A fronte del consenso popolare ottenuto dalla Destra, il tentativo del Pd di mettere insieme un altro “arco costituzionale” alle ultime elezioni politiche imbarcando da Luigi Di Maio ad Emma Bonino, è fallito e le diverse anime della Democrazia Cristiana presenti al suo interno iniziano a chiedersi se non sia il caso di ritornare alla loro vera identità politica uscendone. Anche perché nel caso che alla guida del Pd dovesse arrivare la pasionaria italo-svizzera di famiglia bene accasata a sinistra, Elly Schlein, il partito di Letta andrebbe ad occupare il posto del vecchio Partito Socialista di Unità Proletaria che non contò nulla nella Prima Repubblica e men che mai conterebbe adesso che ha un forte competitore a sinistra
– Enzo Ciaraffa –
Fossero esse di destra oppure di sinistra, ho sempre avversato le ideologie totalitariste, anche se a quella socialcomunista ho sempre riconosciuto le “buone intenzioni” di partenza che, sulla carta, erano quelle di creare una società egualitaria. Come, invece, sia andata a finire è scritto nella storia. Inoltre, che fine hanno fatto quelle società, che si volevano senza proprietà privata, senza classi sociali, padrone dei mezzi di produzione e del proprio destino, lo sappiamo più o meno tutti e, per chi lo avesse scordato, ci sono ancora la Russia di Putin, la Corea del Nord e la Cina a ricordarglielo. Infatti, in questi tre Paesi dichiaratamente comunisti o post comunisti i mezzi di produzione, invece che nelle mani del popolo, sono andati a finire in quelle degli oligarchi e degli alti funzionari del partito unico.
In Italia, invece, il socialcomunismo ha avuto un’evoluzione diversa (per alcuni aspetti anche più drammatica dal punto di vista politico ed economico) perché, dopo essere nato come una sezione dell’Internazionale Comunista oltre che improponibile imitazione del PCUS, è finito a spartirsi il potere assieme ai cattolici della vecchia Democrazia Cristiana. Nel senso che i democristiani presero ad occupare i posti di governo, mentre i comunisti quelli altrettanto importanti del sottogoverno, come le direzioni degli enti statali e parastatali, i presidi sanitari, le Procure, le direzioni dei giornali, gli enti per l’assegnazione delle case popolari e il maggior sindacato dei lavoratori, settori ambitissimi perché, se i posti occupati all’interno del governo cessavano con la fine della legislatura, quelli di sottogoverno erano eterni e con essi doveva fare i conti ogni governo legittimamente eletto. Ciò mentre alcuni partitelli tipo PSI, PDI, PR e Partito Liberale supportavano il governo di turno che, di solito, li ripagava con qualche strapuntino che consentisse ai loro capataz di mettere le mani nella finanza pubblica. Questo spiega perché il governo Meloni ha rimosso Giovanni Legnini, ex parlamentare e già sottosegretario del PD, dalla carica di commissario post terremoto in Abruzzo.
La perfetta esemplificazione del modo di procedere nel passato la fornì Giulio Andreotti quando, nel 1978, nominò tale Bruno Pazzi presidente della CONSOB, la commissione che vigila sul buon funzionamento della Borsa. Ebbene, Andreotti giustificò la sua scelta col fatto che il Pazzi era un industriale del settore cinematografico. In realtà gestiva qualche sala cinematografica di Roma, dove si tenevano spogliarelli… però portava voti. Siccome questo sconcio status quo era mirato alla conservazione del potere in quanto tale, i partiti egemoni come la Democrazia Cristiana ed il Partito Comunista pensarono bene d’inventarsi una formula che li giustificasse e giustificasse anche l’esclusione dalla gestione del potere della Destra, pur votata in quegli anni da alcuni milioni di persone. Fu così che vide la luce il famigerato arco costituzionale, una formula secondo la quale potevano governare l’Italia soltanto i partiti che avevano il tasso di democraticità imposto dalla Sinistra, che nel frattempo si era impadronita della memoria della Resistenza ed aveva preso in ostaggio la Costituzione. Insomma, la gestione del potere divenne una sorta di “Cosa nostra” dei partiti compresi in quell’immaginifico arco.
Poi, dopo la dissoluzione intervenuta a seguito della caduta del muro di Berlino e delle dirompenti inchieste del pool milanese di Mani Pulite, il PCI è andato a finire in un inverosimile assembramento assieme a brandelli della Democrazia Cristiana e di tutti i partitini che affollavano il surriferito arco costituzionale. A quelli della mia età, che certi avvenimenti li avevano vissuti da vicino e talvolta sulla propria pelle di contestatori del “sistema”, fece senso vedere intrupparsi i resti del Partito Comunista Italiano (scomunicato dal papa Pio XII), del cattolico De Gasperi e di don Luigi Sturzo, che era addirittura un prete. Bisogna, però, ammettere che l’idea di fondersi in un unico partito, che alla fine della sua evoluzione semantica si chiamerà Partito Democratico, poteva rappresentare una smossa alle stagnanti acque della politica italiana.
