Giuseppi sta per diventare il diavolo e il diavolo l’acquasanta?

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La Procura di Bergamo ha voluto sentire il presidente del consiglio in merito all’ipotesi di reato di epidemia colposa per la mancata chiusura della zona rossa di Nembro e Alzano Lombardo. L’altrieri, invece, è stata la Corte dei Conti che ha sparato a zero sui due governi di Conte segnatamente alla Quota 100, che non avrebbe prodotto risultati apprezzabili, e al reddito di cittadinanza che si sarebbe rivelato essere soltanto una misura assistenziale che non ha incentivato la nascita di posti di lavoro
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Nel contributo dello scorso 16 giugno titolato “Gli Stati Generali di uno Stato a pezzi”, sostenemmo che la kermesse organizzata da Conte a Villa Pamphili di Roma, i cosiddetti Stati Generali, non avrebbe portato bene al suo organizzatore, così come non avevano portato bene quelli del passato, che addirittura costarono la testa rispettivamente al re di Francia Luigi XVI e allo zar di Russia Nicola II, entrambi “giustiziati” da una rivoluzione.

Ebbene, fummo facili profeti perché, politicamente parlando, anche Giuseppe Conte sta rischiando la testa dopo Villa Pamphili e sono in molti, dentro e fuori il governo, che vorrebbero mozzargliela. Ciò non tanto perché dagli Stati Generali non è venuto fuori niente di concreto se non una generica promessa, peraltro rimangiata, di abbassare un po’ l’IVA, quanto per il fatto che al riguardo non è d’accordo neppure la sua stessa maggioranza, laddove i Grillini sono favorevoli e il PD invece no. Con la prefigurazione del paradosso che se la proposta di abbassamento dell’IVA venisse votata in Parlamento domani avrebbe i voti delle opposizioni e non di tutta la maggioranza che sostiene il governo!

Le deludenti performance del governo Conte rischiano di costar care anche al PD che lo sostiene. Zingaretti, infatti, viene contestato sempre più apertamente dai suoi, nel caso più eclatante Giorgio Gori da Bergamo e Stefano Bonaccini da Bologna (quest’ultimo minaccia addirittura di interrompere le relazioni istituzionali col governo se questo non mette altri due miliardi per le Regioni), che accusano il segretario del PD di non avere un programma e di essersi appiattito sul premier. V’è di sicuro la voglia di mettere all’incasso il successo elettorale delle passate regionali da parte di Bonaccini e di ricerca della “visibilità” da parte di Gori la cui immagine è uscita piuttosto appannata dalla gestione dell’emergenza coronavirus, certo è che i due contestatori, sebbene indirettamente, pongono il dito anche su di un altro problema: se il premier dovesse farsi un partito suo – ha dichiarato che non lo farà, quindi lo farà –  o più remotamente diventare il candidato leader del Movimento Cinque Stelle, andrebbe a pescare voti nel bacino elettorale del PD rendendogli, così, impossibile qualsia velleità di rimonta sulla Lega e inibire quella sul Centrodestra in generale. I problemi interni di Zingaretti non hanno, però, impensierito Conte in questi mesi, dal momento che il PD è un cane che può soltanto abbaiare perché, se provasse a mordere per davvero, si andrebbe tutti a casa, un’evenienze questa che, per una volta, nella maggioranza trova tutti concordi nello scartare.

Ma le cose, a quanto pare, stanno cambiando perché da un po’ di giorni a questa parte Conte è diventato per i media, che prima pendevano dalle sue labbra, una specie di diavoletto raccontaballe, ritrovandosi peraltro contro anche due avversari tanto potenti quanto inediti, visto che hanno sempre pencolato a sinistra: la magistratura nel suo complesso. Chi ha operato un siffatto miracolo?  Secondo noi è stato opera di un personaggio impensabile per la maggior parte degli amici del blog: Palamara. Sì, avete capito bene, parliamo del principale protagonista di Magistropoli, una vicenda che in un Paese geloso delle proprie conquiste democratiche come l’indipendenza della politica dalla magistratura, avrebbe creato una crisi di sistema stante l’alto numero di toghe a vario titolo coinvolte. Nonostante la sordina di media e istituzioni, quella di Magistropoli è una faccenda molto seria e che, per quanto l’inquilino del Quirinale possa far finta di dormire, rischia di creare ulteriore danni al nostro  non immacolato sistema giudiziario perché il Palamara, cacciato dall’Associazione Nazionale Magistrati della quale è stato anche il capo, ha minacciato di fare nomi e cognomi dei suoi sodali, facendo scorrere un brivido lungo la schiena di molti magistrati che, da quel momento, si sono scoperti rigoristi ed equidistanti. E ciò potrebbe essere anche positivo per la giustizia anche se non privo di effetti negativi per il governo, a riprova che buona giustizia e governo non sono sempre sinonimi una dell’altro.

Ha iniziato la Procura di Bergamo che ha voluto sentire il presidente del consiglio in merito all’ipotesi di reato di epidemia colposa per la mancata chiusura della zona rossa di Nembro e di Alzano Lombardo nei giorni peggiori della pandemia. L’altrieri, invece, è stata la Corte dei Conti che ha sparato a zero sugli ultimi due governi di Giuseppi , segnatamente alla Quota 100, che non avrebbe prodotto risultati apprezzabili, e al reddito di cittadinanza che si sarebbe rivelato essere soltanto una maldestra misura assistenziale, mentre bisognerebbe, sostiene la magistratura contabile, utilizzare le  poche risorse disponibili per ridurre le aliquote impositive sul reddito di lavoratori dipendenti e pensionati, anche attingendo al  debito pubblico, purché ciò avvenga con i fatti e non con le parole,  nell’ambito di un programma credibile e non più differibile. Insomma un manrovescio al governo di quelli che lasciano il segno! Come dire che, almeno secondo noi, la Corte dei Conti ha lanciato un chiaro monito al governo di Giuseppi, ma anche all’opposizione e al suo silente mentore del Colle: «Smettetela di fare e dire stronzate sennò il nostro Paese andrà a carte quarantotto e voi ne sarete i responsabili».

Ma nel caso essi non sarebbero i soli responsabili perché, e dobbiamo avere il coraggio di ammetterlo, neppure noi cittadini siamo esenti da colpe e da disattese responsabilità verso il Paese, la società, verso i nostri doveri civili, le future generazioni e, cosa importantissima, verso noi stessi.