Giorgia Meloni è sulla strada buona per ripetere l’errore finiano di voler compiacere ad ogni costo il sistema di potere, ora che si sente da questo accettata e perfino coccolata in funzione anti Salvini. Ciò risulta in tutta evidenza dallo spigoloso modo di porsi al suo principale alleato nel centrodestra, man mano che cresce la sua popolarità in Italia e all’estero. I voti, però, sono un’altra cosa
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Come stanno a dimostrare le vicende politiche italiane ed europee degli ultimi anni, il politically correct, pur favorendo le buone relazioni tra i vertici dei diversi sistemi di potere, in realtà non riesce ad arrivare alla “pancia” dei popoli. Questa premessa è indispensabile per agevolare la buona comprensione di ciò che qui sosterremo.
Fin dall’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, il Movimento Sociale Italiano era stato tenuto fuori da ogni ipotesi di alleanza dal cosiddetto “arco costituzionale” perché ritenuto una promanazione del fascismo, ma poi con Gianfranco Fini alla segreteria il partito si trasmutò in Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale, al fine di darsi quei quarti di nobiltà democratica occorrenti affinché fosse inserito nella coalizione Polo delle Libertà – Polo del Buon Governo, con la quale Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia, avrebbe vinto le elezioni politiche quell’anno. Nella circostanza la Destra italiana, da sola, raggiunse il suo massimo storico portando 108 deputati alla Camera e 48 senatori a Palazzo Madama.
La liaison di Gianfranco Fini con Berlusconi incominciò ad entrare in crisi nel 2007, il motivo fu lo scioglimento unilaterale di Forza Italia nel Popolo delle Libertà che, comunque, nel 2008 rivinse le elezioni e a Fini fu assegnato l’incarico di presidente della Camera. Bisogna dire che, fino a quel momento, le critiche di Fini a Berlusconi erano inquadrabili in una normale, seppure frizzante, dialettica interna al Centrodestra dove la debordante figura del Cavaliere incominciava a creare qualche problema d’identità ai diversi soggetti politici confluiti nel Polo delle Libertà. In verità, prima degli stessi interessati, si accorsero di ciò che stava avvenendo quei marpioni dei media, corifei della Sinistra, e l’opposizione: da quel momento fecero di tutto per rinfocolare tra le due principali anime del Centrodestra una spaccatura che in realtà non era ancora tale. Sicché, ben incensato dagli ex avversari politici, Gianfranco Fini, illudendosi di essere diventato l’ago della bilancia della politica e non, invece, una pedina della disinvolta partita a scacchi della Sinistra, ci cascò!
Iniziò a fare lui, segretario di un partito ritenuto fascista fino a pochi anni addietro, quotidiani bidet di politically correct, partendo dalla proposta di concedere il voto agli immigrati e mandando in brodo di giuggiole la Sinistra e media mainstream, cioè quasi tutti. Proseguì a criticare apertamente il governo di Centrodestra, che pure lo aveva elevato alla terza carica dello Stato, per il suo frequente ricorrere al voto di fiducia e ai decreti legge. Infine, conversando con un magistrato, fece a pezzi l’immagine dell’alleato Cavaliere e la sua leadership… v’era abbastanza polvere pirica in giro perché deflagrasse lo stato dei rapporti Fini – Berlusconi, e a quel punto il Cavaliere ingiunse all’alleato fellone di lasciare il partito.
Dopo avere abbandonato il Polo delle Libertà e fondato un nuovo partito, Fini divenne apertamente il beniamino della Sinistra e, pensate un po’, del presidente Giorgio Napolitano, appiattendosi sempre più su delle posizioni politiche che erano in totale contrapposizione con quelle del Centrodestra.
Che cosa accadde dopo lo ricordiamo tutti: alle elezioni politiche del 2013, dove s’intruppò nientepopodimeno che con la lista di Mario Monti, Fini e il suo appena fondato partito di Futuro e Libertà sparirono dal Parlamento e dal panorama politico italiano.
Da un po’ di tempo a questa parte la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, è nelle grazie dei media nazionali ed europei, tant’è che il quotidiano britannico The Times l’ha appena inserita tra le stelle nascenti del 2020 dove risulta essere sesta nell’elenco delle venti personalità che nel nuovo anno potrebbero cambiare il mondo, un bel salto di qualità dopo il coatta/razzista affibbiatole dal quotidiano la Repubblica appena due mesi fa! Ma anche per questo noi riteniamo che Giorgia stia sulla strada buona per ripetere l’errore finiano di voler compiacere ad ogni costo il sistema, ora che si sente da questo accettata e perfino coccolata in funzione anti Salvini. Deduciamo ciò a seguito del suo diverso modo di porsi rispetto al segretario della Lega in occasione di due medesimi accadimenti di una certa importanza.
Nel primo, per Giorgia, quello del presidente Mattarella a fine anno, è stato un discorso di alto profilo mentre per il suo principale alleato, Matteo Salvini, è stato mellifluo. Nel secondo accadimento, e appena quarantotto ore dopo, lo stesso Salvini si è prodotto in un elogio al presidente Donald Trump che avendo ordinato di colpire il Generale iraniano Qassem Soleimani, «… ha eliminato uno degli uomini più pericolosi e spietati al mondo» mentre la segretaria di Fratelli d’Italia ha sostenuto che la questione «… non merita tifoseria da stadio».
Chi nella circostanza abbia avuto torto o ragione è per noi secondario in questa sede, e conveniamo anche che andare d’accordo con un troppo “fluido” Salvini (il vero nemico di se stesso alla fine) non è cosa facile, purtuttavia consigliamo sommessamente a Giorgia di non far saltare l’alleanza di Centrodestra addirittura prima ancora di averla concretizzata sul terreno, indugiando nel politically correct oltremisura, e ciò per tre buone ragioni: di Forza Italia non ci si può fidare più di tanto, Fratelli d’Italia è una formazione politica di rottura del sistema di potere, sicché nel momento in cui cerca di compiacerlo, utilizzandone rituali e linguaggio, si condanna a morte, cioè a fare la fine di Gianfranco Fini o del M5S dei giorni nostri. Questo ovviamente non deve significare che FdI e Lega debbano appiattirsi l’uno sull’altro, anzi è fondamentale che ognuno di essi mantenga la propria identità culturale e politica che, però, non deve necessariamente diventare motivo di quotidiana contrapposizione, la quale avvantaggerebbe soltanto una Sinistra che già beneficia di molti vantaggi in Italia ed a Bruxelles: perché offrirgliene degli altri?
La traversata del deserto, prima di arrivare alle elezioni politiche, sarà lunga e piena di mine, seminate da un sistema di potere che può sperare di non scomparire del tutto soltanto se i suoi avversari gli faranno il favore, come hanno fatto fino ad oggi d’altronde, di continuare a comportarsi come i manzoniani capponi di Renzo, che pur avviati allo stesso destino «…s’ingegnavano a beccarsi l’uno con l’altro».
A riguardo suggeriamo un ufficio di coordinamento per le comunicazioni del Centrodestra.