I doni natalizi di Conte tra il Pil e il pilo

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Vengono i sudori freddi al solo pensare a come risponderà il governo Conte alle richieste dei settori produttivi e dei cittadini, molti dei quali tra una ventina di giorni si ritroveranno in tasca una tredicesima, probabilmente l’ultima che vedranno per anni, senza poterla investire nella ricorrenza natalizia. Altro che permettere all’economia di crescere com’è nei dichiarati intenti dell’inquilino di Palazzo Chigi
– Enzo Ciaraffa –

Una volta tanto sono d’accordo col ministro della salute Speranza e con i cosiddetti esperti, i quali vanno ripetendo da giorni che il dibattito sulle prossime festività natalizie è surreale, e lo è per davvero anche se non per le ragioni che intendono loro. Il dibattito, infatti, è stato reso surreale – anche se ammantato di senso etico – dal nostro presidente del consiglio, il quale ci ha preso talmente gusto a dire agli italiani che cosa possono fare e cosa no, che la situazione gli ha preso la mano: «Dobbiamo prepararci ad un Natale più sobrio; veglioni, festeggiamenti, baci e abbracci non saranno possibili. Pensiamo che sarà possibile scambiarci i doni e permettere all’economia di crescere». Ma, somma incoerenza, mentre ci invita ad un Natale sobrio, pare che il premier abbia in mente di dare un bonus natalizio di 500 euro a coloro che hanno fatto più di otto settimane di cassa integrazione, per una spesa complessiva di 1,7 miliardi di euro, avendo contro in questo progetto la sua stessa maggioranza evidentemente preoccupata per il reperimento delle coperture finanziarie.

Giuseppe Conte, imbeccato dal fido Casalino, benché in questi mesi non si sia distinto per coerenza e complessità di pensiero, avrebbe dovuto tuttavia capire che alcune delle imprescindibili caratteristiche che deve avere un’efficace economia sono la libertà e la prodigalità, non certo la sobrietà, un concetto questo che starà facendo rivoltare nella tomba il padre della scienza economica, Adam Smith, laddove si predica la contrazione dei consumi al cospetto di maggiori risorse. Se non saranno possibili festeggiamenti e veglione, col relativo corollario di shopping preparatorio, come diavolo dovrebbe crescere l’economia durante le festività natalizie? È la stessa cosa che chiedere ad un amante allupato di mettere il bigolo nel ghiaccio prima di una seduta amorosa.

Conte non può venirci a dire anche come dobbiamo evacuare nel bagno di casa nostra, non può continuare a giocare con diritti costituzionalmente garantiti perché trova più comodo proibire che provvedere, come avrebbe dovuto fare con i trasporti, con la scuola e con l’approvvigionamento di ossigeno terapeutico durante l’estate.

E su questo punto già prevedo le obiezioni dei savonaroliani del Covid-19, sempre pronti a ricordarci che la privazione di certi diritti è giustificata dalla letalità di questo virus, la cui pericolosità io ho avvertito prima e meglio di loro, quindi non è a me che dovrebbero, eventualmente, ricordarlo ma a tutti quelli che nell’area di governo lo hanno tenacemente negato (loro sì che sono negazionisti!) fino allo scorso mese di febbraio. Infatti, non sono stato io che una settimana dopo la dichiarazione dello stato di emergenza nazionale, facendomi accompagnare dai corazzieri in borghese, me ne sono andato a visitare una scuola a maggioranza di scolari cinesi. Come non sono stato io lo scorso 25 febbraio ad aver regalato due tonnellate di protezioni individuali alla Cina, mascherine incluse, mentre da noi successivamente a quella donazione morirono un paio di centinaia di medici perché ne erano privi. E neppure sono stato io che il giorno dopo me ne sono andato sui Navigli milanesi ad organizzare pubblici aperitivi antipanico. Chi volesse, perciò, andare a caccia di negazionisti si rivolga da un’altra parte.

Visti tali precedenti, temo che le norme anti virus per Natale saranno di certo allucinanti dal momento che il governo dovrà fare un’operazione che in questi mesi ha dimostrato di non saper fare: normare in modo chiaro regole e doveri da osservare.

Ad esempio, dopo il 3 dicembre, cessati gli effetti dell’ultimo DPCM, sarà possibile lo spostamento tra regioni? Sarà vigente un più elastico coprifuoco? Ci sarà l’apertura dei ristoranti e dei centri commerciali nel fine settimana? E nei giorni festivi? E i mercati all’aperto? Mi vengono i sudori freddi al solo pensare a come risponderà il governo a questi interrogativi dei settori produttivi e dei cittadini, molti dei quali tra una ventina di giorni si ritroveranno in tasca una tredicesima – probabilmente l’ultima che vedranno per anni – senza poterla investire nella ricorrenza natalizia. Altro che permettere all’economia di crescere com’è nei dichiarati intenti dell’inquilino di Palazzo Chigi, qui va a finire che Babbo Natale, l’originale purtroppo, se ne andrà in discarica piuttosto che  competere con un “collega” che porta doni taroccati agli italiani.

Ma è nel settore dei miei affetti, è nel campo della mia intimità che non tollero più gli interventi di Conte e le sue uscite paternaliste. Come si permette questo azzeccagarbugli non eletto da nessuno di intervenire sul numero dei miei abbracci, baci e, implicitamente, sulle derivate performance intime? Pensasse piuttosto al Pil – che va giù agni volta che lui apre la bocca – e non al pilo!

E soprattutto stesse attento alle idi di gennaio 2021, a quei giorni che seguiranno un veglione di Capodanno che potrebbe riservare molte sorprese al nostro proibitor cortese, nonostante la copertura del Colle.

 

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