I servizi d’intelligence che non hanno funzionato

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Dopo l’attentato a Teheran dello 007 iraniano Mohammed Akiki, l’Iran ha fatto sapere agli israeliani che Hamas rilascerà tutti gli ostaggi catturati lo scorso 7 ottobre se essi porranno fine ai loro raid sulla striscia di Gaza: dalla minaccia di entrare in guerra contro gli israeliani al tentativo di blandirli con la restituzione degli ostaggi. Questo in meno di quarantott’ore da un attentato a Teheran e nel momento in cui un terrorista islamista semina morte a Bruxelles sotto gli occhi dei servizi segreti non proprio irresistibili di quel Paese
– Enzo Ciaraffa –

L’articolo dello scorso 13 ottobre lo titolammo così: “Se l’Occidente vuole sopravvivere deve tirare fuori gli attributi” e, a quanto pare, il titolo era azzeccato visto quanto accaduto ieri sera nel pieno centro di Bruxelles. Ma procediamo per gradi.

All’indomani della bestiale strage perpetrata dai terroristi di Hamas nei kibbutz israeliani di Sderot, Kfar Azza, Be’Eri e Nir Oz, sono stati in molti in Israele e nel mondo a fare, in buona sostanza, la nostra stessa valutazione, e cioè che i collaudati sistemi di allarme e di difesa israeliani, così come pure i servizi di intelligence, quali il Mossad e lo Shin Bet, avevano fatto totale fetecchia. E sì, perché pensammo a com’era stato possibile che, ai confini più sorvegliati al mondo, una torma di ragazzotti a piedi, sulle moto e addirittura sui deltaplani fosse riuscita a seminare morte e distruzione nel giro di poche ore, con una barriera di sicurezza ad altissima tecnologia lungo i 64 chilometri della Striscia di Gaza, con radar e sensori per rilevare anche il passaggio di una mosca.

Eppure i terroristi di Hamas lo scorso 7 ottobre non è che si siano serviti di una grande innovazione tecnologica nell’attacco contro Israele: alcuni bulldozer da cantiere stradale per sfondare la rete di confine, dei pick-up, alcune moto, i soliti kalashnikov e qualche lanciarazzi RPG-7 risalente addirittura alla Russia sovietica, come dire il loro abituale armamentario di morte. Niente di eccezionale dunque, e se proprio vogliamo assegnarli a una categoria militare possiamo dire che i terroristi erano, grosso modo, armati come la fanteria leggera. A nostro modo di vedere, però, è stata proprio questa modestia in armi e mezzi il loro punto di forza, quello che ha spiazzato le super difese israeliane e, per qauesta ragione, forse fummo troppo frettolosi nel nostro giudizio totalmente negativo di alcuni giorni fa. Ma, per spiegare al meglio il perché dell’attenuarsi delle nostre critiche sui servizi israeliani, ricorreremo al ricordo di quattro accadimenti che potrebbero spiegare la loro défaillance.

Primo accadimento. I quattro attacchi suicidi dell’11 settembre del 2001, compiuti con aerei di linea da un gruppo di terroristi affiliati ad Al Qaida contro i due grattacieli del World Trade Center, del Pentagono e quello non riuscito contro la Casa Bianca, dovettero essere organizzati per forza “dall’interno” degli Stati Uniti perché, se fossero arrivati dall’esterno, sarebbe stato impossibile per loro non essere intercettati e abbattuti. Infatti, fin dalla metà degli anni Ottanta del secolo scorso, gli Usa hanno perfezionato un sistema di difesa da attacchi provenienti dall’aria, il cosiddetto scudo spaziale o Sdi – Strategic Defense Initiative, capace d’intercettare e distruggere in volo qualsiasi vettore non identificato proveniente dall’esterno. Ma qual era il punto debole di questo sistema così sofisticato, da guerre stellari come pure fu definito? Il fatto che non prevedeva un attacco aereo dall’interno come quello organizzato da Al Qaida.

Secondo accadimento. Il 14 dicembre del 2008 l’allora presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, assieme al primo ministro iracheno Nuri al-Maliki, tenne una conferenza stampa a Bagdad, la capitale di una nazione conquistata da cinque anni. Non si può pensare che, prima dell’arrivo del presidente in un Paese islamico, dove gli attentati erano all’ordine del giorno, lo United States Secret Service e i servizi d’intelligence militari non avessero fatto una minuziosa “bonifica” preventiva e non avessero accuratamente selezionato la lista dei giornalisti da invitare alla conferenza del presidente. Eppure un “attentato” ci scappò ugualmente perché, tra i giornalisti bonificati, c’era anche l’iracheno Muntazar al-Zaydi che doveva avercela a morte col presidente americano perché, a un certo punto, gli tirò addosso le sue scarpe profferendo improperi di ogni sorta. Come dire che i super servizi avevano pensato a tutto, a bombe, aerei-kamikaze, a pistole, a coltelli e addirittura a dei veleni, ma non a un gesto risalente addirittura alla Bibbia: il lancio dei calzari addosso a una persona che si disprezza profondamente.

