Dopo l’uscita sul tema dell’onorevole Laura Boldrini, l’Usigrai ha scritto una lettera ai vertici della Rai affinché obblighi i suoi giornalisti a non cedere alle pretese del capo del governo di volersi chiamare presidente e non presidentessa, sostenendo che l’utilizzo della declinazione al femminile è un obbligo. Il che, però, è una grande sciocchezza perché la Costituzione, all’articolo 3, sostiene la parità di genere, per cui non si può avvalorare nessuna distinzione di genere nella qualificazione delle cariche, basata sulla personalità di chi le ricopre
– Enzo Ciaraffa –
Due cose mi riesce difficile tollerare: la stupidità e la supponenza, anche se devo ammettere che quando queste due caratteristiche si sommano in un solo individuo ne esco puntualmente battuto. Che avesse ragione Oscar Wilde nel consigliare di non discutere mai con uno stupido per non essere sconfitto dalla sua “esperienza”? Beh, stavolta correrò il rischio.
Nonostante si sia assisa a Palazzo Chigi il primo premier donna nella storia d’Italia, di fronte alla prospettiva di una crescita astronomica della povertà, di essere coinvolti in una guerra di blocchi e di un inverno allucinante, a tener banco in questi giorni sono le pretese di una persona che mi fa ingrossare la milza ogni qualvolta apre la bocca: l’onorevola Laura Boldrini. Confesso di non avere grande estimazione di questa signora della politica italiana, non tanto per le cose che dice (che ha il diritto di dire), quanto per il fatto che probabilmente è lei la prima a non credere alle assurdità che dice. D’altronde stiamo parlando di una signora che dovrebbe essere razionale e poco incline alla demagogia essendo stata funzionaria della Fao, portavoce Onu, presidente della Camera e, attualmente, deputata indipendente nel Pd… e poi dicono che l’Onu e il Pd sono in crisi.
Stavolta alla signora di cui sopra non va bene che il nuovo capo del governo donna si faccia chiamare presidente e non presidentessa e l’Usigrai, l’organizzazione sindacale di quei giornalisti Rai un po’ strabici all’occhio sinistro, ha addirittura scritto una lettera ai vertici dell’azienda per chiedere che i colleghi operanti nella televisione pubblica non cedano alle pretese del presidente del Consiglio di volersi definire tale, sostenendo che l’utilizzo della declinazione al femminile è un obbligo. Il che, a mio modesto avviso, è una grande stronzata. Lo è perché la nostra Costituzione, all’articolo 3, sostiene la parità di genere, per cui non si può avvalorare nessuna distinzione di genere nella qualificazione delle cariche, che sia fondata sulla personalità di chi le ricopre.
E, come sempre, la nostra suprema lex non ha fallato eliminando tali distinzioni dalla qualificazione di cariche pubbliche perché – e ci dovrebbero arrivare agevolmente perfino l’onorevola Boldrini e i giornalisti (indipendenti?) dell’Usigrai – se un maschio sedente a Palazzo Chigi lo appellassimo come presidente e una donna come presidentessa, come ci regoleremmo con un capo del governo eventualmente gay? Lo chiameremmo “presidente con riserva”?
Che strana gente sta a Sinistra, dove si fanno fautori delle più assurde e innaturali teorie Lgbtq, una delle quali è quella di potersi scegliere il sesso ogni mattina, e il presidente del Consiglio non dovrebbe poter scegliere neppure come farsi chiamare.
Ma l’onorevola Laura Boldrini è di quelle persone che non demordono, anzi, più è stupida la questione che porta avanti e più s’incaponisce a sostenerla. Adesso non le va bene neanche il nome del partito dal quale proviene il presidente del Consiglio che, come si sa, è Fratelli d’Italia. La ragione? Nel nome identificativo il partito ha dimenticato le sorelle… ma questa onorevola ha mai consultato un manuale della Treccani? L’ho fatto io per lei a proposito del sostantivo fratelli e questo è stato il risultato: «Ciascuno dei figli nati dagli stessi genitori, nel reciproco rapporto dell’uno con gli altri…». Come dire che la differenziazione fratelli – sorelle si opera soltanto quando i due sostantivi vengono usati in contrapposizione.
Tuttavia, poiché sono una persona compassionevole, ho deciso di dare lo stesso una mano all’onorevola Laura Boldrini per la realizzazione delle sue proposte andando a dare una ritoccatina politically correct al testo del nostro inno nazionale che, come tutti sanno, è anch’esso Fratelli d’Italia.
L’ho messa giù così: «Fratelli e sorelle d’Italia/L’Italia s’è desta/Di un elmo si è cinta la testa/dov’è la Vittoria/Le porga la chioma/Ché sorella di Roma/Qualcuno la creò».
Come avrete di certo notato, ho aggiunto sorella al testo originale, ho cancellato quel fascistone di Scipio (Scipione l’africano) perché osò fare a pezzi Annibale e il suo esercito nella piana di Zama, e ho sostituito schiava di Roma con sorella di Roma. Ho avuto un solo dubbio quando mi sono trovato al cospetto del termine Iddio: ma l’Onnipotente – mi sono chiesto – è maschio oppure femmina? Posso ancora invocarlo dal mio intimo come Dio oppure mi devo acconciare a chiamarlo Dia? E poi, ho pensato, così si offendono quelli della vera Dia – Direzione Investigativa Antimafia. Alla fine, non riuscendo a decidere, perché non ho le certezze della Boldrini, ho optato per la sostituzione di Iddio col pronome indefinito qualcuno.
A questo punto, onorevole Boldrini, ritornando per un attimo seri, le consiglio di leggersi quel gradevole, anarchico, divertissement (sono appena 83 pagine) del libricino “Allegro ma non troppo” scritto dal professor Carlo Maria Cipolla, vi troverà ben spiegati le cinque leggi della stupidità umana e i suoi perniciosi effetti sulla nostra società. L’ormai defunto professor Cipolla sosteneva, peraltro, che la persona stupida è tanto più perniciosa quanto più alto è il posto di responsabilità che essa occupa nelle varie istituzioni dello Stato.
E lei, signora Boldrini, occupa un posto di responsabilità perché è deputato al Parlamento, pardon è una deputatessa, perciò non ci faccia preoccupare.
Ma il lato osceno dell’intera faccenda, onorevola, non è tanto nelle fesserie che dice ma il fatto che, per dirle, lei ogni mese toglie gli oltre 16.000 euro del suo stipendio dalle tasche degli italiani, molti dei quali per campare devono andare a mangiare alla Caritas.
Non si offenda, onorevola, se gliela butto giù sommessamente: si vergogni.
Invece di ammorbarci i cosiddetti con tante e tali stronzate, vada a spronare il governo su questioncelle come l’inflazione che si sta mangiando stipendi e pensioni, il caro prezzi, il caro carburanti, la medicina pediatrica che non si trova facilmente nelle farmacie, le bollette di luce e gas che, da sole, portano via quel poco che la gente guadagna e un disastrato ordine pubblico che avete lasciato in mano a gente come la Lamorgese per due interminabili anni.
Chissenefrega se a Palazzo Chigi siede una donna che vuole farsi chiamare presidente e non presidentessa!
Peraltro – ed la cosa che vi disturba di più – la signora in questione ha dimostrato di possedere quelle che a voi della Sinistra mancano: le palle!
(Vignetta di Laura Zaroli)
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