L’Internazionale dei ribaltonisti affosserà il governo?

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Non è del tutto campata in aria l’idea del deputato azzurro Renato Brunetta il quale, in pratica, propone un ribaltone ottenibile con la sommatoria dei voti di Lega, Forza Italia, Noi con l’Italia, Italia Viva e dei diversi fuoriusciti dal M5S, insomma una sorta di allegra Internazionale dei Ribaltonisti. L’idea non è nuova ma potrebbe essere davvero l’unica alternativa a questo governo senza passare, come pervicacemente vuole Mattarella, per le urne. Peraltro, in questi giorni sono molti italiani di ogni colore politico che non sanno più se temerla o auspicarla la caduta di questo governo
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Anche in una democrazia consolidata nessuna idea o progetto politico riuscirà mai ad affermarsi senza dover prima lottare, anche se a volte la lotta smette di essere mezzo per diventare fine. Tra l’altro in politica lo stato di “guerra continua” ha sempre trovato molti sostenitori nel nostro Paese giacché il clangore di una guerra politica ad oltranza ha sempre consentito ai sedicenti condottieri, e ai loro acritici seguaci, di dribblare una domanda: qual è la meta?

Sì, perché anche in politica, anzi diremmo maggiormente in politica, i riposizionamenti, le battaglie di arresto o le avanzate devono condurre da qualche parte, diversamente sarebbe una corsa verso il nulla.

In tempi rapidissimi Matteo Salvini, con molto coraggio ed invidiabile impegno fisico, non lo si può negare, è riuscito a portare la Lega fuori dalla sua dimensione locale per farne un partito di respiro nazionale, addirittura capace di contendere la guida politica del Paese a partiti che stanno sulla scena da quasi un secolo. E aggiungiamo anche che, stante il noto, fagocitante, falso perbenismo del sistema politico italiano, la dirompente metodologia di lotta adottata dal segretario della Lega è stata la più efficace per scardinare un sistema che viveva di formule, di accordi sotterranei e di fumisterie politiche, grazie alle quali per mezzo secolo la Democrazia Cristiana aveva esercitato il monopolio del potere mentre il Partito Comunista Italiano quello dell’opposizione, con delle radici sotterranee che, in realtà, si alimentavano nel medesimo terreno.

Anche se – non ce ne voglia Salvini se lo ricordiamo – la prima plastica rappresentazione dello scardinamento del sistema di potere D.C. – P.C.I. non è stata inferta da lui ma dal fondatore della Lega, Umberto Bossi, il 7 maggio del 1996, quando durante la trasmissione “Porta Porta” assestò al campione della prima repubblica, Ciriaco De Mita, una micidiale sciabolata: «Taches al tram!». Abbiamo voluto riportare questo episodio perché, secondo noi, come filosofia politica Salvini è rimasto ancora allo sciabolone arrugginito di Bossi, mentre sarebbe opportuno che si procurasse un fioretto o, meglio ancora, un bulino da cesellatore.

Il mantra che Salvini sia stato il grande sconfitto in Emilia Romagna è certamente tonificante per il PD e per il M5S, che si è pressoché estinto, ma certamente mendacio: in termini percentuali la Lega è passata dal 19,42 del 2014 al 31, 91, mentre il PD dal 44,52 al 34,69. Purtuttavia, le elezioni regionali emiliano-romagnole hanno avuto il potere di mettere a nudo le deficienze della leadership molto marcata di Salvini, eccessivamente muscolare e, quel che è peggio, priva di un programma organico per l’Italia, dalle Alpi alla Sicilia.

Come spesso accade ai partiti conservatori, alle elezioni di domenica scorsa la Lega ha rastrellato più consensi nelle zone rurali e/o periferiche, pochi invece nei grandi centri urbani dove, di solito, la gente è meno incline alla jacquerie intellettuale delle periferie e maggiormente portata ai ragionamenti pragmatici: «Qual è, alla fine, il programma da attuarsi se votassimo il Centrodestra a trazione leghista, stante anche che tanto male in Emilia Romagna non ce la passiamo? Perché la candidata a governare la nostra regione non viene allo scoperto invece di appiattirsi sul segretario della Lega? Una tizia così, sarà all’altezza del compito?».

Un’altra botta alla credibilità di Matteo Salvini come accorto leader l’ha data la sua sconcertante, ingenua, iniziativa di andare al quartiere Pilastro di Bologna a citofonare ad un presunto spacciatore di droga, un’esibizione di pettorali questa tanto improvvida quanto sterile di risultati positivi. È stato proprio partendo da lì che, in un’intervista rilasciata a La Stampa, il numero due della Lega, Giancarlo Giorgetti, pur giostrando col fioretto, in buona sostanza ha mosso alcune critiche alla campagna elettorale portata avanti da Salvini in Emilia Romagna, indicando (implicitamente) un cambio di passo alla strategia della Lega. Ciò perché Giorgetti è un economista di scuola bocconiana e, in quanto tale, è uomo pratico che, dopo l’ennesima, truculenta campagna elettorale, avrà realizzato che è giunto il tempo di iniziare a lavorare per un programma di legislatura che conquisti i ceti di prima fascia, ma che rassicuri anche l’alta borghesia e il mondo industriale, e non ultimo ripulisca la Lega, in modo da renderla presentabile nei palazzi buoni della politica nazionale ed internazionale, che al momento si fidano più dei nipotini di Almirante che non della Lega… il che è tutto dire!

A Giancarlo Giorgetti, peraltro, non sarà sfuggito un passaggio dell’intervista che il capo delegazione del PD nel governo Conte, Dario Franceschini, ha rilasciato al Corriere della Sera: «Ritengo che il proporzionale con uno sbarramento al 5% semplificherà ulteriormente il quadro. E porterà a un bipolarismo di fatto Lega-Pd, ognuno con i propri alleati che avranno superato lo sbarramento». Come dire alla democristiana maniera di Franceschini che i tempi sono maturi per un confronto sulla nuova, ennesima legge elettorale, confronto che magari non porterà al maggioritario agognato dal Centrodestra, ma che certamente servirà a legittimare gli uni nei confronti degli altri. Come crediamo che al numero due della Lega non sia sfuggita neppure l’idea dell’azzurro Renato Brunetta il quale, in pratica, propone un ribaltone ottenibile con la sommatoria dei voti di Lega, Forza Italia, Noi con l’Italia, Italia Viva e dei diversi fuoriusciti dal M5S, insomma una sorta di allegra Internazionale dei Ribaltonisti. L’idea non è nuova ma potrebbe essere l’unica alternativa a questo governo senza passare – come vuole pervicacemente Mattarella – per le urne.

Ecco, invece di continuare ad abbaiare alla luna senza costrutto, invece di continuare ad interpretare la parte di “Totonno ‘o malommo” della politica italiana spaventando ed inimicandosi mezzo mondo che conta, Salvini impari (ora!) a diventare un leader accorto e credibile, prima che monti la fronda nella Lega e/o s’indebolisca nel Centrodestra la sua posizione di primus inter pares.