Ciò, però, non accadde perché il nuovo partito, che a questo punto posso chiamare cattocomunista a ragion veduta, si rinchiuse nel suo nuovo bozzolo, rifiutandosi di riconoscere la stessa capacità di palingenesi alla Destra fintanto che non arrivò il Cavaliere a ridisegnare il gioco sdoganando la Destra e la Lega Nord. Insomma, la Sinistra, attraverso governi che portarono via via i nomi infausti di Dini, Prodi, D’Alema, Monti, Letta, Renzi e Gentiloni (non tutti eletti dal popolo), pensava di poter di nuovo imbrigliare il voto degli elettori conservatori con una riedizione dell’arco costituzionale, facendo nascere il PD, un’operazione di pura conservazione, a fronte di una Destra che, piaccia o meno, è sempre stata movimentista e per molti aspetti innovatrice.
Sicché, perso per strada il mito della rivoluzione proletaria e sconfitta nelle urne quasi ogni volta che si è votato, la Sinistra si è dovuta arroccare nella difesa di cause ed istituzioni che di sinistra proprio non sono, come il globalismo, la cancel culture, le banche, in particolare la BCE, i diritti degli omossessuali ed i dettami della Costituzione (che è di tutti gli italiani), che mai nessuno ha messo in pericolo se non la Sinistra stessa impossessandosene.
Adesso che la Destra – Centro è andata al governo per il tramite di una democraticissima elezione popolare, il PD e soci non sanno come liberarsi dall’ingombrante fardello del conservatorismo spacciato per progressismo, posto anche che il Centrodestra è teso a svecchiare il “sistema” e lo stato dei rapporti all’interno dell’Alleanza Atlantica e dell’UE che, per come (non) sono stati gestiti in questi anni, hanno portato all’indebolimento dell’Occidente e, come conseguenza, alla guerra in Ucraina. Senza dimenticare lo scandalo del Qatargate dove, secondo una stima prudente, il 10% degli eurodeputati (per adesso tutti di sinistra) è sul libro paga degli emiri del Golfo.
Ciò che sconcerta in questa fosca congerie di avvenimenti che lo riguardano, è il fatto che il PD continua a martellare gli zebedei dei propri (e sempre più radi) elettori con questioni che saranno anche di principio ma non riempiono la pancia, non pagano le bollette di luce e gas, non rendono più sicura la loro vita. Essi vogliono sentir parlare di riduzione della violenza per strada, di rivalutazione di stipendi e pensioni, di decontribuzioni, di tasse ridotte, di medicine gratis, di nuovi posti di lavoro, di tasse scolastiche, di buoni libro e non soltanto delle male usate terga di alcuni soggetti, dei matrimoni gay, dell’immigrazione a rotta di collo e, soprattutto, sono stufi di dover pagare il cosiddetto reddito di cittadinanza anche agli immigrati oltre che ai nullafacenti nazionali, anche perché hanno capito che l’assistenzialismo generalizzato non è la stessa cosa dell’assistenza ai soggetti deboli.
Ma per occuparsi di questi problemi il PD, che è l’apripista dell’intera Sinistra, italiana dovrebbe finalmente liberare quella che fino ad oggi è stata la “sua” Costituzione, più che di tutti gli italiani, ed imboccare il sentiero stretto e tortuoso di una nuova legittimazione popolare, magari procedendo un po’ in solitudine sotto la guida di quel fratacchione rosso che risponde al nome di Stefano Bonaccini. Anche perché, a fronte di un grande consenso elettorale della Destra, il tentativo di mettere insieme in modo surrettizio un altro “arco costituzionale” contro di lei arruolando nani e ballerine come faceva un tempo Berlusconi, è fallito prima di iniziare, e le diverse anime della Democrazia Cristiana presenti al suo interno iniziano a chiedersi se non sia il caso di ritornare alla loro vera identità politica uscendo dal PD. Anche perché nel caso che alla guida del PD dovesse, per sua disgrazia, arrivare la pasionaria italo-svizzera di famiglia bene accasata a sinistra, Elly Schlein, il partito di Letta prenderebbe il posto che occupò vecchio Partito Socialista di Unità Proletaria che non contò nulla nella prima repubblica e men che mai conterebbe nella seconda il suo omologo.
Senza trascurare il fatto che l’impavido condottiero dei Cinque Stelle, Giuseppe Conte, dai costosi resort di Cortina sta provando a soffiargli ciò che rimane degli ultimi proletari.
Potrebbe interessarti anche Il tempo e la vecchiaia