Una nuova era per l’Unione Europea?

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Sta di fatto che mentre ci dividiamo in bislacche e contrapposte tifoserie per tutto, l’Unione Europea sta rapidamente sviluppando la malattia che la ucciderà se non si trova subito la cura adatta per fermarla. Si tratta di un cancro che si chiama disaffezione al voto, o voto di protesta di elettori sempre più arrabbiati

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Se Dio vuole la campagna elettorale permanente della Sinistra nel suo variegato insieme, iniziata con l’insediamento del governo di Giorgia Meloni nel 2022 e proseguita nelle scorse settimane, si prenderà una pausa. Si spera. Al presente rileviamo che la polarizzazione FdI – Pd, coltivata durante la campagna elettorale per le europee da Giorgia Meloni e da Elly Schlein, sembrerebbe averle favorite. Infatti, stando agli exit poll le due primedonne della politica italiana, per ragioni diverse, in diversa misura e con diverse conseguenze sul loro futuro politico, hanno buone possibilità di uscire bene da questa tornata elettorale ma anche amministrativa, sia in termini di percentuali che in termini di prospettiva politica.

Fatta la tara sulla diversità delle consultazioni elettorali europee rispetto a quelle politiche e amministrative nostrane, se i risultati delle previsioni saranno confermati, la Meloni potrà esibire fin da subito il dato oggettivo che, per la prima volta nella storia di questo Paese, il governo ha mantenuto i voti dopo quasi due anni di permanenza al potere, e li ha perfino accresciuti grazie proprio ai numeri portati a casa dal suo partito. Ma questo potrebbe non significare niente perchè all’Italia a Bruxelles spettano 76 seggi complessivi, ovvero quasi il 10% del totale (720), sicchè si capisce che senza alleanze anche tra ex avversari politici, la situazione rischia di rimanere com’era anche in caso di forte affermazione della destra e dell’ultra destra europea con la quale, almeno a parole, nessuno vuole fare accordi. Ma è veramente così? Sta di fatto che le destre sono vincenti più o meno dappertutto e, volente o nolente, con loro bisognerà fare i conti, È un caso che in fatto di alleanze la Meloni si sia lasciata le mani libere?

Elly, dunque, uscirà da queste elezioni europee con le ossa meno ammaccate di quanto si potesse prevedere visto che viene data oltre quel 20% che si era prefissato per rimanere alla guida del Pd, questo nonostante le abbiano fatto la fronda alcuni cacicchi e capibastone come quello della Campania, Vincenzo De Luca. La segretaria del Pd, infatti, potrebbe portare a casa una non sconfitta che le varrà la sopravvivenza politica, sicché da lunedì potrebbe iniziare a disfare le valige che aveva preparato per traslocare dal Palazzo del Nazareno in caso di risultato insopportabilmente deprimente per un partito che, alle europee del 2014, sotto Renzi aveva portato a casa il 40,8%. Ma ormai il Pd è ridotto talmente male che oggi anche una non sconfitta può essere sbandierata come una vittoria, col sovrappeso del fatto che la sopravvivenza politica di Elly Schlein sarà, a nostro avviso, una iattura per il PD e per l’Italia, ciò perché la sunnominata segretaria l’unica cosa che sa far bene è il capo manipolo dei movimanti protestatari e para-eversivi. Idee per il realistico governo del Paese: zero. L’esemplificazione della pericolosità della sinistra italiana nel suo insieme è in quell’Alleanza Verdi e Sinistra che per raggranellare voti ha candidato una violenta e prevaricatrice certificata, peraltro agli arresti domiciliari in Ungheria e che probabilmente verrà pure eletta. Mettere il governo dell’Europa o dell’Italia in mano a questa gente fa venire i brividi soltanto a pensarci!

Lo stesso discorso fatto per il PD volendo si potrebbe fare anche per la Lega che alle europee del 2019 fece lo strabiliante risultato del 34,3%, il cui segretario e all’epoca ministro nel governo Conte Uno, pensando di essere diventato un imbattibile Capitano, si avvitò su di un’incomprensibile strategia e, in pochi mesi, buttò quel risultato nel cesso con iniziative politiche a dir poco demenziali: perfino Umberto Bossi che della Lega fu il padre, ad urne aperte ha disconosciuto la sua creatura dichiarando che avrebbe votato per Forza Italia. Rispetto alla Schlein, però, Salvini ha un vantaggio perchè un eventuale risultato poco esaltante per il suo partito (ma con Vannacci in lizza questa ipotesi è piuttosto contenuta …) andrebbe a stemperarsi nella complessiva buona percentuale di consensi ottenuti dalla coalizione di governo, della quale la Lega fa parte. Senza dimenticare il fatto che sia Salvini, sia una buona parte del caravanserraglio di sinistra (contrari agli aiuti militari all’Ucraina dopo averli votati in Parlamento) alcuni giorni fa hanno ricevuto pure l’indiretto endorsement di compare Putin: «Vediamo che in Italia non monta una russofobia da cavernicoli». Diceva il brav’uomo del Cremlino mentre inviava un sommergibile atomico lungo le coste degli Stati Uniti. Poi c’è Fratelli d’Italia che, pure avendo fatto la campagna elettorale col cadavere al seguito (Berlusconi), si dibatterebbe più o meno nelle stesse percentuali della Lega, sotto la guida di quel democristiano riciclato che è Antonio Tajani.

Sempre stando alle proiezioni, per il M5S di Giuseppe Conte la strada dell’onirismo grillino di una politica in mano a gente che abbia quale curriculum l’incompetenza certificata sembrerebbe più ardua da percorrere, non tanto perché nelle europee del 2019 il suo movimento portò a casa un risultato molto più dignitoso di quello che va profilandosi oggi, ma perché appare ormai chiaro che l’unico consenso stabile per Conte è quello proveniente in buona parte dagli elettori del Sud Italia, speranzosi di tornare al ripristino del reddito di cittadinanza. Non a caso il sedicente avvocato del popolo, il fan assieme a Travaglio della magistratura integralista, ha chiuso la campagna elettorale a Palermo dove, carte alla mano, v’è lo zoccolo duro dei percettori del reddito di cittadinanza e forti commistioni tra la malavita locale e gli aventi diritto.

Ma non proiettiamoci troppo in avanti perché i giochi veri si apriranno da domani a Bruxelles dove, a seconda delle alleanze possibili, si deciderà se la Commissione Europea avrà ancora una maggioranza chiamata Ursula (ed è probabile) oppure una a nome Mario (e lo auspichiamo), oppure chissà chi… una Meloni? Nel frattempo, mentre ci dividiamo in stupide e contrapposte tifoserie su ogni cosa, l’Unione Europea sta rapidamente sviluppando la malattia che la ucciderà se non trova subito la cura adatta per arrestarlo. Si tratta di un cancro che si chiama disaffezione e voto di protesta degli elettori, come dire che sempre meno cittadini del Vecchio Continente credono nell’UE e in quello che l’economista americano Jeremy Rifkin chiamò sogno europeo. La politica dell’UE, se vuole sopravvivere a se stessa, se vuole fronteggiare con autorevolezza e credibilità le sfide del futuro deve riuscire a far cambiare idea a questi milioni di europei scettici o delusi. Chiudiamo osservando che Giorgia Meloni, per la prima volta nella storia del nostro Paese (un’altra prima volta…), ritornerà agli impegni internazionali più forte di tutti gli altri premier europei.

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