Terzo accadimento. Nel 2003, un carretto iracheno, trainato da un asinello spelacchiato, circolava per i vicoli di Bagdad portando un mortaio nascosto sotto la paglia. Ebbene, il padrone del piccolo ciuco, ogni giorno, dopo aver spedito tre – quattro bombe sui compound della coalizione occidentale, nascondeva di nuovo il tubo di lancio e la sua piastra sotto la paglia, per poi rifugiarsi nella stalla prima di poter essere individuato. Il che, stante il suo impensabile modus operandi, richiese un certo tempo per l’individuazione del ciuco armato.

Quarto accadimento. Quando, dopo l’attentato dell’11 settembre, le compagnie aeree ampliarono il numero degli oggetti e dei prodotti che non si potevano più portare sugli aerei, tra i quali alcuni liquidi e prodotti farmacologici, molti viaggiatori ritennero esagerati tali divieti. E, invece, secondo noi, non lo furono abbastanza, e il perché ve lo spieghiamo subito. Prendiamo tre insospettabili passeggeri che si presentano al controllo bagagli di un qualsiasi aeroporto civile e mettiamo che il primo di essi porti nel borsello una confezione farmaceutica di compresse contenenti nitrato di potassio, utilizzato solitamente sciolto in acqua per le irrigazioni intime. Mettiamo anche che il secondo passeggero, invece, porti delle compresse di carbone vegetale prescritte dal medico per assorbire l’aria nella pancia, e mettiamo che anche il terzo passeggero porti al seguito delle compresse di zolfo farmaceutico da sciogliersi in acqua per poter trattare alcune malattie della pelle. Ebbene, voi non ci crederete, ma se quegli insospettabili, ipotetici passeggeri si fossero messi d’accordo prima di salire a bordo, sarebbe bastato loro andare nella toilette dell’aereo a turno, miscelare quelle medicine, e in pochi minuti sarebbe stato pronto un esplosivo blando, ma pur sempre pericolosissimo in un ambiente pressurizzato: la polvere pirica. Una evenienza che nessun sofisticato sensore o scanner dei tanti, efficientissimi e super vigilati aeroporti avrebbe potuto evitare se non proibendo la salita a bordo di tali prodotti.

Sicché, al di là delle ragioni contingenti e le difficoltà politiche del governo Netanyahu, forse la sottovalutazione dell’attacco di Hamas da parte dei servizi d’Israele è stata dovuta a presunzione più che a incompetenza, alla presunzione di aver messo in piedi un sistema di difesa e di allarma da guerre stellari. E così, mentre i loro occhi erano incollati sui monitor di ultima generazione, i terroristi hanno semplicemente sfondato la rete di confine con dei bulldozer raccattati in qualche cantiere e sono entrati a seminare strage. Insomma, per come la vediamo noi, è stata la presunzione dei servizi a far cogliere di sorpresa le difese israeliane dall’attacco di un branco di primitivi combattenti modestamente armati.

Ma il nostro giudizio sui servizi israeliani si è attenuato anche perché, in questi giorni, abbiamo potuto rilevare che essi possono anche sbagliare alcune valutazioni, ma hanno conservato la capacità di colpire rapidamente i nemici d’Israele ovunque si trovino. Infatti, otto giorni dopo l’attacco terroristico di Hamas, che è appoggiata dal regime altrettanto sanguinario dell’Iran, essi sono stati in grado di colpire (nella capitale iraniana!), Mohammed Akiki, un alto Ufficiale dell’intelligence degli ayatollah.

Possiamo anche sbagliare, ma siamo convinti che l’attentato sia stato un avvertimento che Israele ha lanciato al governo iraniano: se l’Iran interverrà direttamente nella crisi di Gaza, come aveva minacciato di voler fare, potrebbe fare pezzi anche il suo programma nucleare, come fece con l’’Iraq nel 1981. Fantapolitica la nostra? Può darsi, sta di fatto che il governo iraniano, tramite il portavoce del ministero degli esteri, Nasser Kanaani, ha fatto sapere agli israeliani (e agli americani…) che Hamas rilascerà gli ostaggi se verranno fermati i raid sulla striscia di Gaza… dalla minaccia di fare un culo così agli israeliani al tentativo di blandirli in meno di quarantott’ore dall’attentato ad Akiki, con la restituzione degli ostaggi! 

Hanno rilanciato i terroristi di Hamas con alcuni ostaggi che hanno esibito in video a uso e consumo dell’opinione pubblica iraniana e occidentale. Crediamo che a questo repentino cambio di rotta degli iraniani (che a casa loro sono odiatissimi dai giovani) abbiano contribuito la Quinta Flotta americana nel Golfo Persico e la portaerei Uss Gerald R. Ford con tutto il gruppo d’attacco d’avanti a Israele.

La situazione pareva avviarsi verso un certo “bilanciamento” nel nostro immaginario di gente pacifica quando ieri sera, nel pieno centro di Bruxelles e con estrema facilità, il solito fanatico col kalashnikov, al grido di “Allah akbar” ha ucciso come cani due tifosi svedesi. Anche se per forza di cose essa esula un po’ dall’argomento iniziale sui servizi israeliani, la domanda che a questo punto dobbiamo farci è: la remissiva, l’accogliente, la tollerante, l’inclusiva Europa – madre e anche figlia di un Occidente impastoiato da sé stesso – senza tirar fuori gli attributi riuscirà a sopravvivere a gente che vorrebbe riportarla all’ottavo secolo dopo Cristo?  A caldo la nostra risposta è NO!

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