Quando si radicherà nel nostro Paese il concetto che un crimine è un crimine e basta, e che le motivazioni non ne cambiano la sostanza? Uccidere una persona è sempre un assassinio, a meno che non si tratti di legittima difesa, e nessuno può essere scusato soltanto perché dopo ha dichiarato di averlo fatto per motivi politici. In una democrazia seria e condivisa è assolutamente impensabile che vi possano essere delitti buoni e delitti cattivi
– Silvio Cortina Bascetto –
Ora che la vicenda di Cesare Battisti è giunta a conclusione, qualcuno, come destato dal nirvana, incomincia ad interrogarsi sul come e sul perché un pluriomicida sia riuscito a eludere per così tanto tempo la giustizia. Il Procuratore della Repubblica di Milano ha, infatti, aperto un’indagine sulla rete di protezione che ha coperto la latitanza del terrorista dei Pac (Proletari armati per il comunismo), una perversa rete che ha indotto un giornalista a definirla «Cancro dell’Internazionale socialista».
Non saprei se la definizione migliore sia cancro o metodo mafioso, ma di sicuro la sostanza è quella: in Italia si può compiere qualunque delitto, anche il più infame, ma se gli assassini sostengono di averlo fatto per la causa socialcomunista, allora subito vengono presi sotto l’ala degli intellettuali cosiddetti progressisti ma muniti di Rolex e di attico a Capalbio. Quella loro, in realtà, è una replica della solidarietà mafiosa e può accadere anche che qualcuno si metta a raccogliere firme per dimostrare che l’assassino è un combattente della libertà e, quindi, un benemerito dell’umanità. Ergo deve essere amnistiato.
Questa odiosa forma di solidarietà con i criminali ha screditato gli intellettuali, i politici italiani (che in quanto a credibilità già non se la passano bene) e la gauche internazionale dell’ultimo mezzo secolo, i quali hanno “coperto” le azioni di gente della risma di Battisti, contro giudici, poliziotti, giornalisti, sindacalisti e imprenditori. Per non parlare dei congiunti delle vittime. Non a caso nel periodo seguito agli anni di piombo, abbiamo visto il cancro dell’Internazionale socialista rendere smarrita la società civile, ogni volta che si adoperava per far scarcerare i brigatisti nostrani dopo un risibile numero di anni in galera. Quando si radicherà nel nostro Paese il concetto che un crimine è un crimine e basta, e che le motivazioni non ne cambiano la sostanza? Uccidere una persona è sempre un assassinio, a meno che non si tratti di legittima difesa, e nessuno può essere scusato soltanto perché “dopo” ha dichiarato di averlo fatto per motivi politici. In una democrazia seria e diffusamente condivisa è assolutamente impensabile che vi possano essere delitti buoni e delitti cattivi.
Ora si spera che, oltre a tenere Battisti in galera, s’indaghi su chi lo ha coperto durante la latitanza, come sta cercando di fare la procura di Milano, partendo dalla Francia, dove è risaputo che l’attuale madame Sarkozy si diede un gran da fare per Battisti, fino in Brasile, dove il più colpevole dei suoi manutengoli, l’ex presidente Lula è in prigione per corruzione. E si spera anche che tutti gli altri latitanti siano estradati per interamente scontare il fio delle loro colpe… sennò ai cittadini perbene, ai pacifici e agli osservanti delle leggi, che cosa racconteremo?
Fidiamo dunque che da oggi la giustizia italiana smetta di essere la barzelletta più raccontata in Europa.