Inginocchiamento anti razzista? Inginocchiatevi voi che ne avete motivo!

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Nella Sinistra adesso va di moda l’inginocchiamento antirazzista, come se il razzismo si potesse combattere con metodi che non siano l’educazione, la tolleranza e la predisposizione culturale. Ebbene, abbiamo il terzo debito pubblico più alto al mondo, le tasse più esose d’Europa e servizi da Terzo Mondo, ragione per cui, se certi politici nostrani sono così smaniosi di mettersi in ginocchio per chiedere perdono a qualcuno, lo facciano per chiedere perdono agli italiani. E poi sparire

– Enzo Ciaraffa –

L’impatto con un asteroide, il disseccamento della terra, una pandemia globale mortale, o una guerra nucleare, per elencare soltanto alcune delle tante cause che potrebbero provocare l’estinzione del genere umano, gli uomini, però, non hanno mai preso in esame quella che, secondo me, sarà la causa più probabile della nostra scomparsa: la stupidità.

E senza girarci intorno, vengo subito al nocciolo della questione che è quella dell’inginocchiamento anti razzista. Premesso che io mi inginocchio soltanto alla Sapienza Divina, so che di solito le persone assumono tale postura quando vogliono chiedere perdono od impetrare una grazia dalle divinità nelle quali credono. Non capisco, perciò, perché un individuo, che non ha mai palesato pulsioni di razzista, dovrebbe inginocchiarsi per dimostrare di non esserlo, a maggior ragione laddove coloro che hanno l’inginocchiamento facile si stanno rivelando i peggiori intolleranti della storia, sempre pronti a scagliarsi contro chi non imita i loro insinceri rituali di affiliazione. Ma dove l’antirazzismo del ginocchio potrebbe davvero raggiungere vette d’inarrivabile stupidità, è il mondo dello sport.

Prima della partita Italia Galles dello scorso 20 giugno, i calciatori gallesi e una parte di quelli italiani si sono inginocchiati per imitare il simbolo del movimento anti razzista americano Black Lives Matter, nato dopo la morte dell’afroamericano George Floyd per mano di un poliziotto di Minneapolis il 25 maggio del 2020. Ebbene, l’arbitro non aveva neppure fatto in tempo a fischiare la fine di quella partita che la politica – che pure ne avrebbe di cose serie e irrimandabili delle quali occuparsi –  si è divisa tra inginocchisti e inpiedisti, e non parlo di oscuri politiconzoli ma di segretari dei maggiori partiti, come Enrico Letta del Pd.

Ho in grande disistima i fighettoni à la page con i calli sulle rotule invece che sulle mani, perché ritengo che l’antirazzismo vero debba essere una predisposizione intellettuale (e andrebbe insegnato fin dalla più tenera età) di ogni persona perbene e che, pertanto, non necessita di esibizionismo, bensì di comportamenti concreti, ma è nei confronti dei vertici sportivi e degli atleti che indugiano in certi conformistici atteggiamenti che io provo una schifata commiserazione per la loro ignavia. Possibile che nessuno tra essi abbia il coraggio di ribellarsi alla dittatura del politicamente corretto e dire, una volta per tutte, una verità che è sotto gli occhi di tutte le persone in buonafede: lo sport, per sua stessa natura, è anti razzista! Lo è, se vogliamo, anche per una questione di soldi, quelli degli sponsor che se ne impipano del colore della pelle o della religione degli atleti che foraggiano: essi vogliono i risultati punto e basta.

Sicché un atleta viene selezionato soltanto per le sue capacità, sennò oltre ad essere un’operazione finanziaria sbagliata, sarebbe razzismo al contrario, come nel caso di Laurel Hubbard, il sollevatore di pesi neozelandese che fino ad otto anni fa era un corpulento maschione e che, avendo deciso di cambiare sesso, alle olimpiadi di Tokio si ritroverà a gareggiare nella categoria donne. Quelle vere. Con quale risultato finale è facile prevedere: con la massa muscolare da maschio che si ritrova – anche se si professa donna –  le sbaraglierà tutte! Ma sicuramente non finisce qui, perché con la propensione che sta dimostrando il genere umano a correre verso il precipizio di un assurdo e paradossale (dis)ordine contro natura delle cose, ne vedremo presto delle belle.

Ovviamente, la classe politica, nata da partiti che di riffa o di raffa stanno mal governando il Paese da oltre settant’anni, ha tutto l’interesse a fomentare questa stucchevole querelle tra razzisti e antirazzisti dell’inginocchiamento, al solo scopo d’impedirci di riflettere su di alcune differenze: in un anno l’agente uccisore di George Floyd è stato processato e condannato da un tribunale americano, noi italiani, invece, per avere giustizia dobbiamo sottoporci a processi che, dal primo all’ultimo grado, durano anche otto anni. Se nel frattempo non si prescrive il procedimento. Abbiamo il terzo debito pubblico più alto al mondo, le tasse più esose d’Europa e servizi da Terzo Mondo, ragione per cui, se certi politici nostrani sono così smaniosi di mettersi in ginocchio per chiedere perdono a qualcuno, lo facciano per chiedere perdono agli italiani.

E poi magari sparire dalla circolazione. Non li rimpiangerà nessuno.

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