Medioriente: parla un ex osservatore dell’ONU

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Secondo il Generale Mauro Arnò, già osservatore dell’Unifil in Libano, dal punto di vista dell’efficacia militare l’ONU non ha quasi mai collezionato risultati positivi a causa della farraginosità ed inefficienza della sua catena di comando militare e politica che risente delle decisioni ecumeniche adottate dal Consiglio di Sicurezza o dall’Assemblea Generale allo scopo di accontentare tutti

– Enzo Ciaraffa –

Credo sia noto a tutti ciò che sta succedendo nella tormentata area che, a spanne, possiamo collocare tra Israele, l’Iran, la Siria, la striscia di Gaza, lo Yemen e il Libano, ragion per cui salteremo i preliminari per venire subito al punto della questione assieme al nostro ospite, il Generale Mauro Arnò, un ex militare piuttosto informato su ciò che accade in quell’area. Ciò perché egli, nel grado di Colonnello, è stato responsabile dell’Ufficio Cooperazione Civile e Militare per conto dell’ONU con l’incarico di Capo Cellula della Brigata Multinazionale Sud Ovest del Comando Unifil nel periodo 2013-2014. Dunque, Generale, se sei d’accordo inizierei subito con la prima domanda, forse la più scontata: quali conseguenze immediate avrà, secondo te, l’ennesima, fallita prova muscolare dell’Iran che, per la seconda volta in cinque mesi ha lanciato nugoli di missili non proprio irresistibili su Israele.

La conseguenza immediata sarà un ulteriore innalzamento della tensione nell’area mediorientale e del conflitto in atto tra Israele e gli attori “non statuali”, oltre che un inasprimento del confronto diplomatico-militare con quella potenza regionale che è il principale elemento destabilizzante da decenni in quell’area, ovvero l’Iran.

L’Iran sarà anche un Paese destabilizzante ma non ti pare che abbia i piedi d’argilla perché, per quanti sforzi stiano facendo, gli ayatollah (sciiti) fino a oggi non sono riusciti a mobilitare la guerra santa dei popoli arabi contro Israele. Perché?

Ritengo che il secolare confronto/scontro tra islamici sunniti e sciiti, che si fronteggiano in maniera più feroce che tra islamici e cristiani, faccia sì che gli Stati dell’area sunnita guardino con silente interesse a un eventuale indebolimento dell’Iran in modo da potersi proporre, in caso di un suo ridimensionamento da parte d’Israele – che, non dimentichiamolo, ancora non ha effettuato alcuna azione di rappresaglia militare in risposta all’attacco missilistico del 1° ottobre – come guida politica e spirituale delle popolazioni musulmane nell’area mediorientale.

Come, per esempio, l’Arabia Saudita del “Patto di Abramo”: non è che Netanyahu sta facendo il lavoro sporco per gli USA, per gli Emirati Arabi (sunniti) e per lo stesso Libano dove convivono diciotto religioni con prevalenza di sunniti, drusi e diverse derivazioni del cristianesimo che in questo momento sono ostaggi della minoranza di Hezbollah?

No, non lo credo. Il premier israeliano agisce nell’interesse dello Stato ebraico affinché possa eliminare tutte le minacce di coloro che, persino nei loro atti costitutivi, hanno più volte dichiarato la volontà di cancellare Israele dalle carte geografiche. Questo non vuol dire che Netanyahu non agisca anche per un tornaconto politico suo e della coalizione al potere. Se poi il tornaconto dello Stato ebraico coincida anche con quello di alcuni altri attori in teatro, questo lo ritengo un effetto secondario, come è da considerarsi un effetto collaterale il fatto che, mentre parliamo, a Naqoura, un carro armato israeliano abbia centrato una torretta (vuota) di osservazione della missione Unifil.

Pare che a riguardo il ministro della difesa Crosetto abbia convocato l’ambasciatore israeliano. Ritornando a noi, se Israele dovesse riuscire a sconfiggere, o quantomeno a fortemente ridimensionare gli Huthi dello Yemen, Hamas e Hezbollah, non credi che una soluzione “Due popoli, due Stati” sarebbe realizzabile sulla scia di un riesumato Patto di Abramo?

