A sorprendere nell’affaire degli hackeraggi diffusi a ogni livello non è la loro portata, non è la facilità (figlia dell’omesso controllo) con la quale si sono vendute “al nemico” persone che avevano giurato fedeltà alla legge e alle istituzioni, ma scoprire che lo Stato in tema di sicurezza informatica è parecchio arretrato rispetto alla criminalità
*****
Posto che la sicurezza informatica della nazione è in mano allo Stato, in questa strana stagione di dossieraggi siamo autorizzati a pensare che non verremo facilmente fuori dall’illegalità perché lo Stato medesimo si sta rivelando incapace di proteggere la nostra corrispondenza come prevede la Costituzione. Uno degli ordinamenti del sistema democratico, la magistratura, ha iniziato finalmente a muoversi dopo che il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha denunciato un accesso illegale nei suoi conti bancari… prima nessuno si era accorto di niente. Infatti, è stato soltanto dopo la denuncia del ministro che alla Direzione Nazionale Antimafia (Dia) è stata smossa la melma dove, come ipotizzato dal procuratore della Repubblica di Perugia, Raffaele Cantone, in sede di audizione in Commissione Parlamentare Antimafia, qualcuno ci sguazzava con una certa sicumera, passando ai media (soltanto ai media?) informazioni riservate sui movimenti finanziari di personaggi appartenenti, guarda un po’ il caso, in prevalenza al Centrodestra di governo.
In questo Paese le indagini sono come le ciliegie – una tira l’altra – perché subito dopo quella di Perugia, è venuto fuori che tale Vincenzo Coviello, impiegato dell’agenzia di Bisceglie del Gruppo Intesa Sanpaolo, è stato indagato dalla Procura di Bari perché avrebbe effettuato migliaia di accessi abusivi ai sistemi informatici dell’istituto allo scopo di procacciarsi notizie riguardanti i conti di personaggi della politica, delle istituzioni e delle forze dell’ordine. Nel caso, si tratterebbe di settemila accessi nei riguardi di oltre 3.500 clienti delle 679 filiali del gruppo bancario nel periodo febbraio 2022 – aprile 2024. Tra gli spiati anche la presidente Meloni e la sua famiglia… potevano mai mancare?
Ma la stagione dei dossieraggi non era mica finita a Bisceglie, anzi, era appena iniziata. Infatti, subito dopo la Direzione Distrettuale Antimafia (DdA) di Milano nell’inchiesta a carico della società di intelligence “Equalize”, ha appurato che questa era al centro di un altro e più articolato affaire di spionaggio informatico con finalità politiche, venali, ricattatorie e di spionaggio vero e proprio, con un sistema di hacker così consolidato che a richiesta (sembra anche da parte di una magistrata milanese…) si hackerava chiunque, senza remore e senza paura. Come se tutto questo non fosse già abbastanza grave, secondo gli inquirenti milanesi la violazione dei sistemi informatici istituzionali e privati da parte di “Equalize” avveniva grazie anche all’infedeltà di alcune figure che, preposte alla protezione/gestione dei siti di servizio, ne spalancavano le porte agli hacker. Non a caso il mammasantissima della suddetta società sarebbe un ex vice commissario della Polizia di Stato piuttosto noto a Milano, Carmine Gallo, e diversi agenti di altri corpi di polizia che hanno già cominciato a fare alcune ammissioni agli inquirenti e che – aspetto molto squallido dell’intera vicenda – si sarebbero venduti per una prenotazione al ristorante o per un biglietto di teatro.
Eppure a sorprenderci in questa vicenda non è la sua portata (che temiamo si rivelerà molto più vasta di quanto oggi si possa prevedere), non è la facilità con la quale si sono vendute “al nemico” decine di persone che avevano giurato fedeltà alla legge e alle istituzioni, ma scoprire che lo Stato, non soltanto è stato incapace di difendere noi comuni mortali dagli attacchi informatici, ma addirittura non è riuscito a proteggere se stesso, perché in tema di sicurezza è arretrato rispetto agli hacker e alla criminalità. E questa non è una nostra valutazione ma quella di un ministro del governo in carica, Carlo Nordio: «Non siamo al sicuro e non lo saremo finché la legge e la tecnologia a disposizione non saranno riuscite ad allinearsi con la tecnologia della criminalità […] La tecnologia avanza più in fretta rispetto alla legge e gli hacker sono sempre un po’ più avanti, sono riusciti ad hackerare anche il Cremlino». Embè, allora…
Ma, poi, ci voleva l’indagine della DdA di Milano per capire che, ormai, siamo tutti in balia degli hacker e degli spioni informatici, noi gente comune e istituzioni? È esagerato? Provate a parlare ad alta voce, che so, delle vacanze. Nel giro di qualche minuto, sul vostro telefonino, arriveranno delle offerte di agenzie di vacanze che manco conoscevate. Così, per miracolo.
Gli elencati tre tentativi di dossieraggio sono stati contro il governo? Sono interconnessi? Alla prima domanda ci sentiamo di poter rispondere “sì”, alla seconda, invece, rispondiamo “no” perché, come scrivemmo in un articolo dello scorso mese di marzo (https://www.vincenzociaraffa.it/l-ultimo-in-fondo-a-destra-nella-repubblica-degli-spioni-dossieraggio/), certi accadimenti sono come gli uragani: pur originati in posti diversi, quando s’incontrano accrescono la loro capacità distruttiva. D’altronde, una loro scientifica preordinazione richiederebbe una capacità di cospirazione, un progetto eversivo segreto, una segretezza che in un Paese come il nostro durerebbe cinque minuti.
La verità, diciamolo, è che dopo aver inverecondamente occhieggiato alla Sinistra per anni, perfino quella parte politicizzata della magistratura, al netto delle faide interne, ha dovuto realizzare che certi fiancheggiamenti alla politica e ad alcune note testate giornalistiche, le hanno alienato il favore popolare, se escludiamo Travaglio e la Sinistra, e neppure tutta. Secondo noi è l’aver capito di stare a perdere la simpatia e l’appoggio acquisiti dopo “Mani Pulite” che sta motivando un certo attivismo della magistratura sui dossieraggi anche se, probabilmente, questo caso produrrà molto fumo e poca ciccia. E, poi, crediamo che per un’operazione di recupero sia già tardi perché larghi strati di popolazione non hanno più fiducia nella giustizia all’italiana. E, quando il popolo sovrano perde la fiducia nelle corti di giustizia, si annunciano brutti tempi per la democrazia.
Potrebbe interessarti anche Invece di offenderli prendiamoli ad esempio