In politica i figli di famiglia più stupidi di Giovanni Giolitti?

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Per poter diventare appetibile, al Pd non basterà l’eventuale defenestrazione di Elly Schlein, se prima non si risolve il suo principale problema che è l’insussistenza di un messaggio politico chiaro, prodromo di un programma di governo del Paese da parte di leader che dimostrino di non essere degli scappati di casa

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Giovanni Giolitti, il pluri-presidente del Consiglio dei ministri del Regno d’Italia e vecchia zoccola d’impronta democristiana prima che vedesse la luce la Democrazia Cristiana, sosteneva che i ranghi degli ufficiali delle Regie forze armate fossero composti da «I figli di famiglia più stupidi, dei quali non si sa cosa fare». A riguardo, lo statista piemontese aveva come metro di paragone le famiglie della media e dell’alta borghesia del tempo, perché erano esse che fornivano la quasi totalità dei quadri ufficiali alle Forze armate. Oddio, su questo assunto ci sarebbe tanto da dire e molti distinguo da fare, ma ci ritorneremo su un’altra volta perché oggi non intendiamo occuparci di storia militare ma della classe politica al femminile che è discretamente presente in Parlamento (129 seggi su 400 alla Camera e 71 su 206 al Senato) e ottimamente rappresentata al vertice della piramide del potere politico e della sua opposizione. Infatti, il capo del governo di Centrodestra e segretaria di partito è una donna così come lo è la sua principale avversaria politica: la prima, Giorgia Meloni, è una popolana della Garbatella tirata su dalla madre, sola e indigente; la seconda, Elena Ethel Schlein detta Elly, è la rampolla di un’altolocata famiglia italo-svizzera-statunitense che paga trecento euro l’ora una signora soltanto per farsi dire come abbinare i colori dei vestiti che deve indossare quando va a recitare la parte della proletaria in piazza. Per il resto nella sua testa si agitano idee confuse, quando non addirittura paradossali, tant’è che in due anni di direzione del Partito Democratico non è riuscita a mettere insieme neppure uno straccio di programma politico da contrapporre al Centrodestra, né a costruire delle alleanze che non vadano in frantumi ogni volta che bisogna fare delle scelte importanti, come quella del riarmo europeo.

Sicché, mentre la compagine di Centrodestra, messa insieme e guidata dalla popolana della Garbatella, tiene botta e va avanti nonostante ne facciano parte il gattone post-democristiano di casa Berlusconi come il leader di Forza Italia, Antonio Tajani, e Matteo Salvini, frazionatore dell’Italia in quanto leghista, che però è anche sovranista, cioè centralista, l’alleanza delle sinistre scricchiola ogni giorno di più, grazie all’imbarazzante pochezza della segretaria del Pd che dovrebbe trainarla. Siccome i cosiddetti progressisti, in Italia e all’estero, sono quelli che negano i loro problemi fino a quando non ne vengono  travolti (ricordate quel povero rincoglionito di Biden che veniva dato per lucido e pimpante dal suo partito fino a qualche ora prima che fosse messo in angolo, perché affetto da demenza senile?), nel Pd soltanto adesso, che forse è troppo tardi,  si comincia a prendere atto che, per avere qualche tenue chance di vittoria contro il Centrodestra, bisogna cacciare l’incomprensibile segretaria affinché vada a fare il mestiere per il quale è particolarmente versata: quello di  capa di un centro sociale. Ed ecco che, con passo felpato, iniziano a farsi avanti in parecchi, in particlare l’europarlamentare e vice presidente del Parlamento Europeo Pina Picierno che, avvertendone la contingente fragilità politica, inizia a prendere le distanze dalla segretaria del suo partito. Il primo distinguo è avvenuto all’Eurocamera dove, nonostante i disposti pilateschi della segretaria, ha votato a favore della risoluzione che accoglie il riarmo dell’Ue assieme ad altri nove europarlamentari del PD che elenchiamo di seguito e che, forse, la seguiranno nella fronda alla segretaria italo-svizzera-americana e in un eventuale congresso per farla fuori: Stefano Bonaccini, Antonio Decaro, Giorgio Gori, Elisabetta Gualmini, Giuseppe Lupo, Pierfrancesco Maran, Alessandra Moretti, Irene Tinagli, Raffaele Topo.