L’auspicabile ipotesi, secondo me potrebbe essere possibile a patto che le “parti terze” che dovrebbero far da suggeritori e da garanti di questa desiderata soluzione tornino ad avere, gli Stati Uniti in primis, quella credibilità politica, militare e diplomatica che sembrano aver perduto da tempo, specie dopo il disastroso ritiro occidentale dall’Afghanistan del 2021.

A proposito di disincanto e d’idee chiare sulla guerra in Medioriente, trascurando il pensiero dei diversi leader della Sinistra italiana che le idee chiare non le hanno neppure sul proprio nome e cognome, sulla reale utilità dei militari dell’ONU-Unifil in Libano cogliamo una certa contraddizione tra il pensiero del ministro della Difesa Crosetto (“Ci sto pensando da sei mesi con l’ONU”) e quello del governo come si può capire da una nota di Palazzo Chigi dei giorni scorsi:  “…l’Italia invita il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a prendere in considerazione un rafforzamento del mandato della missione Unifil al fine di assicurare la sicurezza del confine tra Israele e Libano in attuazione delle vigenti risoluzioni dell’Onu”. Insomma, ce ne andiamo o restiamo in Libano? Rinforziamo Unifil o la sciogliamo?

Vedi, dal punto di vista dell’efficacia militare, bisogna dire che l’ONU non ha quasi mai collezionato risultati positivi a causa della farraginosità e inefficienza della sua catena di comando militare e politica che, purtroppo, risente delle decisioni “ecumeniche” adottate dal Consiglio di Sicurezza o dall’Assemblea Generale allo scopo di accontentare sempre tutti.

Spiegati meglio Comandante, a te le parole e i concetti non dovrebbero difettare stante gli impegni che così brillantemente assolvi anche in politica.

Voglio dire che fino a quando la gestione militare delle crisi non è stata demandata alla NATO (su mandato dell’ONU), le missioni si sono rivelate sempre un disastro… chi non ricorda Srebrenica?

La pace nel mondo è in buone mani non v’è che dire…

Già. Però, al di là delle convinzioni dei diversi partiti politici, ritengo che lo Stato italiano non possa, e non debba, assumere delle decisioni unilaterali che non farebbero altro che fargli perdere di credibilità sul piano internazionale, una credibilità che nei due anni del governo Meloni è oggettivamente aumentata. Piaccia o non piaccia ai suoi oppositori.

Per pregressi professionali io e te sappiamo bene che gli ayatollah, peraltro odiati dalla maggior parte dei loro connazionali, specialmente i giovani, non potrebbero vincere uno scontro militare diretto con Israele. Pertanto, se la rappresaglia militare israeliana (che potrebbe iniziare mentre io e te stiamo parlando…) avrà successo, non credi che ridimensionerà non poco la presa di Teheran sui terroristi yemeniti, palestinesi e libanesi. Gli ayatollah sono caduti come pere cotte nella trappola di Netanyahu?

Non lo escludo come effetto secondario però, dal momento che l’ennesimo casus belli, la recrudescenza delle endemiche ostilità in atto tra lo Stato d’Israele e le fazioni “extra statuali” sciite appoggiate dall’Iran, sono iniziate a seguito del proditorio attacco di Hamas il 7 ottobre dello scorso anno contro civili inermi che ha causato più di mille morti israeliani e la cattura di 250 ostaggi, o morti in cattività, o ancora nelle mani dei terroristi che intendono usarli come merce di scambio

Ma se non è stata una trappola di Netanyahu, converrai che di certo la malriuscita prova muscolare degli iraniani con i missili è stata una castroneria.

Direi che gli ayatollah abbiano commesso un enorme errore di valutazione delle conseguenze del pogrom del 7 ottobre 2023, da essi sicuramente incoraggiato e appoggiato, sottovalutando la pervicacia del chiacchierato Netanyahu e la sua capacità di reazione, così come quella dei servizi di intelligence e delle forze armate israeliane sicché ora le milizie sciite e la stessa Iran si trovano all’angolo.

Perché.

Perché hanno rilanciato senza avere buone carte in mano, ovvero senza possedere le capacità tattiche e strategiche per poter battere una potenza regionale nucleare come Israele. Peraltro, gli alleati che contano e gli stessi Paesi dell’Islam sunnita, al di là delle dichiarazioni di facciata volte a consigliare la de-escalation del conflitto, sono rimasti solidamente al fianco di Israele.

