C’è un momento nella storia politica delle nazioni che accade qualcosa che stravolge il corso degli eventi, addirittura oltre l’immaginazione di coloro che ne erano stati i maldestri artefici. Un esempio per tutti: se Luigi XVI non avesse avuto l’infelice idea di licenziare e poi riassumere, ormai tardi, il primo ministro Jacques Necker, di convocare gli Stati Generali, l’assemblea di origine feudale composta dai rappresentanti del clero, dell’aristocrazia e dei ceti popolari, allo scopo affrontare la crisi finanziaria che aveva messo in ginocchio la Francia, forse avrebbe salvato la monarchia e la sua stessa testa, coronata ma anche vuota
****
Se il dibattito politico non fosse stravolto da un’esasperata ideologia, se la magistratura fosse realmente autonoma, se la presidenza della repubblica fosse davvero super partes e se i media non fossero sfacciatamente incistati nel “sistema”, gli italiani si sarebbero accorti già da un pezzo che l’Italia non è più una democrazia. E, invece, la maggior parte di essi continua a vivere nel convincimento che quello nostro sia un regime affetto soltanto da una febbriciattola di crescenza e non da un devastante cancro giunto, ormai, alla sua fase terminale. Stante questa situazione, è come se noi italiani fossimo governati da due sistemi di potere, uno scritto nella Costituzione e che ci garantisce democrazia e diritti, l’altro scritto nei fatti che, invece, restringe le nostre libertà, ci impone leggi inique, con una pessima amministrazione della giustizia e sempre maggiori balzelli. In altre parole, la Costituzione e i suoi (inosservati) disposti sono diventati da tempo la foglia di fico con la quale i centri di potere predominanti, come politica, finanza e magistratura, sono soliti coprire le loro magagne e soperchierie.
Credete che questa nostra visione della situazione italiana sia esagerata? Bene, allora, tanto per iniziare, provate a chiedervi da quanti anni il nostro Paese non viene governato da forze politiche che abbiano inequivocabilmente vinto le elezioni, e da quanti anni un governo non cade per la dibattuta decisione del Parlamento invece che per i giochini di palazzo. O ancora interrogatevi su quanti processi della magistratura sono stati falsati dal “sistema Palamara” e, di conseguenza, quanti arbitrii sono stati spacciati per giustizia. E, per quanto i personaggi non ci siano per niente simpatici a causa del nefasto ruolo che hanno avuto sull’involuzione della democrazia, bisogna dire che figure come Scalfaro, Napolitano, o Mattarella, o il sunnominato Palamara, sono da considerarsi l’effetto della degenerazione del nostro sistema politico e non la loro causa… in realtà è il balance of powers che è saltato. Ed è saltato – paradosso stratosferico – proprio per colpa della Costituzione che all’atto della sua scrittura aveva previsto tutto per impedire l’ingerenza della politica nella magistratura ma non aveva previsto il suo contrario, cioè i costituenti non sospettarono minimamente di stare a mettere in mano ai magistrati la chiave dei loro futuri, impuniti travalicamenti istituzionali e dell’impunità assoluta.
E potremmo andare avanti per anni ad elencare i disastri della nostra democrazia nel campo della giustizia, della politica, della pubblica amministrazione, nel campo dei suoi acquiescenti rapporti con la Chiesa, ma c’è un momento nella storia politica delle nazioni che accade qualcosa che stravolge il corso degli eventi, addirittura oltre l’immaginazione di coloro che ne erano stati i maldestri artefici. Un esempio per tutti: se Luigi XVI non avesse avuto l’infelice idea di licenziare e poi riassumere, ormai tardi, il primo ministro Jacques Necker, di convocare gli Stati Generali, l’assemblea di origine feudale composta dai rappresentanti del clero, dell’aristocrazia e dei ceti popolari, allo scopo affrontare la crisi finanziaria che aveva messo in ginocchio la Francia, forse avrebbe salvato la monarchia e la sua testa. La convocazione degli Stati Generali, peraltro, fu uno dei punti più bassi della parabola ormai discendente di Luigi XVI perché, quando quell’eterogenea congrega si trasformò in una combattiva Assemblea Nazionale, egli le ordinò lo scioglimento ma questa non se ne diede per intesa, dimostrando che il potere assolutistico era finito e che il destino del popolo francese era nelle mani dei suoi rappresentanti: iniziavano la Rivoluzione e la storia contemporanea.
