Nei confronti delle profferte della Lega e degli altri partiti, il generale farebbe bene a muoversi con prudenza perché nomi noti, soprattutto se sono quelli di persone capaci di catalizzare voti, fanno paura agli stessi capataz dei partiti che li candidano più che agli avversari. Sicché, passate le elezioni, qualora eletto, egli si ritroverebbe a schiacciare semplicemente il pulsante della votazione elettronica
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Per capire che cosa potrebbe accadere al chiacchierato generale Roberto Vannacci, autore del libro politicamente scorretto “Il mondo al contrario”, se si butterà in politica, bisogna riportarsi alla vicenda di due personaggi che sono lontani anni-luce dalla sua visione della società: Patrick Zaki e Mattia Santori. Del primo, uno studente egiziano laureatosi in Italia e già prima della laurea spacciato dalla Sinistra per “ricercatore” fintanto che è stato utile strumentalizzarne la liberazione dalle carceri egiziane, avvenuta grazie al vituperato governo di Giorgia Meloni. Fino a quel momento di lui si parlava tutti i giorni e pareva che fosse diventato il nuovo Silvio Pellico reduce dalla fortezza dello Spielberg, tanto che da più parti si facevano alcune ipotesi sul ruolo che avrebbe ricoperto nell’assemblage di sinistra e, fino a un certo punto si è anche ipotizzato una sua candidatura alle elezioni europee del prossimo anno. Idem per il secondo personaggio, Mattia Sartori, quel capo del movimento delle sardine che pareva destinato all’empireo del Pd e che oggi, invece, si ritrova a ricoprire il modesto ruolo di consigliere comunale delegato.
Ebbene, dopo quaranta giorni dal suo trionfale arrivo nella rossa Bologna, Patrick Zaki è pressoché sparito dai radar e di Santori, ormai, si parla soltanto quando dice minchionerie o attacca il suo stesso partito. La ragione di questa messa in ombra è tanto semplice quanto poco sviscerata dai media: se un candidato estraneo alla politica sale velocemente in alto nella considerazione di una larga fetta di elettori, i primi a esserne spaventati non sono gli avversari ma i suoi stessi compagni di partito che, magari, stanno facendo la gavetta da anni per guadagnarsi qualche candidatura e scatti di carriera.
Ritornando al generale Roberto Vannacci ci risulta che questi, per saltare il vaglio della linea gerarchica intermedia, ha motivato la richiesta di conferimento con il ministro della difesa Guido Crosetto appellandosi ai canonici motivi “privati e personali”. Ovviamente non sappiamo cosa egli intenda dire di preciso al ministro, però la sua fretta di parlargli ci appare sospetta, mentre i partiti stanno preparando le liste dei candidati alle europee e, pertanto, nulla ci vieta di pensare che, dopo aver parlato col ministro, già all’uscita da Palazzo Baracchini il Generale potrebbe rassegnare (polemicamente) le dimissioni dall’Esercito e mettersi, così, sulla piazza delle candidature dove Lega e altri partiti, anche di sinistra, farebbero a gara per accaparrarselo.
Fino a un certo punto riusciamo anche a capire il rutilante tourbillon, la magia e l’autocompiacimento che in questi giorni si stanno agitando nell’animo di un militare il quale, ignoto ai più fino a un mese fa, oggi si ritrova corteggiato per la candidatura alle europee del 90% dei partititi italiani e, nondimeno, ci corre l’obbligo di metterlo sul chi va là ricordandogli alcuni nomi: generale Giovanni de Lorenzo, ammiraglio Gino Birindelli, ammiraglio Falco Accame, generale Luigi Poli. Questi alti ufficiali, pur avendo un prestigioso passato militare alle spalle, in pace e in guerra, dovettero lasciare i loro incarichi a causa di sospetti, polemiche e scontri col sistema di potere venendo per questo accolti a braccia aperte dai partiti del tempo, dal Movimento Sociale, dal Partito Socialista, dal Partito Monarchico e dalla Democrazia Cristiana, nei quali poi svaporarono un po’ alla volta.
Da allora, anche se il risultato finale è sempre lo stesso, è cambiato il criterio di selezione dei militari da accogliere nei partiti, come avvenne per quell’oscuro ufficiale di Marina, Gregorio De Falco, che si ritrovò da travet dalla Capitaneria di Porto di Livorno al Senato della Repubblica nelle fila del M5S, soltanto per aver urlato “Cazzo!” alla radio in occasione del naufragio della nave Costa Concordia. Soltanto due alti ufficiali, il generale Domenico Corcione e l’ammiraglio Giampaolo di Paola, divennero ministri della Difesa: nel governo tecnico di Lamberto Dini il Corcione, in quello di Mario Monti il di Paola. Quest’ultimo in particolare è tutt’ora ricordato come il distruttore delle forze armate italiane, per la sua politica dei tagli scriteriati di reparti, d’infrastrutture e di personale… è proprio grazie a lui che oggi abbiamo delle modestissime forze armate, con più comandanti che comandati. Peraltro, i due governi appena citati furono – che coincidenza – quelli che mandarono a casa il premier eletto Silvio Berlusconi dopo una congiura di palazzo, senza ricorrere alle urne come si fa in democrazia.
In altre parole, generale Vannacci, stia attento a non diventare anche lei un utile idiota, un attore dello stesso “sistema” che ha prodotto le assurdità da lei stigmatizzate nel libro “Il mondo al contrario” e farsi buttare nel dimenticatoio dopo l’uso, com’è avvenuto con la quasi totalità dei suoi già menzionati, illustri colleghi e con alcune recenti meteore che hanno lambito la politica italiana, quali Patrick Zaki e Mattia Santori… non diventi una sardina pure lei!
(Copertina di Laura Zaroli)
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