Al mattino della Vigilia di Natale, quando l’alba ancora non ha dischiuso le sue ali, le case di Campania si animano di voci e suoni allegri: padelle estratte dalla lavastoviglie, donne che iniziano a trafficare in cucina, il cicaleggio di bambini che s’ingozzano di panettone inzuppato nel latte e il capofamiglia che parte per fare acquisti al mercato del pesce con un’aria greve, come se andasse a compiere una missione di guerra
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A causa della doppia discendenza greco-latina, noi campani celebriamo le festività natalizie con dei rituali che stanno a metà strada tra la poiesis e la crapula. Per intendere una tale premessa bisogna, necessariamente, viverlo il giorno più coinvolgente di tutte le feste di Natale, e cioè la vigilia.
Al mattino di quel giorno, quando l’alba ancora non ha dischiuso le sue ali, le case si animano di voci e suoni allegri: padelle estratte dalla lavastoviglie, donne che iniziano a trafficare in cucina, il cicaleggio di bambini che s’ingozzano di panettone inzuppato nel latte e il capofamiglia che parte per il mercato del pesce con un’aria greve, come se andasse a compiere una missione di guerra.
Quello del mercato del pesce della Vigilia, in verità, è un rituale nel rituale perché soggiace a regole che non si riscontrano in nessuna altra parte d’Italia. Come dire banchi posti senza un preciso ordine, gli uni a ridosso degli altri, contornati da vasche e tinozze contenenti vongole sputacchianti e guizzanti capitoni, il che non impedisce agli acquirenti di andare avanti e indietro per valutare la merce decantata dai pescivendoli in modo colorato e pieno di doppi sensi: “Purtate nu bell capitone a mugliera vosta!”.
Mentre il capofamiglia viene risucchiato da questo variopinto bailamme, tutto sommato gradevole, le donne di casa hanno già abbozzato un menù non facile da preparare, né facile da digerire e, d’altronde, basta scorrerlo anche soltanto sulla carta per sentire già la necessità di ricorrere alla Citrosodina. Fondo per le vongole, baccalà fritto nell’olio (lo stesso che servirà anche per capitone, fritto di pesce e baccalà), baccalà in bianco, friggiarelli al limone, insalata di rinforzo, struffoli, paste reali, mostaccioli, rococò e frutta secca.
L’insalata di rinforzo si chiama così perché è composta da ingredienti stuzzicanti per quanto affatto leggeri, i quali hanno, appunto, il compito di rinforzare l’appetito: scarola riccia, pezzi freddi di cavolo lessato, peperoni sott’aceto, acciughe in salamoia pulite e lavate, olive, tranci freddi di baccalà lessato, giardiniera e, non possono mancare, le popaccelle sottaceto tagliate a fette.
Come si può notare, dal menù manca la carne perché questo era un tempo il desinare della Vigilia della povera gente, quando la carne potevano permettersela soltanto i ceti abbienti. In altre parole, le famiglie povere ripiegavano sul baccalà, altre sul pesce di riva, altre ancora sull’insalata di rinforzo, alimenti che (allora) costavano un’inezia: siamo stati noi, i figli del benessere, a mettere tutto insieme sulla tavola la sera del 24 dicembre!
I mostaccioli, invece, sono dolci ereditati dagli antichi romani, i quali li preparavano combinando farina, miele e mosto (da cui il termine mostacciolo), mentre le paste reali, vere opere d’arte dolciaria, sono composte esclusivamente da zucchero e pasta di mandorle.
Per quanto possa sembrare impossibile che una cena del genere veda, poi, sopravvivere i commensali, dopo mangiato i maschi si danno al gioco delle carte, mentre le donne, i nonni ed i bambini a quello della tombola. Tutto questo, di solito, avviene mentre la resina di una pigna, infilata nella brace del camino o del braciere, effonde per la casa un profumo mistico e gaio allo stesso tempo.
Tutta la famiglia, la sera della vigilia di Natale, si stringe attorno ai genitori in un’atmosfera d’intima serenità e, se non fosse per i botti che, invariabilmente, si odono in lontananza, verrebbe da pensare che la notte della vigilia di Natale sia veramente magica. Ai rintocchi delle campane il gioco cessa e, come sbucando da ancestrali anfratti, tutti i nuclei familiari prendono a dirigere verso la chiesa e non abbiamo mai capito se lo fanno per salutare la nascita del divino bambino o per ringraziarlo di non averli fatti scoppiare a tavola.
Ma quando l’organo della chiesa incomincia a suonare “Tu scendi dalle stelle”, lo spirito, che non è pesante come lo stomaco, prende a salire a inenarrabili altezze. Questo accade la sera della vigilia di Natale in Campania.
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