Impiego dei militari nelle città: prima regola non disperdere le forze

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Così come sono stati impiegati dalle Prefetture i militari dell’Esercito nelle città, ovvero statici e diluiti, è quanto di più antimilitare possa esistere, perché nessun comandante di media caratura disperderebbe le proprie forze invece di concentrarle contro obiettivi di volta in volta individuati su di un teatro limitato

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Abbiamo appreso dell’accresciuto impiego dei militari in servizio di ordine pubblico dal sito del ministero degli Interni dello scorso 19 gennaio; queste le riportate parole del ministro Piantedosi: «Il significativo incremento della aliquota di militari assegnati sul territorio nazionale è il segnale concreto dell’attenzione che il Governo sta rivolgendo alle richieste di maggiore vigilanza e prevenzione nelle nostre città, l’impegno dell’Esecutivo, sin dal suo insediamento, per incrementare le assunzioni nelle forze di Polizia, che sta consentendo una significativa inversione di tendenza rispetto all’aggravamento delle carenze in organico registrato negli anni precedenti». Piantedosi si riferiva ai 6.800 militari di “Strade sicure” che quest’anno saranno ancora chiamati a concorrere con le diverse forze di Polizia alla tutela della sicurezza nelle principali città: soltanto a Milano ne sarebbero previsti 801, con un incremento di 150 unità rispetto allo scorso anno.

Ebbene, per quanto da tempo preoccupati per la disumanizzazione e l’invivibilità delle nostre città, mentiremmo se dicessimo di essere sollevati nell’apprendere che per assicurare un minimo di convivenza civile ai nostri connazionali, oltre ai già presenti 112.000 carabinieri, 98.000 poliziotti e 64.000 militari della Guardia di Finanza in tutta l’Italia, senza contare le Polizie locali, occorre dispiegare sul terreno anche l’equivalente di una brigata di fanteria dell’Esercito. Oddio, bisogna dire che qualche cosina sta lentamente cambiando nel concetto di gestione dell’ordine pubblico in generale perché, per esempio, sui treni s’incontrano spesso pattuglie di poliziotti o carabinieri che – cosa inimmaginabile sotto i governi della Sinistra – fanno, a scandaglio, le identificazioni preventive previste dalla legge.

Ma è sul territorio urbano che la delinquenza continua a fare ciò che vuole nonostante la presenza fisica dei militari, perché essi, come tutti gli operatori della sicurezza, sono costretti a operare come se avessero un braccio legato dietro la schiena.

Ci spieghiamo meglio con un esempio. Avrete notato che i militari impiegati nelle città, oltre all’armamento individuale, portano anche il manganello appeso al cinturone. Ebbene, se all’occorrenza ne facessero dovizioso uso per indurre a più miti consigli un delinquente facinoroso che si ribelli a controlli e regole, specialmente se di colore, i primi a scagliarsi contro di loro, evocando improponibili paralleli col passato, sarebbero i sindaci e gli assessori (di Sinistra) delle città sulle quali essi sono chiamati a vigilare, come, peraltro, hanno già fatto in passato vari sindaci ed assessori come Giuliano Pisapia, Beppe Sala e Pierfrancesco Majorino, in buona compagnia dei centri sociali e della Sinistra cosiddetta antagonista.

Ecco perché, secondo noi, l’efficacia dei militari dell’Esercito comandati per accrescere la sicurezza nelle città non è nel numero ma nelle regole d’ingaggio che devono essere rivisitate, perché sarebbe inutile impiegare la crema dei professionisti della forza, i parà della Folgore oppure i marò della Brigata San Marco per esempio, se poi li costringiamo a operare come i vigilantes dei supermercati.

Ma bisogna anche soffermarsi su di un concetto che definiremmo tattico: così come sono stati impiegati fino a oggi i militari dalle Prefetture, cioè diluiti sul territorio, è quanto di più antimilitare possa esistere, perché nessun comandante di media caratura farebbe il gioco del “nemico”, disperdendo le proprie forze invece di concentrarle contro obiettivi di volta in volta individuati su di un teatro circoscritto, come ad esempio la stazione centrale, Piazza Duomo e i Navigli. D’altronde, è illusorio, è un’operazione di puro marketing politico pensare di ripristinare un’accettabile legalità in una metropoli di un milione e trecentocinquantamila abitanti come Milano con 800 militari pressoché inani peraltro: non sarebbe più efficace concentrarvi, per due o tre mesi e con regole d’ingaggio più pervasive, sempre nel rispetto della Costituzione, i 6.800 uomini e donne attualmente diluiti nelle principali città italiane? Magari dopo mesi di “bonifica” la stessa cosa si potrebbe fare a Napoli, a Palermo, a Bari, a Firenze, e via dicendo.

Certo che si potrebbe fare, anzi si è già fatto nel famigerato Parco Verde di Caivano, ma questo presupporrebbe che, anche stavolta, alle spalle dei militari vi fosse un governo coraggioso; aiuterebbe molto anche un’opposizione responsabile e sindaci consapevoli del fatto che, quale che sia il colore politico della casacca, il loro primario dovere è quello di trattare e risolvere i problemi della città che governano. E il primo problema in assoluto è quello della sicurezza dei cittadini che ormai vivono in stato d’assedio.

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