E in ogni caso pensiamo che proprio da questo gruppo verrà fuori la sostituta o il sostituto di Elly Schlein alla guida del Pd, se nel frattempo la segretaria non avrà attivato il Politburo per metterli in minoranza. Ma il problema a sinistra, come nel Centrodestra se non ci fosse a guidarlo l’ex ragazza della Garbatella, non è il genere sessuale o l’ascendenza familiare, ma la formazione politica o, a voler fare i fighi, il cursus honorum. Che cosa hanno fatto di preciso nella loro vita le donne che siedono in Parlamento? Hanno mai frequentato la sezione di un partito almeno la decima parte delle volte che sono andate dall’estetista? Hanno mai incontrato quel popolo del quale si dicono paladine? Si sono mai fatte un giro a piedi nelle periferie fatiscenti, fuori le poche fabbriche che ancora restano in piedi, nei supermercati e nelle città in mano ai delinquenti venuti dall’estero e accolti in nome di una ipocrita solidarietà? Insomma, oltre a conoscere con precisione tutte le voci del loro statino-stipendio, le signore (…e i signori ovviamente) che cosa sanno di politica?  Poco o niente, perché l’unica ad avere un curriculum di grande rilievo a riguaro si chiama Giorgia Meloni, che ha iniziato a sporcarsi le mani non nei salotti radical-chic ma nel settore giovanile di una sezione periferica del Movimento Sociale Italiano, quando era poco più che adolescente. Oltre al fatto che ha co-fondato un partito e l’ha saputo portare dal 2% al 26% in dieci anni, mentre i leader di altri partiti (anche di Centrodestra) dilapidavano consensi elettorali a dir poco stratosferici e non hanno avuto neppure la decenza di chiedere scusa ai loro elettori e sparire dalla scena politica.

Ma a un problema culturale la Sinistra ha abbinato anche un tradimento sociale, un cambio di pelle, se si pensa che oggi difende la causa dei padroni, delle élite e non quella degli operai: d’altronde, come potrebbe scendere in piazza contro i padroni del vapore rampanti e traditori del loro Paese (tipo gli Agnelli), se poi sono i loro giornali a sostenerla e a dettarle perfino la linea politica? Ecco perché, secondo noi, non basterà neppure l’eventuale sostituzione di Elly con la Pina (…chissà perché a sinistra vanno di moda i vezzeggiativi) a salvare il Pd dall’implosione, dal momento che il suo problema è nell’incapacità generazionale di elaborare un moderno messaggio politico e l’abbozzo di un credibile programma di governo del Paese, da parte di leader che dimostrino di non essere ostaggi delle frange estremiste e dei centri sociali, che neppure ce l’hanno un’idea di Paese. L’altro problema è stato l’emarginazione dei moderati del Pd che, anche se non se ne sono accorti, rappresentano quegli italiani della Sinistra moderata che, almeno per adesso, non sono andati a votare e ai quali non dispiacerebbe identificarsi in un’opposizione di stampo socialdemocratico, che non sia soltanto opponente ma anche proponente.

Ma questa palingenesi professionale dei politici della Sinistra, signore comprese, e non soltanto di sinistra, probabilmente non avverrà mai perché – e ritorniamo a Giolitti – essi sì che sono «I figli di famiglia più stupidi, dei quali non si sa cosa fare». Essi non lo sanno, ma contano meno che zero nella storia presente e futura dell’Italia e dell’Europa, come non lo sanno i partiti di appartenenza che, quando proprio non sanno dove cazzo piazzarli, li mandano al Parlamento Europeo dove, beninteso, restano stupidi, ma così stupidi da votare perfino contro il loro Paese. Eppure, su di una scala di valori della stupidità da 1 a 10 essi si collocano soltanto al penultimo posto. E al top chi c’è? Ma noi che continuiamo a eleggerli, ovviamente.

P.S. Complimenti! Almeno in politica la parità di genere è stata raggiunta perché, salvo le percentuali di rappresentanza, la stupidità si può tagliare come un pezzo di burro: metà è donna, metà è uomo. Come dire, che per ogni Emanuele Pozzolo sparator cortese della sera di Capodanno, dalla parte opposta v’è un’Elisabetta Piccolotti Tesla-pentita; per ogni Soumahoro (sinistra estrema) paladino del diritto all’eleganza con i soldi delle cooperative di accoglienza, dall’altra parte v’è una Santanchè con la fissa per le borse griffate.

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