Il 4 novembre, non ci dimenticate…

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Per ricordare i nostri morti nella Grande Guerra, negli anni successivi al 1918, abbiamo cominciato a celebrare la giornata della vittoria dell’Italia il 4 novembre, attribuendole diversi nomi e con variegate iniziative, come quella delle porte aperte delle Caserme, visite a bordo delle navi militari all’ancora nei porti e degli aeroporti, fino all’attuale, asettica e pudica Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate

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A Villa Giusti di Padova, alle ore 15,20 del 3 novembre 1918, tra i rappresentanti militari di Austria-Ungheria e dell’Italia fu firmato l’armistizio che pose fine alla Grande Guerra sul fronte italiano, anche se il “cessate il fuoco” sul terreno sarebbe entrato in vigore soltanto alle ore 15,00 del giorno successivo. Infatti, il generalissimo Armando Diaz emise il famoso Bollettino della Vittoria soltanto il 4 novembre, cioè ventiquattrore dopo la firma dell’armistizio, per consentire a unità e reparti italiani di occupare quanto più territori fosse possibile prima di arrestarsi per i sottoscritti vincoli armistiziali.   

Per ricordare i nostri morti, negli anni successivi alla Grande Guerra abbiamo celebrato la data del 4 novembre attribuendole diversi nomi e con variegate iniziative, come quella delle porte aperte di caserme, di visite a bordo di navi all’ancora nei porti e di aeroporti, fino all’attuale, asettica e pudica Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate. Ciò perché chiamarla anche Giornata della Vittoria com’era all’inizio disturbava quella Sinistra pacifinta che, dal 1945, è solita solidarizzare con i terroristi, ma guai a farlo con i soldati del proprio Paese. A costoro una salutare lezione di onestà intellettuale e di pragmatismo storico è venuta da una figura che neanche sotto tortura si potrebbe definire militarista: il papa. Il capo della cristianità, infatti, ha voluto celebrare il giorno dei morti nel cimitero militare di Roma – Testaccio dove sono seppelliti i soldati del Commonwealth caduti nella II Guerra Mondiale per liberare il nostro Paese dal nazifascismo.

Per carità, noi siamo ancora meno militaristi del papa se è possibile, ma v’è una realtà oggettiva che non possiamo, non dobbiamo e non vogliamo stravolgere: sul nostro fronte la I Guerra Mondiale fu vinta dai soldati italiani, quelli vivi, e i circa 700.000 che non fecero più ritorno a casa. È ad essi, non alla guerra, che con filiale rispetto, con sincera riconoscenza e intatta commozione, dedichiamo il nostro ricordo nella Giornata della Vittoria del 4 novembre. Voi chiamatela come vi pare, purché abbiate la decenza di portare un fiore sul monumento ai caduti della vostra città, magari accompagnati dai figli come sperava Giacomo Leopardi nella poesia All’Italia: «…e qua mostrando/Verran le madri ai pargoli le belle/Orme del vostro sangue».

Che Dio vi benedica, morti nostri, finché rimarrà anche un solo italiano in questo Paese voi non sarete dimenticati.

(Il blog ringrazia Donato Tesauro per aver consentito l’inserimento nella copertina dell’immagine del suo quadro “Il soldato morente”)

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