 3 marzo e mai decretata.

Pensare adesso di poter governare un Paese così messo a colpi di tasse o di prestiti concessi dell’Europa (che ne sono il presupposto) per alimentare follie stataliste, come il reddito di cittadinanza e il bonus monopattino, è politicamente irragionevole. Ad attestarlo, sono proprio quelli che possiamo considerare i campioni di un inedito comunismo e del capitalismo: la Cina e l’America. La prima ha dovuto mandare in soffitta alcuni dogmi marxisti per uscire dal Medioevo economico ed industriale; la seconda ha dovuto sperimentare che il “compra ora e paga poi”, anche per chi non aveva un reddito certo alle spalle, è stata un’operazione truffaldina delle banche che, nonostante ciò, hanno continuato a piazzare sul mercato mutui tossici fino al 2008 provocando, così, la più grave crisi economica pre-pandemia.

Stando così le cose, secondo noi, i governi del futuro dovranno necessariamente togliere dagli occhi le fette di prosciutto delle ideologie novecentesche se vorranno realizzare un minimo di benessere e, oltre al salario, non dovranno trascurare fattori che non sono sopprimibili in un’economia moderna – lo ha capito anche la Cina comunista – quali il profitto degli investitori e l’indirizzo politico. Insomma, i governi del futuro dovranno farsi promotori di un capitalismo temperato come potrebbe essere, ad esempio, la socialdemocrazia che non è esattamente il marxismo temperato della Cina. Parliamo di un tipo di capitalismo che abbia gli anticorpi dei suoi eventuali eccessi, così equilibrato che fu ipotizzato, molto prima di noi, sia dai fautori del liberismo, come il sociologo austriaco Friedrich von Hayek, sia dai fautori del collettivismo statalista, come l’economista ceco Joseph Schumpeter.

Il raggiungimento dell’auspicabile equilibrio spesa pubblica – spesa privata presupporrebbe, però, una classe politica che fosse diversa da quelle che, purtroppo, continuiamo ad eleggere e che, per meri calcoli di bottega, ancora non si decide a fare l’unica cosa sensata che andrebbe fatta in questo grave momento storico: dar vita a un governo di salvezza nazionale o, se preferite, di salute pubblica.

Un governo del genere, ce ne rendiamo conto, sarebbe di per sé un miracolo, ma è il miracolo che serve al nostro Paese per salvarsi.