L’idea di rivedere di nuovo le smorfie di Berlusconi all’uscita dello studio di Mattarella non piace a nessuno, ma c’è un’Italia scorata e indecisa che aspetta un po’ di speranza, mentre in cielo volteggiano avvoltoi che hanno dalla loro quel mondo della comunicazione che la Lega e i grillini stanno fronteggiando, praticamente disarmati, affidandosi alle pistole ad acqua di Twitter e Facebook che, per quanto fastidiose, alla lunga si rivelano inefficaci contro la sistematica organizzazione delle menzogne spacciate per notizie
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Secondo noi da qualche tempo l’informazione italiana ha raggiunto il punto più basso della sua già non brillante parabola in fatto di oggettività e di indipendenza, un punto così basso da rasentare l’indecenza.
Nei giorni scorsi in Italia i media hanno dato eccessivo rilievo a due cose che in un Paese normale sarebbero state di modestissima rilevanza: la manifestazione antirazzista di Milano contro un razzismo inesistente e, il giorno dopo, l’elezione del presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, a segretario del malmesso Pd.
Ebbene, la manifestazione di Milano è stata presentata dagli organizzatori come una sorta di assalto al governo da parte di 200.000 persone (meno della metà secondo fonti della Questura) e la notizia taroccata è stata, ovviamente, rilanciata dai soliti noti, con in testa il quotidiano La Repubblica, senza nessuna verifica della veridicità dei dati. Ma quand’anche i partecipanti fossero stati davvero 200.000, la manifestazione sarebbe stata lo stesso un fallimento considerato che a Milano vivono all’incirca mezzo milione di immigrati, come dire che a quelli del Pd non se li sono filati neppure i diretti interessati. Ma queste cose le hanno dette soltanto pochi social e pochissimi quotidiani.
Siccome alla partigianeria non v’è mai fine, come abbiamo anticipato il giorno dopo la manifestazione di Milano v’è stata l’elezione di Zingaretti alla segreteria del Pd, fatto che i soliti noti hanno presentato come una sorta di prepotente risurrezione della sinistra, benché le cose stiano diversamente. Infatti, operata la tara sulle persone che si sono recate a votare anche undici volte, la conta dei voti conferma un dato che, nonostante il peana dei media amici, è abbastanza deprimente per il Pd: ad ogni primaria gli iscritti che si recano a votare sono sempre di meno! Questi, infatti, sono stati i votanti alle primarie del Pd negli ultimi 12 anni:
– 3,5 milioni di persone nel 2007;
– 3,1 milione di persone nel 2009;
– 2,8 milioni di persone nel 2013;
– 1,8 milioni di persone nel 2017;
– 1,6 milioni di persone nel 2019.
Con tali dati in mano anche una persona mediamente raziocinante realizzerebbe che i votanti alle primarie del Pd si sono più che dimezzati in dodici anni, ma non per i media nostrani, per i quali la trionfale elezione di Zingaretti costituirebbe la rinascita della sinistra e la campana a morto per il governo gialloverde, spacciando così i desideri per fatti. Possibile che costoro non abbiano percepito che non ne possiamo più dei talk show pilotati e delle pseudo-analisi ottimistiche di La Repubblica, di Rai Uno, di Rai Tre, e de La7? Possibile che i media non sentano più il bisogno di citare, dati, fatti personaggi e circostanze invece delle solite, scontate supposizioni e/o previsioni? Lo scrittore e politico francese André Malraux sosteneva che non si può far politica con la morale, ma nemmeno senza. Secondo noi neppure il giornalismo si dovrebbe esercitare senza un minimo non diciamo di morale che è una parola grossa, ma almeno di decenza.
