Come sempre accade quando si mettono in moto l’Inquisizione e il suo braccio secolare, la macchina del fango, in questi giorni sono venute fuori sui social alcune foto che ritraggono Rula Jebreal in compagnia del produttore Harvey Wenstein, balzato agli onori della cronaca internazionale perché pare imponesse un dazio sessuale alle attrici che volevano lavorare per lui
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Esistono al mondo persone che sembrano essere nate apposta per recitare la parte degli antipatici, e una fra queste è certamente la giornalista e scrittrice israeliano – palestinese, Rula Jebreal. Ciò perché la nostra signora, vuoi perché crede di aver diritto alle scuse riparatorie del mondo intero perché palestinese ed ebrea, vuoi per una militanza politica che poco si addice ad una giornalista, non si è mai mostrata, come invece dovrebbe essere, una professionista della notizia accettabilmente super partes.
Ebbene, l’ultima polemica che ha coinvolto Rula è stata la sua ventilata e movimenta partecipazione al festival di Sanremo, prima richiesta dal presentatore Amadeus, poi negata, e infine accettata dalla RAI a condizione, però, che dal palco dell’Ariston la giornalista si limiti a fare un discorso sulla violenza di genere senza lasciarsi andare, è sottinteso, in considerazioni politiche. Giusto, il festival di Sanremo non è Tagadà ma allora perché invitarla?
Tuttavia, anche se non spasimiamo per il personaggio, troviamo indegno per un ente di Stato come la RAI imporre la censura preventiva ad una giornalista, come abbiamo trovato indegno di un Paese civile gli insulti sessisti e razzisti dei quali è stata fatta oggetto Rula nei giorni delle polemiche, convinti come siamo che le persone possono pure essere combattute per le loro idee, ma non certamente per il loro sesso, per le loro fattezze fisiche o per il colore della pelle!
Come sempre accade quando si mettono in moto l’Inquisizione e il suo braccio secolare, la macchina del fango, in questi giorni sono venute fuori sui social alcune foto che ritraggono Rula in compagnia del produttore cinematografico Harvey Wenstein, balzato agli onori della cronaca internazionale perché pare imponesse un dazio sessuale alle attrici che volevano lavorare per lui.
Effettivamente nel 2010 Weinstein produsse un film ricavato dal romanzo “La strada dei fiori di Miral” scritto dalla Jebreal e ne affidò la regia a Julian Schnabel, all’epoca compagno di vita della nostra contestata giornalista. Per la cronaca, il film non ricevette una buona accoglienza dalla critica e i risultati di botteghino furono deludenti, ma questo non l’ha scritto nessuno anche perché, in fondo, le foto erano più pruriginose e attrattive della notizia completa, avendo esse la capacità d’innescare una maliziosa domanda: «Che cosa avrà dato la Jebreal in cambio del film?». Ecco, questo è esattamente ciò che noi definiamo “Il giornalismo del preservativo”.
Peraltro, questo lanciare il sasso e nascondere la mano da parte dei perbenisti in servizio permanente significa soltanto una cosa: stiamo diventando un Paese di spietati guardoni della notizia dove – non importa se maschio o femmina – ogni personaggio in vista deve essere sottoposto al supplizio della ruota mediatica, per cercare di far venir fuori dalle pieghe della sua vita almeno una macchiolina compromettente sulla biancheria intima. O, in mancanza di riscontri oggettivi, lasciar suppore che la macchiolina possa esserci stata… il dubbio che il personaggio possa essere semplicemente intelligente e capace non sfiora mai nessuno, specialmente quando si tratta di una donna.
Se questo è giornalismo, lunga vita a Rula Jebreal!
(Copertina: disegno di Piero Bresciani scaricato da Internet)