di Enzo Ciaraffa
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«Signora Costituzione,
ti confesso che in questi giorni mi sento un po’ come il Capitano Rhett Butler nel film “Via col vento”, il quale, quando si rende conto che la Confederazione del Sud si avvia alla sconfitta dopo tante battaglie, decide di andare a combattere per lei pur non essendo uno schiavista. Una sorta di ultimo servigio a una signora, a una società fossilizzata nel suo tempo e della quale la storia aveva decretato la scomparsa.
Non sono mai stato un tuo acritico fan, signora Costituzione, perché sembravi nata apposta per non far governare nessuno in questo strano Paese, ma hai avuto delle attenuanti, perché nell’Assemblea Costituente ti confrontasti con due visioni della società italiana: una conservatrice, senza attribuire a questo termine un significato dispregiativo, ed una progressista senza necessariamente vedere in quest’attributo forze omogeneamente tese al nuovo. In quelle due visioni purtroppo, però, non sei riuscita a trovare un punto di congiunzione. Infatti, giusto per toccare un problema scottante di questi anni, sei riuscita a far salva l’indipendenza della magistratura dall’esecutivo ma non anche il suo contrario, una lacuna questa che, se fosse stata colmata in tempo utile, la democrazia e la giustizia di questo Paese non sarebbero giunte al loro stadio terminale.
Eppure, nonostante tale stato d’animo, è sceso sul mio cuore un velo di tristezza al solo pensiero che, abbandonata da tutti quelli che, a parole, fino a ieri volevano morire per te e che ti definivano “la più bella del mondo”, adesso vorrebbero invece violentarti negli articoli 56,57 e 59 per andare dietro ad un comico eversivo e ad un ex bibitaro, capi di una banda di sprovveduti senza un minimo di cultura politica e giuridica. Ma non vedo a tua difesa cortei di protesta per le strade, nessuno adesso canta “Bella ciao” per te e, eccetto un nugolo di persone assennate, tutti sono disposti a sacrificare il tuo onore sul laido letto delle convenienze politiche.
Ma io, cara Costituzione, questo non voglio, non posso, non debbo permetterlo perché, oltre te, tradirei la storia del mio Paese, tradirei quelli che sono morti inseguendo la libertà, tradirei mio padre che si batté nella guerra di liberazione affinché tu nascessi per un Paese libero e democratico, e cosa peggiore, cara signora, tradirei i miei figli e i miei nipoti.
Forse perderò questa battaglia, e coloro che avevano giurato di amarti per sempre probabilmente riusciranno a fare del Parlamento quel “bivacco di manipoli” tanto cari a Mussolini, ma io non retrocederò… oltre che di sostanza è anche una questione di stile, cara signora. Come ricorderai, per questioni legate alla mia progressione di carriera militare ti giurai per ben tre volte fedeltà, un giuramento che mi rintrona nelle orecchie ancora oggi che tanti anni sono passati da allora: «Giuro di essere fedele alla Repubblica italiana, di osservarne la Costituzione e …».
No, domani nell’urna, come anche feci il 4 dicembre del 2016 quando qualcuno addirittura voleva abolire il senato elettivo, non tradirò quei giuramenti».