D’altronde lo stesso Zingaretti, che pure ne è il beneficiario, non ha preso sul serio il cantico dei cantici dei media che hanno continuato a mettere in sistema la manifestazione di Milano sul razzismo/immigrazione con la sua elezione, tant’è che appena eletto si è guardato di attaccare il governo sull’immigrazione, tallone di Achille della sinistra italiana, puntando il dito invece sul prosieguo della Tav. E qui Zingaretti ha dimostrato di essere anche più intelligente dei suoi numerosi mentori mediatici perché, tra l’altro, schierandosi per il proseguimento dei lavori sulla Torino-Lione si è arruffianato Confindustria, il ceto medio, una parte degli elettori grillini e, di conseguenza, ha infilato un’altra zeppa nella controversia Salvini – Di Maio sulla Tav.
Il Giggino nazionale è cascato subito nella rete di Zingaretti e lo ha invitato a far convergere il suo partito in Parlamento sulla proposta di legge sul salario minimo garantito, tentando con quella proposta anche di impaurire lo scomodo alleato/nemico, dimentico però che, se dovessero riandare alle elezioni, Salvini avrebbe una coalizione di centrodestra vincente già bella e pronta, mentre lui avrebbe alle viste soltanto un’alleanza col Pd che, stando ai numeri, partirebbe già perdente. Ma per il vice premier e segretario della Lega non tutto è semplice come sembra, né in Italia, né in Europa.
Infatti, nonostante per le prossime elezioni europee per la Lega si profili una situazione favorevole in termini di consensi, Salvini farebbe bene a meditare su quanto ha dichiarato ad un giornale tedesco il premier ungherese Viktor Orban sul suo conto: «Non mi sono mai piaciute le persone che indossano cintura e bretelle allo stesso tempo […] Bisogna avere una strategia». Ecco, è proprio la mancanza di strategia il punto debole di Salvini. Infatti, dopo che gli sbarchi d’immigrati grazie a lui si sono drasticamente ridotti, facendo diventare quello dell’immigrazione un problema dell’Unione europea; dopo che Quota 100 avrà prodotto i suoi effetti, si spera positivi; dopo che la legge sulla legittima difesa avrà ricevuto l’ok anche dal Senato vediamo il vuoto.
Mancano ancora quattro anni per completarsi la legislatura, e quattro anni in un panorama politico ormai socializzato sono un’eternità se non si hanno frecce nella faretra. Mentre scriviamo è partita la corsa a richiedere il reddito di cittadinanza sul quale il nostro giudizio era e resta positivo, che però è una creatura dei grillini: e quando una cospicua parte d’italiani si ritroverà in tasca un po’ di soldi da spendere grazie al reddito di cittadinanza, che cosa risponderà loro Salvini… di comprarsi una pistola? Peraltro, portare a casa i provvedimenti legislativi che stanno a cuore alla Lega nell’ambito dei paletti del contratto di governo è un cammino in salita, perché quei provvedimenti sono d’impronta liberale, mentre i grillini sono veterocomunisti.
Sicché Salvini deve decidere subito dove e come collocare la Lega nella futura Ue e, soprattutto, deve prendere atto che il Paese non avanzerà di molto sulla strada del progresso con il freno a mano grillino tirato. E su questo punto non crediamo abbia altra scelta che rimettere insieme – su basi molto diverse rispetto a qualche anno fa – la coalizione di centrodestra, anche se a lui, che in fondo è un puro e disinteressato, questa ipotesi fa un po’ paura, stante che Forza Italia assieme al Pd è il partito più inquisito d’Italia.
L’idea di rivedere di nuovo le smorfie di Berlusconi all’uscita dello studio di Mattarella non piace a nessuno, ma c’è un’Italia scorata e indecisa che aspetta un po’ di speranza, mentre in cielo volteggiano sinistri avvoltoi che hanno dalla loro quel mondo della comunicazione che la Lega e i grillini stanno fronteggiando, praticamente disarmati, affidandosi alle pistole ad acqua diTwitter e Facebook che, per quanto fastidiose, alla lunga si rivelano inefficaci contro la sistematica organizzazione delle menzogne spacciate per notizie
Ecco perché, secondo noi, Salvini deve uscire appena possibile dall’impasse nel quale si trova oggi, magari turandosi il naso anche lui. Insomma dovrà scegliere tra la cintura o le bretelle.
Chi vuol capire…