Macron ha pensato bene di tirar fuori dalla manica l’asso dell’Amazzonia per rivitalizzare un G7 da sbadigli, realizzando così il doppio obiettivo di mascherare le sue problematiche politiche interne e, allo stesso tempo, dare maramaldescamente addosso al presidente sovranista del Brasile. Ciò anche in prospettiva del fatto che, se in Canada dovessero vincere i conservatori, il quartetto USA – Canada – Brasile – Gran Bretagna con l’India in funzione anti Cina potrebbe diventare un quintetto, e ciò relegherebbe tra pochi mesi la Francia e la Germania, che oggi fanno la voce grossa in Europa, al ruolo di nani dell’economia globale e anche della politica
– Enzo Ciaraffa –
Brucia la Siberia e non se ne preoccupa nessuno. Brucia l’Alaska e continua a non preoccuparsene nessuno. Sta bruciando la foresta amazzonica (incendi, peraltro, in linea con quelli degli ultimi quindici anni) e i cosiddetti grandi hanno scatenato un putiferio contro il presidente del Brasile. Ebbene, considerato che Jair Bolsonaro è in carica da appena sette mesi e che la foresta amazzonica è una delle aree più piovose del mondo, in specie tra novembre e maggio, è facile concludere che con l’incendio in atto l’attuale presidente brasiliano c’entra come cavolo a merenda. C’entravano, però – e molto anche – se non altro per disinteresse, i suoi predecessori: Ignazio Lula, attualmente in galera per corruzione, e Dilma Vana Roussef, destituita dal Parlamento per aver truccato i dati del bilancio nazionale. Eppure contro queste due mammolette, in tutt’altre faccende affaccendate durante il loro mandato per occuparsi dei problemi della foresta amazzonica, nessuno aveva proposto non dico sanzioni ma almeno una piccola protesta ambientalista. Ah, dimenticavo: i due erano e sono di sinistra.
Assodato che quello della salvaguardia ambientale non dovrebbe essere un problema né di destra, né di sinistra ma il padre di tutti i problemi, se la nostra specie vuole sopravvivere un altro po’ su questo già malmesso pianeta. Cogliamo però delle incongruenze grandi quanto la torre Eiffel nel comportamento di alcuni politici con il pelo sullo stomaco.
Il presidente francese Macron, padrone di casa del vertice G7 di Biarritz, per quanto non sia politicamente un’aquila, ha dovuto prendere atto che questo “suo” vertice stava per diventare una mezza cag… dal momento che vi è assente l’ancora in carica presidente della Commissione Europea Juncker, perché ha marcato visita. Saranno invece presenti al vertice l’italiano Giuseppe Conte, premier dimissionato di un governo dimissionario; la tedesca Angela Merkel, con gravi problemi di recessione e di salute che forse non le faranno concludere il mandato; il premier canadese Trudeau che probabilmente perderà le elezioni di autunno poiché, stando ai sondaggi, i conservatori lo cacceranno dal 24 Sussex Drive di Ottawa.
Stante questi chiari di luna, l’inquilino dell’Eliseo ha pensato bene di tirar fuori dalla manica l’asso dell’Amazzonia per rivitalizzare un G7 da sbadigli, realizzando così il doppio obiettivo di mascherare le sue problematiche politiche interne (è il presidente meno amato dai francesi negli ultimi anni) e, allo stesso tempo, dare maramaldescamente addosso al presidente sovranista del Brasile. Ciò anche in prospettiva del fatto che, se in Canada dovessero vincere i conservatori, il quartetto USA – Canada – Brasile – Gran Bretagna con l’India in funzione anti Cina potrebbe diventare un quintetto, e ciò relegherebbe tra pochi mesi la Francia e la Germania, che oggi fanno la voce grossa in Europa, al ruolo di nani dell’economia globale.
Non a caso alla pensata di Macron si è subito associata la Germania, in recessione economica, oltre che la Norvegia in crisi col modello d’integrazione.
Ebbene, per rendere più tragico il suo gioco alla presenza di una situazione ambientale tragicissima, invece di aiutare Bolsonaro – come si accingono a fare gli USA – per fronteggiare l’emergenza in Amazzonia, Macron, da grande baro, ha tirato fuori un altro asso dall’altra manica: ha proposto delle sanzioni al Brasile. Crediamo sia la prima volta che vengono decise delle sanzioni a carico di un Paese di 200 milioni di abitanti soltanto perché il suo governo non è riuscito a spegnere un grande incendio forestale.
Si sa che Macron è un grande ambientalista come tutti i francesi, i quali hanno però la tendenza a dimenticare con una certa disinvoltura gli esperimenti atomici francesi nel Sahara Algerino negli anni Sessanta e quelli più recenti sull’atollo di Mururoa nell’Oceano Pacifico. Peraltro l’esperimento atomico nel Sahara contaminò anche la Sicilia.
Signori “grandi”, lasciate perdere Macron (che, poveretto, viene da un’adolescenza traviata dai grandi…) e inviate tutti i Canadair che avete in Brasile!