Mentre i pacifisti sono solitamente dei fluttuanti sognatori prigionieri dei loro stessi sogni, i fetentoni sono dannatamente concreti quando si tratta di scegliere tra una guerra impopolare e costosa e i vantaggi di una possibile convivenza, specialmente quando a guadagnarci potrebbero essere loro
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Dopo il ridimensionamento dell’Iran e la debellazione di Hamas e Hezbollah ad opera degli israeliani, sul blog dello scorso 10 dicembre ipotizzammo una qualche futura e auspicabile forma di coesistenza israelopalestinese e di riassetto dell’intera area mediorientale, con un titolo provocatorio: “E se Netanyahu non fosse un fetentone?”. Puntuale come il tuono che segue al lampo, un’assidua lettrice, che quel giorno doveva sentirsi particolarmente buona nei nostri confronti, si limitò a definire l’articolo “imbarazzante”. Ma noi non ce la prendemmo perché le critiche sono sempre benvenute in un civile confronto e, soprattutto, perché riconoscemmo alla signora l’attenuante della giovane età. Essa, infatti, non era ancora nata all’epoca di alcuni precedenti storici che stanno a dimostrare come gli artefici dei processi di pace siano stati spesso proprio i fetentoni. E ciò perché, mentre i pacifisti (che stando alla vulgata corrente possono essere soltanto democratici) sono solitamente dei fluttuanti sognatori prigionieri dei loro stessi sogni, i fetentoni, occorrendo, sanno essere dannatamente concreti quando si tratta di scegliere tra una guerra impopolare e costosa e i vantaggi di una possibile convivenza, specialmente quando a guadagnarci sarebbero loro.
A riguardo, le vicende geopolitiche che abbiamo ereditato dal secolo scorso ci forniscono abbondante materiale e personaggi per dimostrarlo, anche se, per ragioni di spazio, ci limiteremo a fare soltanto tre esempi resistendo alla tentazione di tirare in ballo anche Putin. Ciò perché per spiegare l’attuale inquilino del Cremlino ci vorrebbe una trattazione a parte… dovremmo partire dagli zar e, poi, secondo noi egli non è né pragmatico, né sognatore: è soltanto un mascalzone malvagio e frustrato. Anche se gli analisti non annoverano tali caratteristiche tra le categorie politiche. Comunque, vorremmo fosse chiaro che, con gli esempi che andremo a fare, non abbiamo intenzione di produrci nel panegirico dei fetentoni o spingere a dimenticare le loro colpe, ma soltanto fotografare i fatti che li hanno visti protagonisti.
Crediamo che Menachem Wolfovitch Begin, ex primo ministro israeliano, e Yasser Arafat ex capo di al-Fatah, siano stati gli unici terroristi al mondo ad avere ottenuto il Premio Nobel per la pace: il primo nel 1978 e il secondo nel 1994. Infatti, prima della costituzione dello Stato d’Israele, Begin era stato capo del gruppo terroristico paramilitare dell’Irgun mentre, dopo la crisi di Suez del 1956, Yasser Arafat aveva militato nell’organizzazione terroristica palestinese di al-Fatah prima di diventare presidente dell’autorità nazionale palestinese, una carica che mantenne fino alla morte, avvenuta nel 2004. Ebbene, questi due ex terroristi furono i primi a tentare di far cessare la sanguinosa lotta tra palestinesi e israeliani firmando un patto di cooperazione dove, per la prima volta, entrambe le parti riconoscevano la reciproca esistenza, tanto che quel patto fece da apripista agli accordi di pace di Oslo del 1993.
Purtroppo, negli anni successivi a cotanta apertura, i destinatari di quel Nobel fecero tutto il possibile per dimostrare al mondo che loro non lo avevano meritato. Ricordiamo soltanto il massacro del campo profughi di Sabra e Shatila avvenuto nel 1982, con la connivenza dell’esercito israeliano, e l’inarrestabile corruzione che si diffuse nella Striscia di Gaza sotto il governo di Arafat tant’è che nel 2004, secondo la rivista statunitense di finanza, industria, investimenti e marketing, Forbes, prima di morire Arafat aveva accumulato un patrimonio personale di 300 milioni di dollari, mentre nella striscia di Gaza si moriva letteralmente di fame. Non sappiamo quanto ci fosse di vero in quella cifra, sta di fatto che il gruppo ultra terrorista di Hamas si affermò grazie al concime della corruzione che allignava tra i vertici palestinesi dell’epoca.
Pertanto, seppure con molte riserve stante i suoi precedenti tra gli integralisti tagliatori di teste dell’Isis, possiamo dire che un altro fetentone recentemente convertito al pragmatismo, Abu Mohammad al – Jawlani, ha abbattuto la truculenta dittatura siriana e in questi mesi sta facendo professione di moderatismo e d’intenti ispirati al pluralismo democratico e religioso. Speriamo bene… anche se temiamo che ad al – Jawlani non riuscirà il “capolavoro” di Benito Mussolini, che in poco tempo imbrigliò le raccogliticce bande fasciste in un corpo armato dello Stato alle sue dirette dipendenze.
A meno che, giusto per rimanere nella categoria dei fetentoni, Donald Trump, che è già con un piede dentro la Casa Bianca, come da anni dice di voler fare, non riesca veramente a gestire positivamente i dossier sull’Ucraina e sul Medio Oriente, che sono legati più intimamente di quanto non si creda ad un terzo dossier: quello dell’Indopacifico. Da quelle parti, infatti, la Cina sta armando a tutto spiano e prima o poi Xi Jinping andrà a piantare l’ombrellone sulle spiagge di Taiwan se a dissuaderlo non provvederà il fetentone stelle e strisce.
Non lasciamoci ingannare dal fatto che, proprio in queste ore, Trump va facendo l’ammazzasette con il Canada, con il Messico, con Panama e con la Danimarca a proposito della Groenlandia, per mettere insieme un po’ di royalty intimidatorie per le prossime trattative con i vari attori internazionali. In realtà la minaccia di un’improbabile conquista della Groenlandia gli serve soltanto per rendere più malleabile Putin sull’Ucraina perché il despota russo non vedrebbe di buon occhio una ulteriore presenza americana nell’Oceano Artico. Ricordate la diatriba su chi ce l’aveva più grande (il bottone atomico …) tra Donald Trump e la mammoletta nordcoreana Kim Jong-un durante la prima presidenza del Tycoon? Però poi i due s’incontrarono nella zona demilitarizzate tra le due Coree e Kim smise di lanciare missili balistici sperimentali nel Mare del Giappone.
P.S. – Mentre chiudevamo questo articolo abbiamo appreso dell’ANSA della liberazione di Cecilia Sala dalle carceri iraniane: probabilmente anche questa operazione (sottotraccia) è avvenuta grazie al contributo di almeno due fetentoni… magari uno si trova a Teheran e l’altro a Mar – a – Lago.