Tra i tanti problemi che ha il nostro Paese c’è anche la pericolosa crisi libica nella quale il governo non ha, al momento, nessun ruolo perché, checché ne pensino Conte e Di Maio, che nella circostanza qualcuno ha definito due capitoni che si sbattono inutilmente per non finire in padella, la Libia o si pacificherà con la forza o non si pacificherà affatto, e nel ruolo di “pacificatori” di certo sono molto più credibili di noi Russia e Turchia. A giochi fatti ai nostri militari potrebbe toccare, al massimo, qualche compito di interposizione, per conto dell’ONU, tra i due litiganti
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Chi ha avuto la ventura di trovarsi coinvolto, a vario titolo, nei due terremoti più devastanti che hanno colpito il nostro Paese negli ultimi cinquant’anni, quello del Friuli e quello della Campania, ricorda bene i minuti che precedettero i due eventi: i cani si raggomitolavano nella cuccia guaendo flebilmente, i gatti s’infilavano sotto il letto e chi abitava in zone senza traffico percepiva la sensazione che la natura si fosse ammutolita, che stesse trattenendo il respiro. Poi, come una repressa espirazione, arrivò la botta dannata che seminò distruzione e morte.
Ecco, in questi anni, ma soprattutto in questi ultimi mesi, è come se il nostro Paese stesse vivendo quegli attimi d’innaturale quiete che in genere precedono i cataclismi, anche perché di magma incandescente in circolo, sotto le faglie della politica, ve n’è più che in abbondanza.
La manovra economica del governo per il 2020 prevede, al momento, un aumento delle tasse per le auto aziendali, il taglio delle detrazioni fiscali per le spese sanitarie e l’esclusione dalla flat tax del 20% di coloro che attualmente ne beneficiano. La manovra riconferma anche la plastic e la sugar tax che, ovviamente, faranno aumentare il costo di molte bevande come la Coca Cola, mettendo a rischio centinaia di posti di lavoro in quattro stabilimenti italiani della “The Coca-Cola Company”; introduce nuove tasse sul tabacco, sopprime i benefici fiscali sul gasolio usato per gli autoveicoli da trasporto euro tre ed euro quattro e infine dichiara guerra al denaro contante. Sorvolando sul costo che avrà per le imprese, tale manovra costringerà gli italiani ad esborsare, già da quest’anno, 700 milioni in più di tasse, che diventeranno 2,7 miliardi l’anno prossimo e 1,5 miliardi nel 2022. Dell’ex Ilva di Taranto, dove sono in bilico altri 10.000 posti di lavoro, e della crisi dell’Alitalia, invece, ancora nessuna concreta soluzione.
Con 150 crisi aziendali aperte la manovra del governo mette in serio pericolo il lavoro degli italiani, che ai problemi occupazionali (con buona pace dei sindacati) deve aggiungere una minore tutela del lavoratore, dal momento che l’anno 2019 si è chiuso con 1437 morti sui luoghi di lavoro, mentre l’anno nuovo si è aperto con 17 morti avutisi solo nei primi quindici giorni del mese. Il governo, tra l’altro, fa finta di non conoscere il dato fornito da un ente statale, l’ISTAT: in Italia 7, 4 milioni di famiglie hanno quale unico reddito la pensione dei nonni, che dopo una vita di lavoro, adesso che sono vecchi, si trovano a dover mantenere figli e nipoti!
Ma c’è anche la pericolosa crisi libica nella quale il governo italiano non ha, al momento, nessun ruolo perché, checché ne pensino Conte e Di Maio, che qualcuno ha definito due capitoni che si sbattono inutilmente per non finire in padella, la Libia o si pacificherà con la forza o non si pacificherà affatto, e nel ruolo di “pacificatori” di certo sono molto più credibili di noi Russia e Turchia perché non hanno paura di metterci la forza. Ai nostri militari potrebbe toccare, al massimo, qualche compito di interposizione per conto dell’ONU tra i due litiganti, come dire che gli altri metteranno le mani su gas e petrolio e noi vigileremo affichè la rapina possa avvenire con una certa tranquillità senza, peraltro, ricavarne niente. Per la gloria di Conte e Di Maio.
Poi viene l’irrisolto problema della sicurezza nelle città, squassate da ogni tipo di reato, dai furti in appartamento allo spaccio di droga sotto casa, dalla violenza tra bande di extracomunitari ai reati di natura sessuale, senza parlare delle mafie (italiane, cinesi, nigeriane) che sono riuscite, quelle italiane, a mettere le mani perfino sui fondi europei per l’agricoltura; mentre lo specifico settore, quello portato avanti da agricoltori veri, privo di ogni seria tutela, se ne sta andando a ramengo!
Nonostante una situazione sociale a dir poco esplosiva, il governo vorrebbe revisionare, in pratica annullare, i due decreti sicurezza voluti dall’allora ministro dell’interno Salvini che, in verità, avevano già prodotto dei risultati, nonostante il silente boicottaggio di alcuni apparati e la loro sostanziale disapplicazione da parte della magistratura. L’attuale ministro degli interni è peraltro un Prefetto e, perciò, crediamo abbia già pronto nel cassetto lo schema di un decreto sicurezza di revisione.
E perché il governo non fa almeno questo?
Per la stessa ragione per la quale non vuole che la commissione del Senato per le autorizzazioni a procedere possa esprimersi sulla “processabilità” di Salvini prima del 26 gennaio, giorno delle elezioni regionali in Emilia Romagna e in Calabria: il governo giallorosso è, evidentemente, consapevole che l’autorizzazione a procedere contro il segretario della Lega gli alienerebbe i già calanti consensi elettorali.
Ma allora, se le forze politiche che appoggiano il governo sanno che su certi temi la maggioranza degli italiani la pensa come Salvini, perché continuano nel loro cupio dissolvi e, invece, non cercano di realizzare una svolta riformatrice che sia meno comunisteggiante e, per recuperare a destra, più socialdemocratica?
La domanda, probabilmente, è retorica per un governo che vorrebbe creare benessere e progresso avendo in seno un movimento politico luddista, il quale mentre da un lato teme i progetti di crescita industriale perché guasterebbero l’ambiente, dall’altro aderisce alla “Nuova via della seta” con la quale la Cina, la prima attossicatrice del pianeta, vorrebbe realizzare linee ferroviarie ad alta velocità, autostrade e nuovi porti marittimi, mettendo territorialmente a soqquadro mezza Asia, per arrivare fino in Olanda, passando per Venezia. Come dire che per questa gente la TAV con i suoi 75 chilometri non va bene e la Belt and Road cinese di 11.000 chilometri invece sì!
Pertanto, il governo giallorosso ha paura di mettere in piazza il coacervo delle proprie assurdità prima del prossimo 26 gennaio, aiutato in questo dalla maggior parte dei media che stanno nascondendo i problemi del governo e della Sinistra in generale, tediandoci per settimane con i mancati rimborsi dei Cinque Stelle e con le tante, indimostrate, illazioni su Salvini.
Per il resto vi è calma piatta, aspettando il solito Godot delle mancate riprese economiche italiane di questi ultimi vent’anni, oppure… il terremoto. Purché avvenga, però, il giorno dopo il 26 gennaio del 2020.