Quando si parla della noia di vivere dei giovani dovrebbero sentirsi chiamati in causa imprenditori tangentieri, banchieri strozzini, politici corrotti, direttori di giornali asserviti ai partiti invece che alla verità, giornalisti di reti televisive militarizzate, i denigratori dell’Unità italiana come valore fondante e docenti universitari inamovibili, tutti accumunati dall’adorazione per il dio denaro, mica per i valori democratici. Per questi signori, infatti, la democrazia è un alibi, non un obiettivo
– Enzo Ciaraffa –
Non capisco perché la giornalista Michela Murgia abbia in uggia gli uomini e le donne in divisa, invece di levarsi tanto di cappello per il loro spirito di servizio che – stante le castranti regole d’ingaggio con le quali sono costretti ad operare – ha qualcosa del missionario. Del resto le forze di tutela dell’ordine sociale non potrebbero avere la meglio contro nemici multi facce come può esserlo un mafioso, un terrorista, un delinquente ordinario, o perfino quei giovani che sbrigativamente siamo soliti definire “annoiati”. Sì, perché, oltre al problema di un’immigrazione “costruita” e pessimamente gestita, la Polizia, i Carabinieri e la Guardia di Finanza si ritrovano quotidianamente a dover fronteggiare i segmenti di quell’orripilante tenia che sta divorando la nostra società dall’interno: l’aspirazione al nulla assoluto o nichilismo.
Sicché, stante la storica pochezza della nostra classe dirigente, l’insussistenza di una classe politica che ha fatto diventare titolo di merito l’impreparazione e la latitanza delle istituzioni, gli uomini e le donne in divisa possono contare soltanto sul loro coraggio ed il buonsenso di padri e madri di famiglia. Dall’altra parte della strada, invece, in veste di spettatori o di fan entusiasti, o talvolta di narratori in malafede, troviamo famiglie che hanno abdicato al loro ruolo educativo, una scuola senza rotta ormai da anni, la politica incentrata sui sondaggi quotidiani, i sindacati che non sindacano più e quelle istituzioni dello Stato che s’intralciano a vicenda per complicare la vita dei cittadini. È di queste ore la “ribellione” del presidente della Regione Campania alle direttive sui vaccini del ministro della salute al quale, in verità, non farei somministrare neppure un cucchiaino di vermicida al cagnetto di casa.
È questa la realtà che si vuole nascondere quando si parla delle intemperanze di giovani classificati disadattati (un termine che non significa niente quando estrapolato da un giusto contesto) e con una propensione alla violenza gratuita che, quando non è fisica, è verbale, e se non ferisce il corpo, segna l’animo della persona offesa che quasi sempre è un deprivato, un anello debole della catena sociale oppure è una donna.
La verità, peraltro, anche quando viene penetrata da qualche giornalista coraggioso, lascia in ombra un aspetto del problema, e cioè che in Italia quelli che inclinano verso comportamenti violenti sono giovani che non credono più si possa staccare pacificamente la spina alla “dittatura del sistema” che li sta stritolando. E quando si parla di questa particolare forma di dittatura dovrebbero sentirsi chiamati in causa imprenditori tangentieri, banchieri strozzini, politici corrotti, direttori di giornali asserviti ai partiti invece che alla verità, giornalisti di reti televisive militarizzate, i denigratori dell’Unità italiana come valore fondante, baroni universitari inamovibili per la debolezza della politica, tutti accumunati dall’adorazione per il dio denaro, mica per i valori democratici: per questa genia la democrazia è un alibi, non un obiettivo!
Ed è questa la ragione per la quale durante le loro dure proteste, a volte apparentemente senza una ragione scatenante, i giovani prendono di mira i templi del denaro, ovvero le banche, e in questo convincimento abbiamo dalla nostra parte un avallo che di più prestigioso non poteva esservi: quello di Mario Draghi. Infatti, durante la violenta manifestazione romana (settanta feriti) dei giovani indignatos contro le banche, il 15 ottobre del 2011, l’allora governatore della Banca d’Italia dichiarò in un consesso internazionale che «… hanno ragione i giovani a prendersela con la finanza come capro espiatorio”. Surreale! Mentre la dittatura del sistema finanziario si consolidava, lui dov’era? Non era la Banca d’Italia a dover vigilare sull’operato di banche e banchieri che, in malafede, avevano appena mandato in fumo i risparmi di migliaia d’italiani?
È impopolare esprimere certi convincimenti in questi tempi che al governo c’è proprio lui, san Mario Draghi, dopo essere transitato per la BCE, eppure non si può fare a meno di pensare che i veri violenti in Italia non sono tanto quei giovani ormai ostaggi del sistema e che non sanno come affrancarsene, quanto chi ha massacrato in loro gli ideali, la fede nella giustizia, la speranza di poter realizzare i sogni, l’entusiasmo creativo e la fiducia nel futuro.
Purtroppo, la nostra classe politica – oltre alla credibilità – ha perso anche la capacità, se mai l’ha posseduta, di saper interpretare almeno il presente. E il futuro? Beh, quello rimane appeso ai verbi volti ad un messianico futuro e mai al passato o al presente: faremo, diremo, provvederemo.
Ma, per rendersi conto che i giovani facinorosi dei sabati sera post lockdown sono l’effetto, e non la causa, del disastro sociale in atto, i politici dovrebbero soltanto trovare il tempo di andarsi a riguardare la radiografia che dei partiti aveva fatto, già oltre mezzo secolo fa, un grande scrittore e giornalista, Mario Missiroli: «È un fatto. I partiti fanno finta di non vedere, di non sentire, ma è fuori discussione che da qualche tempo si va sempre più diffondendo nel Paese un senso di vivissima avversione nei confronti di quella partitocrazia alla quale si fanno risalire tutti i malanni che ci affliggono. Si tratta di un fenomeno grave, perché tale avversione, pienamente giustificata dalla realtà, da quanto accadde sotto i nostri occhi, può risolversi nel discredito della stessa democrazia e coinvolgere, in una sommaria condanna, le idee, i metodi, i principi stessi di quella legittimità all’infuori della quale nessun governo può reggersi».
Neppure quello di Mario Draghi, nonostante il vantaggio di muoversi, oggi, in una sorta di aurora boreale del consenso traversale.
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