La scorta democratica del tovarišč Fratoianni

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Se quattro giorni fa non siamo diventati il Paese dove, secondo la migliore tradizione degli integralisti islamici e non, si violano cimiteri, consolati e ambasciate, dobbiamo ringraziare la Polizia invece di darle addosso. Altro che le scorte democratiche con le quali il deputato Nicola Fratoianni vorrebbe controllare le forze dell’ordine durante i cortei

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Per retaggio culturale di antico liberalconservatore, i manganelli e i manganellatori sono di quanto più distante possa esistere dalla mia visione di governo della società umana. Ciononostante, non sono d’accordo con coloro i quali in questi giorni stanno dando addosso alla Polizia per aver disperso a manganellate un corteo, non autorizzato, di studenti e centri sociali di Pisa e un corteo, autorizzato ma uscito fuori controllo, di Firenze lo scorso 23 febbraio. A guardare bene tutti i filmati dell’accaduto, ben prima della comparsa dei manganelli si sono visti calci, sputi e pressione fisica dei manifestanti sugli agenti. Posto che l’obiettivo dei più facinorosi del corteo di Pisa era di dirigersi verso l’area turistica di piazza dei Miracoli, dove sorge anche il cimitero ebraico già finito nel mirino dei centri sociali lo scorso novembre, e una parte del corteo di Firenze tentava di dirigere verso il consolato americano sul lungarno, i criticoni dovrebbero spiegare che cosa avrebbero dovuto fare i poliziotti per impedirlo, visto che era fallito anche un loro tentativo di addivenire a una mediazione con i manifestanti. Ebbene, se quattro giorni fa non siamo diventati il Paese dove, secondo la migliore tradizione degli integralisti islamici e non, si violano cimiteri, consolati e ambasciate, dobbiamo ringraziare proprio la Polizia invece di darle addosso.

Ovviamente la Sinistra, che è di memoria molto corta ma fortunata, ha subito cavalcato l’onda dell’accaduto in chiave antigovernativa. Ma questo, in verità, non ci sconvolge più di tanto perché l’opposizione fa soltanto il suo mestiere, magari pericolosamente come il leader di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, che ha proposto le scorte democratiche per difendere i cortei dai biechi questurini di Piantedosi, senza rendersi conto di quanto fosse eversivo il suo messaggio.

Non dicevamo così per dire che la Sinistra è di corta memoria, perché quando le manganellate, l’utilizzo degli idranti e dei gas lacrimogeni furono impiegati dalla Polizia contro i facinorosi a Napoli l’8 ottobre del 2014 per la manifestazione contro il summit della Banca Centrale Europea, e a Bologna il 3 maggio 2015 contro Renzi alla festa dell’Unità, allora tutti guardarono da un’altra parte, soltanto perché all’epoca governava il Pd. Ma, secondo noi, nella circostanza il messaggio perfino più pericoloso di quello di Fratoianni lo ha lanciato il Capo dello Stato che, per la seconda volta in quattro anni, l’ha fatta fuori dal vaso in un momento topico della storia dell’Europa e della nostra vita nazionale, peraltro mentre era in corso una competizione elettorale in Sardegna.

La prima volta della presidenziale pipì fuori dal vaso fu il 6 febbraio del 2020 quando, dopo una quindicina di giorni dall’allarme lanciato dai governatori delle Regioni governate dal Centrodestra (tacciati per questo di fascismo) sul Covid-19 proveniente dalla Cina, e dopo una settimana dalla decretazione dello stato di emergenza emanato dal governo Conte due, il nostro presidente della Repubblica si recò alla scuola “Daniele Manin” di Roma, con altissima presenza di bambini cinesi ritornati dal loro Paese di origine dove erano appena stati per festeggiare il Capodanno e involontari vettori del virus. Una visita perfetta per il politically correct, ma disastrosa sul piano della percezione del pericolo pandemico perché il presidente della Repubblica è un simbolo per gli italiani, e banalizzando con il suo comportamento il grido di allarme proveniente da più parti sul pericolo in arrivo dalla Cina, come i vari Zingaretti, Gori e Boccia indusse gli italiani ad abbassare la guardia, dando loro la falsa certezza che il virus sarebbe girato alla larga dai nostri lidi e che ci avrebbe pensato il solito stellone italiano a proteggerci. Anche se magari voleva essere un buon segnale, quello del capo dello Stato si rivelò un involontario invito alla leggerezza, insomma fu un disastro percettivo.

La seconda debordata del presidente si è avuta pochi giorni fa quando, dopo le manganellate in Toscana ha fatto sapere urbi et orbi che “…l’autorevolezza delle forze dell’ordine non si misura sui manganelli ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando la libertà di manifestare”. Bene, bravo il presidente, siamo tutti d’accordo ma c’è un piccolo dettaglio da chiarire: come si coniuga la sicurezza con la libertà di manifestare dei fanatici? Mattarella avrebbe avuto mille modi per fare un cazziatone (indiretto) a Piantedosi e (diretto) al governo, ma ha scelto il peggiore, perché da adesso in poi, e per tutta la durata delle campagne elettorali in divenire, sarà un corteo senza fine contro il governo fascista e il ministro degli Interni manganellatore, col suo avallo putativo. Il tutto sotto l’occhiuta vigilanza dei cosacchi del tovarišč Fratoianni. Peraltro, crediamo che l’esternazione di Mattarella contro il governo proprio nei giorni delle elezioni regionali in Sardegna non sia stato un bell’esempio di terziarietà. A questo punto, prima che saltino gli argini della civile convivenza, il nostro sommesso consiglio è di darsi tutti una calmata, perché di questo passo ritorneremo ab antico, e dalle ronde democratiche del compagno Fratoianni a una nuova forma di sessantottismo-brigatismo il passo potrebbe essere dannatamente breve.

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