Oltre a delle ottime forze armate, Israele ha dimostrato di possedere anche la potente arma degli infiltrati nei dispositivi avversari dimostrandosi, così, in grado di colpire dove, quando e come vuole. Ciò posto, siamo sicuri che una loro rappresaglia (quella pesante però…) sotto il sedere degli ayatollah non sia stata già da tempo organizzata? Dai servizi segreti israeliani – nonostante la debacle del 7 ottobre – v’è da aspettarsi ogni sorpresa.

I servizi segreti israeliani, Mossad e Shin Bet rispettivamente deputati alla raccolta di informazioni, controspionaggio/spionaggio all’estero e sul territorio nazionale, sono da sempre delle ottime organizzazioni in grado di condurre azioni offensive e difensive in tutto il mondo. Possono contare su di un’efficace rete di agenti e reclutatori in grado di operare con estrema precisione e decisione ma, quello che più conta a mio avviso, è la volontà politica di utilizzarli in maniera efficace e spesso spregiudicata, facendone un’arma molto efficace per la difesa e la sopravvivenza stessa dello Stato ebraico.

Però che tragica svista per l’intelligence israeliana quella dello scorso 7 ottobre…

Certo, ma chiunque abbia esperienza di problematiche militari e d’intelligence sa bene che nessun servizio è perfetto e non sempre le operazioni pianificate si sviluppano secondo quanto programmato a tavolino.

“Programmato”?

Comprendo le perplessità tue e quelle di chi ci leggerà, ma ricordo che le variabili che possono influenzare la riuscita di un’operazione sul campo sono tante e spesso del tutto imprevedibili. A riguardo ricordo l’operazione segreta condotta dagli Stati Uniti il 24 aprile del 1980 e tesa a liberare i 52 ostaggi dell’ambasciata americana presi in ostaggio dagli iraniani. Ebbene, tale operazione fallì miseramente a causa di una banale tempesta di sabbia.

E quindi…

E quindi sono la qualità dell’addestramento, la motivazione e la capacità di improvvisazione degli operatori che possono assicurare il compimento di operazioni segrete. E gli operatori israeliani, nonostante qualche défaillance, sanno essere molto efficaci, come abbiamo visto con le recenti operazioni d’intelligence contro gli esponenti di spicco di Hamas e Hezbollah… fossi un ayatollah iraniano in questo momento non starei molto tranquillo.

E veniamo al Libano che tu conosci molto bene. Questo Paese che cinquant’anni fa era considerato la Svizzera del Medioriente fino a quando la guerra civile non lo ha ridotto a ciò che è oggi, cioè ostaggio di Hezbollah, potrà mai ritornare a essere moderno, tollerante e cosmopolita com’era un tempo?

Sono un inguaribile ottimista e, perciò, ritengo che, in una visione di lungo termine, la situazione nel Paese dei Cedri possa migliorare, ma soltanto quando si riuscirà a superare la divisione dei poteri statuali assegnati, secondo Costituzione, in base alla confessione religiosa delle percentuali di popolazione presenti sul territorio le quali, in un mondo globalizzato e soggetto a flussi migratori di enorme entità, possono variare in continuazione modificando, così, le percentuali e, di conseguenza, gli “appetiti” dei vari leaders che portano inevitabilmente a contrasti sanguinosi tra le varie etnie.

Come finirà questa ennesima guerra mediorientale secondo te. Se mai finirà.

Purtroppo, nel breve termine credo che, nonostante la superiorità militare israeliana, l’attuale crisi potrà terminare soltanto con una soluzione di compromesso, se si riuscirà a rimuovere o depotenziare le cause scatenanti dell’instabilità mediorientale, in primis l’asfissiante volontà di egemonia del regime degli ayatollah iraniani che fomentano e finanziano tutte le frange estremiste sciite a essi collegate.

Conclusione un po’ scontata, oserei dire perfino convenzionale, non ti sembra Generale?

Mica tanto scontata. Vedi, se la soluzione dei “Due popoli, due Stati”, sancita nella risoluzione ONU numero 187 del 29 novembre 1947 e mai accettata dalla maggior parte degli Stati arabi, diverrebbe motivo di negoziati e d’incontro tra i diversi Paesi dell’area (come peraltro stava già avvenendo con il succitato “Patto di Abramo”) beh, quello sì che sarebbe un avvenimento straordinario, una vera rivoluzione!

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