I pescatori sono salvi ma il governo no

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La liberazione dei pescatori siciliani dalle carceri di Haftar, nonostante l’abile regia e il perfetto tempismo ad una settimana da Natale, non alza di molto le possibilità di Giuseppe Conte di rimanere in sella e quant’anche vi riuscisse con un anomalo rimpasto grazie al letargo del Quirinale, visto che non v’è stata una dichiarata crisi di governo, è chiaro che ormai  il premier  ha i giorni contati
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Dopo oltre tre mesi di prigionia in Libia, prigionieri del Generale ribelle Khalifa Haftar dal 1° settembre per futili motivi riferiti alle acque territoriali, i 18 pescatori di Mazara del Vallo sono stati liberati giusto una settimana prima di Natale, una roba da libro “Cuore”. Comunque sia, siamo oltremodo contenti che i nostri compatrioti possano finalmente ritornare alle loro famiglie.

Al momento non sappiamo quale possa essere stata la contropartita che Conte e Di Maio hanno dovuto concedere al carceriere in cambio dei prigionieri liberati, ma interrogarsi sull’improvvisa cedevolezza di Haftar è legittimo stante che, fino ad oggi, questi non aveva proprio digerito il fatto che l’Italia ha riconosciuto quale governo legittimo della Libia quello del suo rivale Fayez al-Serrai.

Ma il gallonato carceriere cirenaico aveva il dente avvelenato con il nostro Paese fin dallo scorso mese di gennaio quando, nell’ambito del tentativo di arrivare ad un cessate il fuoco tra lui ed il governo di Tripoli, il nostro premier e l’impavido ministro degli esteri avevano unilateralmente invitato i due contendenti a Roma, senza richiedere il preventivo assenso di entrambi come si usa fare in diplomazia quando bisogna mettere intorno ad un tavolo due nemici.

La figura – come spesso capita a questo governo – non poteva essere che di mer… ., perché il capo del governo libico legittimo, Fayez al-Serrai, diede una lezione di protocollo e di dignità al nostro duo – sciagura rifiutandosi di partecipare al trilaterale, perché non ne era stato preventivamente informato e, soprattutto, perché «Non ci possono essere dialoghi o incontri con il criminale di guerra Haftar».

Da quel momento, dopo la débâcle diplomatica che era riuscita ad inimicarsi tutte le parti in causa, un esercizio questo nel quale siamo maestri come ricorda l’8 settembre del 1943, il nostro governo adottò un atteggiamento politico che fece incazzare ancor di più il Generale ribelle della Cirenaica: dopo averne improvvidamente fatto un interlocutore politico, lo ignorò pressoché totalmente, accrescendone così la frustrazione e l’isolamento internazionale. Non è esagerato, perciò, sostenere che il sequestro dei nostri pescatori fu la diretta conseguenza di quel pateracchio politico e protocollare che soltanto degli sprovveduti potevano combinare.

Ma ad Haftar basterà davvero la gratificazione di essersi trovato per qualche giorno al centro dell’attenzione mediatica internazionale, grazie a Conte e Di Maio, che sono andati da lui col cappello in mano ad impetrare la liberazione dei prigionieri? Questo lo valuteremo nelle prossime settimane, per adesso ci preme soffermarci su di un insondato elemento che, secondo noi, sta facendo progressivamente deteriorare l’immagine di Giuseppe Conte: la dipendenza dalla strategia informativa di Casalino che, per quanto possa apparire fruttuosa perché fa collezione di like sui social, ha molti limiti nel concreto.

La liberazione dei nostri prigionieri, infatti, sembra proprio un coup de théâtre alla maniera del comunicatore di Palazzo Chigi che, non a caso, su Wikipedia è definito “Personaggio televisivo e consulente politico italiano”, non certamente come l’emulo italico di Metternich.

E per quanto sia vero che i nostri connazionali prediligano telenovele strappalacrime e reality show, come Il Grande Fratello, c’è un limite che questo governo non aveva messo in conto, e quel limite ha un nome preciso: si chiama interesse personale, quello che Guicciardini definì particulare. Ed è risaputo che gli interessi concreti, il particulare appunto, non vanno d’accordo con le sceneggiate, con le potenze di fuoco farlocche del governo e con gli auspicati atti d’amore delle banche auspicati dal premier. Soprattutto, non vanno d’accordo col terrorismo psicologico che una folle strategia comunicativa ha calato sul Paese come una fosca cappa, al fine di rendersi salvifico e indispensabile nella gestione della pandemia ma, purtroppo, non è stato né salvifico perché veleggiamo verso le 70.000 vittime, né indispensabile perché c’è Mario Draghi che sta scaldando i muscoli a bordo campo.

Peraltro, dopo la performance con la quale Casalino si vantava di dettare la linea ai giornalisti italiani, nel caso Mentana, anche i principali media italiani hanno iniziato a fare più dignitosamente il loro mestiere, essendo diventati più autonomi nei loro giudizi sul governo, anche perché non v’è indipendente più intransigente di chi la sua indipendenza ha da molto tempo perso. La riprova è nel fatto che stavolta la performance di Conte e Di Maio in Cirenaica è stata narrata da loro con più sobrietà.

Comunque, per come la vediamo noi, la liberazione dei pescatori siciliani, nonostante la perfetta scelta dei tempi, non alza di molto le possibilità di Giuseppe Conte di rimanere in sella e quant’anche vi riuscisse con un anomalo rimpasto grazie al letargo del Quirinale, è chiaro che ormai ha i giorni contati alla guida del governo.