La bandiera rossa e le bugie di Putin e dei suoi amici in Italia

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Sia la Russia che i separatisti, per giustificare le loro azioni di guerra, fanno spesso riferimento al referendum per l’indipendenza che si tenne in quei territori otto anni fa. Fu una parodia di referendum perché le urne erano trasparenti in modo che potesse leggersi chi si era votato, mentre sui seggi vigilavano separatisti armati. Ovviamente vinsero i separatisti, anche se un sondaggio di poche settimane prima da parte degli osservatori Onu sul posto aveva previsto risultati opposti

– dalla Lituania Silvio Cortina Bascetto –

Nonostante le notizie di fonti indipendenti a riguardo delle brutalità che i russi invasori stanno commettendo in Ucraina, la propaganda e le bugie di Putin (e questo posso anche capirlo…) in compagnia di alcuni giornalisti e uomini di pensiero italiani, vorrebbero far passare l’aggressione russa come legittima perché, secondo loro, quello dei russi sarebbe una specie di esercito di liberazione della regione del Donbass.

Mirabolanti fesserie!

Nel Donbass la popolazione di etnia ucraina è il 57%, mentre quella russa soltanto il 38% sicché, già solo per questo dato, dire che quei territori sono a maggioranza russa è volere ignorare la realtà. Che poi molti ucraini nel Donbass siano russofoni (il 75% a fronte del 24 % di ucrainofoni) non significa che la maggioranza degli ucraini sia anche russofila e che ami alla follia il dittatore russo. D’altronde, lo stesso presidente Volodymyr Zelensky è russofono eppure si sta battendo con le unghie e con i denti contro di essi.

Ritornando al Donbass, i primi a iniziarvi la guerra civile furono i separatisti i quali, alla deposizione del presidente-fantoccio dei russi, Viktor Yanukovich, ricorsero alle armi e iniziarono a sparare sui governativi, proclamando, con la violenza e con morti, le due repubbliche separatiste. È da precisare che Yanukovich fu destituito dallo stesso Parlamento che lo aveva eletto, non dai manifestanti in piazza, pertanto parlare di golpe è sicuramente fuori luogo. In ogni caso subito dopo la sua deposizione, furono indette nuove e democratiche elezioni, perciò l’alibi del colpo di stato come giustificazione dei separatisti per l’insurrezione armata è infondato in ogni caso.

È inutile ricordare, immagino, che i separatisti furono aizzati, armati e finanziati dalla Russia, sennò le due autoproclamate repubbliche non sarebbero così militarmente forti da poter resistere all’esercito governativo ucraino che vuole riprendere il controllo del territorio. Dovrebbe essere parimenti chiaro, a questo punto, che fin dal 2014 la Russia ha portato avanti una guerra per procura contro l’Ucraina mediante i sedicenti separatisti, una guerra senza esclusione di colpi da entrambe le parti. La propaganda russa e le bugie di Putin, hanno anche fatto credere che i “poveri separatisti” erano bombardati continuamente dagli ucraini, come se essi non facessero altrettanto con le armi fornite dai russi che adesso si lamentano perché i Paesi europei stanno facendo la medesima cosa per l’Ucraina che si difende. Ricordo anche che i separatisti del Donbass furono gli unici responsabili dell’abbattimento del jet di linea olandese MH17 con 298 persone a bordo, come appurò l’indagine olandese in tempi non sospetti.

Sia la Russia che i separatisti, per giustificare le loro azioni, fanno spesso riferimento al referendum per l’indipendenza che si tenne in quei territori otto anni fa: fu un’emerita buffonata perché le urne erano trasparenti e si poteva leggere che cosa avevano votato coloro che vi depositavano la scheda. Senza parlare del fatto che i seggi erano vigilati dai separatisti armati. Manco a dirlo, vinsero i separatisti, anche se un sondaggio di poche settimane prima commissionato dagli osservatori Onu sul posto aveva diffuso risultati diametralmente opposti.

D’altronde, la Russia, prendendo a pretesto i soliti presunti maltrattamenti alla popolazione russofila aveva già attaccato, a tradimento, la Georgia nel 2008, azione che portò all’occupazione di Abkhazia e Ossezia, province appartenenti alla Georgia. Tra l’altro, se la Russia voleva andare veramente in aiuto di un’etnia oppressa, doveva mandare l’esercito in Donbass e non a Kiev. Ecco altre bugie di Putin, il suo gioco è, ormai, fin troppo chiaro: si regalano passaporti, si paga qualche centinaio di teste calde per provocare disordini, e appena c’è qualche arresto si grida al maltrattamento della povera minoranza che agogna soltanto a riunirsi alla grande madrepatria russa: i soliti trucchi dei comunisti sovietici e dei nazisti quando volevano invadere qualche Paese limitrofo. Ma l’attacco all’Ucraina dello scorso 24 febbraio voleva essere anche un modo della Russia per uscire dallo stallo e far cadere il legittimo governo ucraino, per mettere al posto del presidente eletto Zelensky il solito fantoccio, tipo Lukashenko in Bielorussia.

Per quanto, poi, riguarda l’espansione della Nato verso l’Est bisogna ricordare che nessun Paese è costretto ad aderirvi, perciò dare la colpa del conflitto all’aspirazione dei popoli liberi di voler farne parte vuol dire ignorare i meccanismi di adesione all’Alleanza Atlantica: l’adesione avviene per approvazione dei Parlamenti e non con l’invio dei carri armati!

Per quanto, invece, riguarda l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea sono stati ancora i referendum popolari a confermarli, parliamo di referendum autentici e non farlocchi come quelli avallati dai russi e mistificati dalle bugie di Putin. D’altronde proprio quest’ultima aggressione a uno stato vicino ha confermato ai Paesi che già avevano aderito alla Nato di aver fatto la scelta giusta, perché altrimenti avrebbero fatto, uno ad uno, la fine che Putin avrebbe in serbo per l’Ucraina.

E adesso che anche Svezia e Finlandia, impaurite dal bullismo del fanatico del Cremlino, hanno in animo di entrare nella Nato di chi è la colpa? Certamente di un tizio che crede di essere ancora ai tempi dell’invasione dell’Ungheria del 1956.

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