La Shock Economy di Naomi Klein e le galline ovaiole

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Dopo la débâcle delle strutture sanitarie private durante la pandemia,  dovremmo iniziare a domandarci se non sia il caso di riportare sotto il controllo pubblico almeno le aziende strategiche per la nostra economia, e se non sia anche giunto il momento di ribellarsi al perverso status quo da galline ovaiole, le quali, fintanto che producono uova, sono tenute in vita per potersi guadagnare il mangime per loro e per il pollicoltore, dopo di che questi  le consegna al mattatoio per farne cosciotti e petti di pollo. Insomma per guadagnarci ancora

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Come abbiamo più volte ribadito, non incliniamo alla fantapolitica, pertanto riteniamo folcloriche le congetture che vorrebbero il virus Covid-19 prodotto, in gran segreto, in un laboratorio cinese per chissà quali oscuri scopi. Oddio, non che i cinesi non ne fossero capaci (le dittature comuniste sono capaci di molto peggio), ma non abbiamo prove concrete che suffraghino tale sospetto.

Posto quanto sopra, è innegabile che il virus sia arrivato nel momento più opportuno per dar corpo a quella che la scrittrice canadese Naomi Klein, nel saggio Shock Economy, ha definito l’ascesa del capitalismo dei disastri. La tesi sostenuta è che l’applicazione dei principi ultra liberisti come le privatizzazioni, l’immigrazione selvaggia, i tagli alla spesa pubblica, l’eliminazione della maggior parte delle tutele per i lavoratori e la riduzione dei salari, tragga vantaggi da uno shock provocato ad hoc per questo scopo, oppure derivi da cause esterne oppure ancora dall’incapacità politica dei governanti.

Nel caso dell’Italia, purtroppo, restano operanti tutte e quattro le opzioni: il tragico, spiega la Klein in Shock Economy, è che i sopravvissuti a una catastrofe [come anche è una pandemia – ndr], troveranno normale tutto questo: sta già avvenendo e sotto i nostri occhi.

I poteri economici, e i governi che spesso ne sono la derivazione, ci stanno infatti propinando l’idea che il mostruoso, insostenibile rincaro dell’energia e di ogni altro genere siano da addebitarsi alla guerra in Ucraina.

Nulla di più falso!

La guerra semmai sta facendo da aggravante e da alibi, perché le ragioni sono ben altre, come abbiamo indicato in tempi non sospetti, cioè il 27 agosto del 2021, sul blog e con un titolo che letto oggi si potrebbe perfino definire antiveggente: “Nel nostro futuro ci saranno fame e carestia?” (https://www.vincenzociaraffa.it/nel-nostro-futuro-ci-saranno-carestia-e-fame/). Nell’articolo, di cui il link, mettemmo in guardia il governo su ciò che stava accadendo sui mercati a proposito della scarsa reperibilità di elementi quali il cobalto, il nickel, il manganese, il petrolio, il rame, il polietilene, il ferro, la gomma e il legno, prodotti il cui aumento di costo ci avrebbe tirato addosso dei progressivi aumenti dei prezzi dei generi di prima necessità e dei giganteschi, insostenibili aumenti tariffari, come nel caso di elettricità e riscaldamento. Senza parlare del fatto che la Cina ha iniziato a limitare le esportazioni di fertilizzanti fosfati e la Russia quelli azotati, senza i quali bisognerà ritornare allo stallatico

Nell’articolo succitato credemmo d’intravedere ciò che stava per accadere e il perché: «…l’aumento di determinati prodotti è, di solito, la diretta conseguenza della loro penuria sul mercato e/o dell’accresciuta domanda e, nel nostro caso, queste due condizioni si sono entrambe prodotte perché sia gli Stati Uniti che la Cina per sostenere la loro ripresa industriale post-pandemia, stanno rastrellando tutte le materie prime disponibili sui mercati esteri. Cosa ciò comporti per le economie fragili come la nostra e per le piccole-medie imprese a corto di liquidità è facilmente deducibile: costi di produzione e di trasporto alle stelle!».

Ma la classe politica italiana, troppo avvitata su se stessa e sulle proprie stronzaggini, nel momento in cui avrebbe dovuto prendere in mano i processi decisionali per gestire la pandemia e, dopo, gli effetti della guerra in Ucraina, ha preferito ritirarsi nel fresco delle aule parlamentari a fare ciò che le riesce meglio, cioè niente, mettendo il proprio destino e quello nostro nelle mani di “tecnici” che, guarda caso, sono in massima parte al soldo delle multinazionali.

A questo punto per scongiurare la teoria della Shock Economy, dovremmo iniziare a domandarci se non sia il caso di riportare sotto il controllo pubblico almeno le aziende strategiche per la nostra economia, e se non sia anche giunto il momento di ribellarsi al perverso status quo da galline ovaiole, le quali, fintanto che producono uova, sono tenute in vita per poter guadagnare il mangime per loro e per il pollicoltore, dopo di che questi  le consegna al mattatoio per farne cosciotti e petti di pollo. Insomma per guadagnare anche sulla loro morte. Magari non vi piacerà ma, al momento, questo è il nostro destino.