L’aldilà digitale

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Pare che l’aldilà digitale sia nelle nostre mani, anche se non tutti siamo al corrente di ciò che deve essere fatto per far sì che il nostro account, dopo la nostra morte, non continui a vagare senza posa nel limbo internettiano. Insomma, se non vogliamo finire come Paolo e Francesca, condannati a fluttuare in eterno nella bufera infernale dantesca, dobbiamo incominciare a prevedere che cosa accadrà quando non saremo più su questa terra a tribolare ed a smanettare sui social
– Patrizia Kopsch* –

Spero di non urtare troppo la vostra sensibilità parlandovi dell’aldilà digitale o, meglio, di cosa succede sui social dopo la nostra morte, ammesso che abbiate aperto un profilo su Facebook, Instagram o su qualche altra piattaforma, naturalmente.

Tutto è partito dalla notizia che Instagram ha deciso di lanciare gli account commemorativi per le vittime del coronavirus: coloro che possedevano un account sul social e che purtroppo sono deceduti a causa della pandemia in corso, potranno essere resi riconoscibili con il banner remembering, vale a dire “In memoria di”. Questa iniziativa potrebbe essere bene accolta dai parenti delle vittime che, ricordiamolo, spesso non hanno potuto neanche salutarle l’ultima volta od assistere ai loro funerali.

Certo è una lodevole iniziativa ma resta il fatto che, alla nostra morte, amici e parenti dovranno lottare per ottenere l’accesso alla nostra pagina sui social media. Sì, perché si parla sempre più spesso di privacy e sicurezza, ma cosa ne sarà dei nostri dati nell’aldilà digitale? In realtà Facebook e Google già da tempo hanno pensato al problema, risolvendolo con soluzioni a mio avviso parziali.

Facebook, ad esempio, trasforma la nostra pagina in un memoriale ma non solo, ci dà anche la possibilità di nominare una persona che avrà il compito di occuparsi del nostro account post mortem. Io, per esempio, ho nominato mia figlia, che non vi dico quanto è stata contenta di ricevere questa notifica. Ma tant’è, meglio pensarci prima, no? Anche perché pensarci dopo risulterebbe un po’ difficile… Dal canto suo anche Google consente di nominare una persona di fiducia che avrà accesso al nostro account nello sfortunato caso in cui noi non lo si possa più fare.

Queste soluzioni presentano tuttavia uno svantaggio, vale a dire il fatto che diventano praticabili nel momento in cui la persona si attiva per metterle in atto. In sostanza, il nostro aldilà digitale è nelle nostre mani e non tutti siamo al corrente di quello che deve essere fatto per far sì che il nostro account, dopo la nostra morte, non continui a vagare nel limbo internettiano. Insomma, se non vogliamo finire come Paolo e Francesca, condannati a fluttuare in eterno nella bufera infernale dantesca, dobbiamo gestire cosa accadrà quando non saremo più qui.

Permane, tuttavia, il problema dei dati che anche dopo la nostra morte resteranno in possesso delle suddette aziende, anche perché un recente studio ha rilevato che Facebook potrebbe avere circa cinque miliardi di utenti morti entro il 2100 (Ansa del 30 aprile 2020), una mole impressionante di dati. Le imprese digitali potrebbero perciò attrezzarsi per ricevere ed eseguire una sorta di “testamento digitale”.

Sul sito del Consiglio Nazionale del Notariato in fatto di eredità digitale troviamo anche qualche suggerimento, per esempio: leggiamo bene le regole dei servizi online, alcuni infatti prevedono che in caso di morte tutti i nostri dati vengano distrutti. Ma forse il suggerimento più valido è questo: affidare a una persona di fiducia le nostre credenziali d’accesso (username e password) con istruzioni chiare su cosa fare in caso di decesso: distruggere i dati in tutto o in parte, o consegnarli a soggetti indicati da noi. Si chiama mandato post mortem ed è ammesso dal nostro ordinamento giuridico. Ovviamente, se cambiamo le password, come è buona regola di sicurezza, ricordiamoci di aggiornare le istruzioni.

Dato l’argomento trattato, siete autorizzati a fare gli scongiuri… nel modo che meglio credete. Del resto, come diceva Edoardo De Filippo, essere superstiziosi è da ignoranti ma non esserlo porta male.

* Giornalista freelance, blogger, formatrice digitale