Lo stesso tentativo di Luigi XVI lo avrebbe fatto lo zar di Russia Nicola II con la Commissione Šidlovskij, composta da funzionari, industriali e rappresentanti operai i cui lavori furono un fallimento totale ma fecero nascere, segretamente, quella struttura democratica assembleare dei soviet la quale, sotto la guida dei bolscevichi, portò alla Rivoluzione d’Ottobre che pose fine alla monarchia.
Sicché anche quella specie di Stati Generali della Commissione Šidlovskij, voluta dallo zar alla fine della sua evoluzione, pretese la sua testa. Ma neppure il regime sovietico, che si era sostituito alla monarchia russa, ebbe una lunga vita. Insomma gli Stati Generali francesi e sovietici spazzarono via tutto ciò che era preesistente, sicché i governanti degli Stati moderni si guardarono dall’imitarli, preferendo, a malincuore, far sbollire nelle urne, e non sui patiboli, le insoddisfazioni dei popoli che essi chiamavano ad avallare o meno la loro politica. Questo è ciò che è avvenuto anche in Italia, almeno fino all’avvento del secondo governo di Giuseppe Conte, perché da quel momento la democrazia si è trasformata in un’autocrazia, dove il controllore si è rivelato colluso col controllato e, chi doveva stare sopra entrambi, si è accomodato a tavola con loro. Tutto questo ovviamente a danno del sovrano vero in ogni autentica democrazia: il popolo.
È dallo scorso mese di febbraio che, grazie al coronavirus, il presidente del consiglio, attraverso decreti del governo e decreti legge, sta gestendo il Paese come fosse un suo privato possedimento, con le libertà individuali sospese, o parzialmente sospese, in nome dell’emergenza sanitaria. A questo si è aggiunto un approccio molto schizofrenico con la pandemia da Covid-19 e una gestione disastrosa dei problemi finanziari, occupazionali e produttivi che sono seguiti alla follia del lockdown totale. Oltre un milione di lavoratori, infatti, sono quasi alla fame perché ancora in attesa di percepire la cassa integrazione, benché, ogni volta che la apre, dalla bocca del premier escano più promesse di miliardi che goccioline di saliva.
Ebbene, nonostante una situazione generale che farebbe tremare le vene ai polsi anche ad una classe politica e dirigente mediamente serie, il governo Conte ha requisito Villa Pamphili di Roma per organizzarvi gli Stati Generali dell’economia, una kermesse per parlare del futuro dell’Italia a porte chiuse, invitandovi anche personaggi politici, italiani e stranieri, di secondo e terzo piano.
Ma perché non in Parlamento!
Il perché ce lo ha spiegato Conte col suo linguaggio tanto vuoto quanto immaginifico: «La scelta della location è stato in omaggio alla bellezza italiana”. Purtroppo la bellezza italiana non corrisponde alla bellezza del suo governo e delle forze politiche che lo appoggiano … è di queste ore la notizia che il dittatore venezuelano Nicolas Maduro nel 2010, quando era ministro degli esteri, avrebbe finanziato il M5S con 3,5 milioni di euro per il tramite del consolato venezuelano di Milano. Nei prossimi giorni ne sapremo certamente di più sull’ennesimo, scabroso episodio della politica italiana. Altro che gli indimostrati rubli alla Lega dalla Russia!
Temiamo, perciò, che neppure questi ennesimi Stati Generali (che sembrano più una riunione del Gruppo Bilderberg) porteranno bene a colui che li ha voluti, perché, se prima il governo di Conte stava sugli zebedei a molti ministri del PD, con questi affioranti chiari di luna, e comunque andrà a finire l’affaire Venezuela, è quasi certa la prefigurazione di un’altra maggioranza che tagli fuori Conte e i suoi pretoriani pentastellati.
Ciò perché immaginiamo che Zingaretti e il PD non siano disposti ad essere trascinati a fondo nei consensi assieme al loro alleato M5S.