Allo scopo di ottenere la sua rapida divinizzazione, i media cosiddetti progressisti di mezzo mondo, in particolar modo quelli italiani, stanno tentando di accreditare nell’opinione pubblica Kamala Harris come una cazzuta donna di colore venuta dal nulla e non, invece, come la figlia di due docenti immigrati ma comunque appartenenti alla pingue borghesia californiana
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Nel momento in cui il malmesso presidente Biden ha ufficialmente rinunciato a correre per un secondo mandato alla Casa Bianca, ha incoronato la vice presidente Kamala Harris, sua sostituta e reginetta della convention democratica che si terrà a Chicago dal 19 al 22 agosto, dove i delegati dovranno compiere unicamente il passaggio formale della sua nomina a candidata… meno male che la presidenza degli Stati Uniti non è proprio una monarchia dove il sovrano che sta per uscire di scena deve indicare il suo successore. Sta di fatto che, dopo cotanto presidenziale endorsement, i democratici hanno iniziato a coltivare qualche speranza in più di battere Trump.
Da parte nostra, nonostante il fatto che ha contro mezzo mondo, siamo convinti che il tycoon repubblicano sia imbattibile da parte di una signora che, già un anno dopo la nomina a vice presidente di Biden, in fatto di competenza aveva il gradimento di appena il 28% degli elettori americani. Come se non bastasse, la suddetta signora è odiata dal suo staff per il gran casino che combina ogni volta che mette mano ad un dossier e per le ingerenze nella vice presidenza della sorella Maya e del marito Tony West. Ma non è della mediocrità di Kamala Harris o delle sue camarille familiari che vorremmo parlare, bensì della falsa democraticità dei democratici americani e, di converso, della balla che Trump sia un pericolo per la democrazia americana.
Partiamo, allora, da alcuni interrogativi semplici, da uomo della strada: da quanto tempo i familiari, lo staff e i medici della Casa Bianca si erano accorti che il presidente in carica era affetto da demenza senile? Da quando fece una scoreggia “lunga e rumorosa” davanti alla regina Camilla d’Inghilterra? O quando si addormentò alla Cop26 sul clima di Glasgow? O ancora quando confuse la vice presidente Kamala Harris col suo diretto avversario Trump? Oppure quando chiese ad un senatore paraplegico di alzarsi dalla sedia a rotelle per ricevere degli applausi? O quando scambiò Teresa Mayo per Margaret Thatcher morta da anni? O quando a febbraio scorso ha detto di avere incontrato l’ex presidente francese Mitterand, morto trent’anni fa? O quando ha scambiato Zelensky per Putin? La verità, secondo noi, è che la famiglia e i suoi collaboratori sapevano da tempo che l’anziano presidente non era in grado di lavorare a nessun dossier. Ma, allora, chi ha guidato la più grande potenza militare ed economica del mondo in questi ultimi quattro anni?
A riguardo, ci viene in mente il capo dello staff della Casa Bianca, il finanziere Jeff Zients, un personaggio non eletto e che, tuttavia, è il più potente della combriccola perché ha in mano l’agenda di un presidente che non ci sta più con la testa.
E cosa dire del Segretario di Stato Antony Blinken (del cerchio magico dei Clinton – Obama): da quando si occupa della politica estera americana, v’è stata l’indecorosa fuga dall’Afghanistan, l’aumentata pressione della Cina comunista sulla democratica Taiwan, l’invasione russa dell’Ucraina, il riacutizzarsi della guerra nella striscia di Gaza tra Israele e l’organizzazione terroristica di Hamas e, al confine col Libano, tra Israele e Hezbollah. Nel potente gruppo che, a parer nostro, sta surrettiziamente esercitando le prerogative del presidente USA, includeremmo anche il Segretario alla Difesa Lloyd Austin e colei che ha in mano le chiavi della cassaforte, la segretaria al tesoroJanet Louise Yellen.
Probabilmente sarebbe durata fino a novembre la truffa dei burattinai della Casa Bianca e dei guru democratici come il citato duo Clinton – Obama, se non fosse stato per il fatto che, durante il primo degli inevitabili confronti televisivi con Trump, gli americani si sono resi conto delle reali condizioni di salute mentale del loro presidente in carica e candidato alla successione di se stesso: disastrose!
Sicché, quando il gigantic bluff è venuto fuori, ha indotto l’opinione pubblica, i finanziatori, gli elettori e perfino la castcrazia di Hollywood a far pressioni su Biden affinché si ritirasse dalla corsa per il secondo mandato. È indicativo della situazione da noi ipotizzata il fatto che, non tanto quel vanesio puttaniere di Bill Clinton, ma la volpe nera Barack Obama abbia tentato di far rimanere Biden in corsa per le presidenziali nonostante la sua evidente incapacità fisica: la situazione così com’era apriva immense praterie a un maneggione come lui e, nonostante le diverse smentite dell’interessata, alla moglie Michelle, l’unica che poteva realisticamente battere Trump pur se candidata all’ultimo momento. Poi anche lui ha dovuto fare di necessità virtù e a quel punto, rimasto solo, il re nudo ha dovuto obtorto collo designare quale sua sostituta alla convention democratica di agosto a Chicago l’incolore (?) Kamala, ed è bastato quest’imprimatur a far scendere in campo l’estrema risorsa dell’establishment americano e della sinistra globale in generale quando vogliono fottere gli elettori: la divinizzazione del personaggio di bandiera. Figurarsi che si sta tentando di spacciare la regina designata di Biden come una cazzuta donna di colore venuta dal nulla e non, invece, una benestante proveniente dall’alta borghesia californiana d’importazione: assisteremo a ben altre mistificazioni fino al prossimo mese di novembre!
Poiché abbiamo iniziato questo articolo con diversi interrogativi, riteniamo giusto conchiuderlo allo stesso modo: dovrebbe rassicurarci il fatto che una signora (probabilmente affetta dalla sindrome della risata spastica…) priva di background politico possa entrare alla Casa Bianca in sostituzione del semidemente Biden prima incatenato al suo posto dai maneggioni democrati e poi da essi scaricato? È questo che intendono per “democrazia” i cosiddetti demo-progressisti? È davvero Trump il pericolo per la democrazia americana e per il mondo libero?
Da questa parte dell’Atlantico la paura di Trump, secondo noi, è soltanto il tardivo sussulto della cattiva coscienza dei parassiti dell’Unione Europea e della Nato senza le quali non conteremmo niente come singoli Paesi e, tuttavia, non siamo ancora disposti a mettere mano al portafogli (come lui ci costringerebbe a fare se eletto) per contribuire sostanziosamente a finanziarle militarmente. Ma Trump è anche protezionismo, è anche forte contrasto alla Cina nell’Indopacifico, è anche la smitizzazione della follie green sulle quali si sta cercando di costruire un altro ordine economico che farà bene soltanto al BRICS, come dire a Paesi che sono da considerarsi tra i peggiori inquinatori del globo… altro che green. Ecco, dovesse entrare Kamala alla Casa Bianca le cose rimarrebbero esattamente come sono oggi, con somma gioia dei progressisti di mezzo mondo (ormai diventati fighettoni) che, dopo aver perso per strada il popolo lavoratore, per rimanere in vita, hanno bisogno di un portabandiera di riferimento. E Kamala è perfetta per assolvere tale compito: è ricchissima, è un magistrato schierato, non capisce un cazzo di politica ed è di colore.
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