Lettera aperta a Mattarella

Un'immagine d'archivio di un corazziere nel cortile del Quirinale, Roma, 13 aprile 2018. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

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– By Enzo Ciaraffa –

 

Signor presidente,
per onestà intellettuale debbo preliminarmente confessarle che, a pelle, non mi è mai piaciuto il suo tratto di finto buono, di uomo pio – salvo non spendere una parola per i bimbi e i genitori vilipesi a Bibbiano – insomma ho in grande uggia il suo fare di irrecuperabile democristiano. Meno ancora mi è piaciuta la costante e incoerente fronda (ma forse dal suo punto di vista non è stata incoerente…) che ha fatto al governo da lei stesso nominato il 23 maggio del 2018  in obbedienza – poco convinta in verità – al responso delle urne, nonostante una scombiccherata legge elettorale che è la nipote di un’altra brutta legge elettorale: la sua.

Sto parlando di quel Mattarellum, che non a caso porta il suo nome, il quale generò poi il Porcellum e questi, a sua volta, l’Italicum, in parte abrogato dalla Corte Costituzionale per le castronerie che v’infilò dentro il letale duo Renzi-Boschi ritornato in auge in questi giorni. Pertanto, la crisi politica che ha portato alla costituzione di questo governo è parente stretta della sua legge elettorale, anche se questo non è stato l’unico paradosso affiorato dalla crisi di governo.

Non mi è piaciuto affatto come ha gestito lo scandalo che ha scosso i vertici della magistratura italiana, intendo quel CSM, del quale lei è il capo, dei cui maneggi e mercanteggiamenti non si era mai accorto chiuso in quel finto “palazzo degli italiani” che è il Quirinale, salvo poi lasciare le cose esattamente come erano prima dello scandalo, deridendo così anche quei milioni d’italiani che – da anni! –  attendono una giustizia super partes dalla magistratura dei tribunali.

Non mi è piaciuto perché, con morotea sicumera ha ritenuto di poter fare a meno anche della foglia di fico dell’incarico ad un nuovo premier, in modo da far finta di voler garantire almeno quella discontinuità invocata dai nuovi pattuenti. Ha, infatti, preferito mettere a capo del “governo del disfare” lo stesso Giuseppe Conte che, con uno dei due attuali cani da guardia, fino a qualche settimana fa, si piccava di essere il capo del “governo del fare” assicurando, peraltro, che la sua esperienza politica sarebbe finita con la fine del governo… non saprei dirle, signor presidente, se stante un simile pregresso sia stato più indecente lei a conferire l’incarico a Conte o lui ad accettarlo.

Non mi è piaciuto, e non mi piace, perché – come molti nel prossimo governo – ella signor presidente ritiene che il primo dovere di uno statista non sia di governare, e bene, il proprio popolo ma quello di realizzare un mistificatorio sistema universalistico/umanitario che, parole del filosofo francese Serge Latouche, ci porterà direttamente all’etnocidio, come dire ad una forma inedita di auto-genocidio assistito dalla finanza globale e dalle sue diverse “succursali” molto attive da mesi, anche se soltanto negli ultimi giorni hanno gettato la maschera.

Ecco fatto, come ubbidiente ad un piano messo a punto da mesi, il governo è fatto e forse, signor presidente, riuscirà ad occupare tutte le cinquecento poltrone in rinnovamento in altrettanti enti, forse riuscirà anche a far eleggere al suo posto qualche personaggio del tutto “degno” delle attuali circostanze, e tuttavia non vedo vincitori in giro ma soltanto un Paese scorato e dei politicanti senza fede e senza onore, che continuano a sottrarsi al giudizio degli elettori. E chi si nasconde agli elettori – non quelli virtuali! – non è un vincente ma un perdente sul medio termine.

Sicché, signor presidente, un po’ per dovere, un po’ per voluttà, lei ha messo il governo del mio Paese in mano a dei litigiosi perdenti ma con buone relazioni, di quelle che non tengono conto della volontà degli elettori. Ma non si faccia illusioni se al momento lo spread scende e la Borsa sale… la finanza globale reclamizzerebbe anche Belzebù se questo fosse funzionale ai suoi fini. Aspetti, perciò, di vedere la reazione di questi stessi indicatori quando il governo dovrà affrontare il nodo dell’aumento dell’IVA e quelli di un maggiore indebitamento per fronteggiare, in ordine, la recessione nell’eurozona, la continua ascesa del debito pubblico, la rinnovata ondata migratoria e i problemi legati alla sicurezza.

Per concludere, signor presidente, non avrei mai immaginato che, dopo oltre quarantadue anni trascorsi al servizio delle istituzioni, avrei così tanto amato questo disgraziato Paese e così poco stimato chi lo rappresenta e temo lo rappresenterà nel prossimo futuro.

Abbia i miei saluti e tanti auguri, signor presidente… sarà dura dover fare il capo dello Stato e del governo allo stesso tempo.