Un aforisma al giorno toglie il medico di torno
La poetessa Faustina Maratti ha destato il nostro interesse dopo che ci siamo imbattuti per caso in uno dei trentotto sonetti che essa ha dato alle stampe perché, per quanto riferiti al 1723, ci consegnano una patriota ante litteram capace di regalarci perfino alcune anticipazioni del Romanticismo letterario e patriottico di Giacomo Leopardi nella poesia All’Italia. Ma prima di proseguire cerchiamo di capire, almeno nell’essenziale, chi era questa poetessa italiana tutto sommato poco nota ai non addetti ai lavori.
All’età di 23 anni Faustina fu vittima di un fallito tentativo di rapimento, organizzato sul colle del Quirinale in stile ratto di Lucia Mondella, del nobile romano Giovanni Giorgio Sforza Cesarini Savelli che, per questo gesto, dovette scappare da Roma inseguito dalla giustizia. L’invaghimento e il successivo tentativo di rapimento del Cesarini sono in una certa misura comprensibili, perché immaginiamo che della nostra protagonista fosse facile innamorarsi, essendo ella procacemente bella, come appare in un quadro del padre, e dai multiformi interessi. Oltra alla poesia coltivava, infatti, il canto, la danza, la musica e la pittura, sicché per noi parlarne in modo esaustivo richiederebbe più competenze, più spazio e più tempo di quanto ne possediamo. Pertanto, ci soffermeremo soltanto su alcuni aspetti della sua vita, quelli che, a nostro avviso, dovevano considerarsi insoliti per un’epoca in cui l’esistenza di una donna non si svolgeva proprio all’insegna delle pari opportunità, se non in casi straordinari.
Ciononostante Faustina Maratti, con lo pseudonimo di un personaggio della mitologia greca, Aglauro Cidonia, fu accolta nell’Accademia letteraria dell’Arcadia che si riprometteva di far ritornare in auge la letteratura classica dopo gli eccessi tipici del barocco, ovvero «…per distruggere quella barbarie con la quale, per la maggior parte del passato secolo, si scriveva in Italia». Nell’Accademia conobbe il marito Giovambattista Felice Zappi (dal quale prese il secondo cognome), un giureconsulto che aveva eccellenti rapporti col papato e con i salotti letterari e mondani del tempo… mondani come potevano esserlo quelli della Roma papalina del Settecento. Altro aspetto che colpisce e che è infrequente nella vita di artisti e poeti, fu il fatto che Faustina ebbe una perfetta intesa coniugale col marito, nonostante qualche sua scappatella, col quale condivideva anche l’interesse per la poesia, tant’è che nel 1723, ovvero quattro anni dopo la sua morte, diede alle stampe la prima edizione delle “Rime di Giovambattista Felice Zappi e di Faustina Maratti sua consorte”, dove figuravano anche i suoi 38 sonetti.
Ebbene, per quanto di numero piuttosto esiguo, tali sonetti ci disvelano la modernità del pensiero di Faustina Maratti, laddove ci rivelano anche una femminista ante litteram perché essi sono dedicati, per la maggior parte, a grandi figure di donne dell’antica Roma. Più intimi sono, invece, i versi che parlano della sua vita di moglie e mamma, specialmente nel sonetto dedicato al figlio terzogenito Rinaldo, morto nel 1711 all’età di due anni: questo sonetto è bellissimo perché, in una sola quartina, essa riesce a disegnare con le parole le fattezze del piccolino alla perfezione, tant’è che il pittore Donato Tesauro ne ha stilizzato il ritratto basandosi sulle sue parole.
Chiudiamo questo flash su Faustina Maratti con un accadimento del 1728, insolito per una donna. Perché insolito? Perché sapevamo di persone che son dovute ricorrere ai tribunali per vedersi riconosciuta la paternità, ma mai per vedersi attribuire una maternità, come accadde alla nostra, allora che un giovane la portò in tribunale sostenendo che lei fosse sua madre e innescando un procedimento giudiziario che durò ben quindici anni. Osservazione finale che di elegiaco ha ben poco: anche allora la giustizia funzionava male.
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