Ovvero le parole che vorrei dirti tutti i giorni e non soltanto l’otto marzo
– Enzo Ciaraffa –
Non agiterò rami di mimose per te, né indugerò in frasi mielose come se tu, o donna, fossi la mia scoperta di oggi e non la pulsante ansia creativa dell’universo primordiale nel quale tutto iniziò.
Senza il pathos che riesci a suscitare nel cuore e nella mente degli uomini, o donna, i popoli barbari non avrebbero ingentilito i loro fieri costumi, né conosceremmo oggi l’immarcescibile sentimento che legò per tutta la vita Eloisa ad Abelardo, né l’amore di Dante per Beatrice e neppure la passione di Petrarca per Laura.
Si trattò di sentimenti e di trasalimenti che, trasposti in opere, hanno fatto fare dei passi da gigante alla letteratura e anche alla capacità d’introspezione degli uomini: come dire che senza di te, o donna, non vi sarebbe civiltà.
Sì, sei mutevole, ma lo sei come la crisalide che diventa farfalla, le tue variabili umorali sono capaci di portarmi, è vero, in paradiso o scaraventarmi all’inferno, ma senza quel paradiso e quell’inferno non avremmo avuto Omero, Caravaggio, Goya, Canova e Leopardi.
Come loro non riesco ad immaginare la vita senza gli stimoli ideativi ed emozionali che provengono da te, o facitrice di uomini e di destini. Sarò, pertanto, sempre al tuo fianco nella lotta per spostare più avanti il termine di negletti diritti, di conculcate affermazioni, di tardive gioie e speranze. Ma questo non è un mio intento di oggi: lo era già di ieri e lo sarà anche di domani e di sempre.
Se è vero – come ritiene la scienza dell’IO – che in ogni uomo sonnecchia anche un inconscio femminile, sei la parte migliore di me, o donna.