Se Enrico Letta e i vari capataz della Sinistra avessero studiato la storia del nostro Paese, avrebbero di certo fatto tesoro di un detto napoletano riferito alla vicenda finale dello sfortunato cognato di Napoleone e per poco tempo re di Napoli, Gioacchino Murat, invece di costruire, un pezzetto alla volta, quel macigno con il quale hanno tentato di schiacciare gli avversari politici e che in questi giorni, invece, sta travolgendo loro
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Tra le leggi che Gioacchino Murat emanò durante il suo breve regno napoletano, ve ne fu una che avrebbe ricordato fino a un attimo prima di morire: la legge che condannava a morte gli attentatori della monarchia. Fu applicando quella legge, infatti, che una corte di giustizia borbonica lo condannò alla fucilazione dopo che aveva tentato di riprendersi il Regno dai Borbone. Questo particolare non sfuggì ai napoletani che, a ragion veduta, ci costruirono sopra un detto popolare che viene utilizzato ancora oggi: “Giacchino facette ‘a legge e Giacchino fuje acciso”. Come dire che Gioacchino patì le conseguenze della legge che lui stesso aveva voluto.
Ebbene, se Enrico Letta e i vari capataz della Sinistra avessero studiato la storia del nostro Paese, avrebbero fatto tesoro di questo detto, invece di costruire, un pezzo alla volta, quel macigno con il quale hanno tentato di schiacciare gli avversari politici e che invece sta per travolgere loro: il politically correct.
D’altronde, la Sinistra italiana, nata dallo stesso seme che aveva originato le tre grandi dittature del Novecento come quella comunista, fascista e nazista, ha sempre ritenuto, al contrario, di possedere un ineccepibile pedigree, tanto da poter imporre le sue regole anche agli avversari politici, spesso aiutata in questo della Chiesa, da una certa Magistratura e dai media.
Questi ultimi, in particolare, più che fare giornalismo sono ormai dei costruttori di teoremi utili a danneggiare questo o quel partito. Figurarsi che alcuni quotidiani sono riusciti, in queste ore, a mettere in relazione con il Centrodestra perfino l’attentato a Daria Dugin, figlia dell’ideologo ultranazionalista russo Alexander Dugin, avvenuto ieri a Mosca. A questo punto non possiamo che auspicare il ritorno dei media, se non al senso della decenza, almeno a quello del ridicolo.
In virtù della sua indimostrata superiorità, la Sinistra – che fosse al governo o all’opposizione – ha sempre avuto la meglio nel piazzare i propri uomini nei posti di sottogoverno, nelle banche, nella Magistratura, nelle redazioni e soprattutto nella Pubblica amministrazione. Per capacitarsene basta andare nelle segrete stanze dei principali organi d’informazione, dentro il Mps, nell’Inps, nelle correnti della magistratura e perfino nel Csm, posti dove il merito e le capacità sono, molto spesso, secondari.
Secondo questa Sinistra, gente come Berlusconi, Salvini e Giorgia Meloni semplicemente non avevano il diritto di esistere politicamente perché sarebbero personaggi in perenne debito di democrazia, a meno che non s’iscrivessero nel Pd… allora sì che ogni macchia sarebbe stata mondata. Infatti, c’era sempre un esploratore che (magari assieme a qualche Procuratore volenteroso) si dava da fare per trovare un minimo di cose censurabili nel passato degli avversari come, per esempio, i presunti rubli presi da Salvini a Mosca, i puttanai di Berlusconi e le pulsioni fasciste di Giorgia Meloni che, poverina, è nata mezzo secolo dopo la caduta del fascismo.
Subito dopo cotanti esploratori, nel Centrosinistra sono arrivati i maestrini del politicamente corretto, quelli che decidono che cosa è ammodo, e cosa non lo è. Qualche esempio? Bastò che Salvini auspicasse i pieni poteri (in realtà il coglionello intendeva la maggioranza parlamentare) per bollarlo come un Francisco Franco in sedicesimi. È bastato che Berlusconi dicesse una cosa piuttosto ovvia come quella che, nel caso di un’evoluzione presidenziale del nostro ordinamento politico, Mattarella avrebbe dovuto dimettersi, per fare inorridire i suddetti maestrini!
E, poi, qualcuno ha scoperto che il pedigree del Centrosinistra a trazione Pd non è così immacolato come ci volevano far credere perché nelle sue fila, specialmente tra i giovani personalmente scelti da Letta, si annida di tutto.
Il capolista Pd della Basilicata, Raffaele La Regina, si è dovuto dimettere perché negazionista dello Stato d’Israele, una roba che non pensa più neppure Hamas.
E poi Albino Ruberti, il capo gabinetto (del Pd) del sindaco piddino di Roma, si è dovuto dimettere perché beccato a sbraitare in pieno centro mentre, nel corso di una piazzata, si proponeva di sparare qualcuno (confidiamo a parole) se questo non si fosse inginocchiato ai suoi piedi.
E, poi, si è dovuta dimettere la capolista Pd nel collegio di Venezia, Rachele Scarpa, secondo la quale Israele praticherebbe l’apartheid contro i palestinesi: dimentica la sprovveduta che nello Stato d’Israele vive oltre un milione di palestinesi che ha gli stessi diritti e doveri degli israeliani, compresa una rappresentanza alla Knesset.
Siamo persuasi che il gioco del politically correct andrà avanti perlomeno fino al prossimo 25 settembre, e tutto a danno del Pd per una ragione molto semplice: ha governato (talvolta illegittimamente) per alcuni anni lasciando le impronte digitali su molti dossier, dando, nel contempo, ricetto a molti esaltati con la kefiah. Come dire quelli che, da un giorno all’altro, Letta voleva trasformare in una classe dirigente “…dagli occhi di tigre”.
Solo che la tigre sta per azzannargli il sedere.
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