Chi ci immunizzerà dall’App Immuni?

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A detta del governo sembrerebbe tutto lineare ma, ahimè, i dubbi principali restano perché anche se si tratta di un’applicazione di Stato, nessuno ci ha assicurato fino ad oggi che non ci saranno falle nel sistema. Peraltro è forte il timore che i nostri dati immagazzinati vadano a finire nelle mani delle compagnie farmaceutiche, assicurative, della sanità privata, della finanza e perfino del fisco. E poi resta ancora senza risposta la grande incognita dell’ente statale che dovrà gestire correttamente i dati raccolti
– Patrizia Kopsch* –

Vi state ponendo, o ve lo sarete già posto, anche voi il dilemma se scaricare o meno l’App Immuni che, a quanto pare, sarà disponibile a breve. In verità credo che in proposito il governo debba fare maggior chiarezza sul suo utilizzo, soprattutto sulle modalità di trasmissione dei dati raccolti e chiarendo a chi ne sarà affidato il trattamento. A una società privata o pubblica? Siamo proprio sicuri che non ci saranno falle nel sistema una volta partito? Beh, non credo che a queste domande si possa rispondere in poche righe e, perciò, confido che il mio contributo possa essere preso per ciò che è: uno spunto di riflessione sul quale tornare, magari con altri lavori e/o pareri più autorevoli dei miei.

Pare che a fine maggio, ma il dubitativo è d’obbligo stante la nostra burocrazia, si potrà scaricare l’App Immuni scelta dal governo per il contact tracing, o tracciamento dei contatti delle persone risultate positive al coronavirus. Prima ancora di diventare disponibile e sebbene il download sarà effettuato su base volontaria, questa App ha suscitato reazioni che in verità sono piuttosto contrastanti. Infatti, se da una parte v’è chi si dichiara disposto a scaricarla ed a farsi tracciare senza problemi, dall’altra persistono forti i dubbi sul rispetto della privacy e sull’uso dei dati raccolti, dati peraltro ultrasensibili poiché l’applicazione avrà una sezione dedicata a una sorta di diario clinico nel quale annotare informazioni relative alle proprie condizioni di salute.

Ebbene, per offrire agli amici del blog almeno degli scampoli di chiarezza, ho effettuato un po’ di ricerche per capire come funziona questa applicazione e valutare con cognizione di causa in nome di quali benefici ci venga chiesto di rinunciare alla privacy e quali, e di quale portata, sarebbero invece i rischi legati al suo utilizzo.

Mi è parso di capire che, in estrema sintesi, il tracciamento dei contatti avverrebbe così: tramite la tecnologia Bluetooth, grazie alla quale i cellulari conservano in memoria i dati di altri cellulari con cui sono entrati in contatto, sotto forma di codici anonimi crittografati, l’App Immuni riconoscerà tra i dati inseriti nella propria memoria quelli di un contagiato e visualizzerà la notifica all’utente in forma anonima. Almeno così ci assicurano.

Esistono due modalità di funzionamento dell’App, un modello decentralizzato in cui il livello di rischio è calcolato dal dispositivo stesso, vale a dire dal cellulare, e un modello centralizzato in cui il rischio è quantificato invece da un server. Al momento, però, il governo non ha fatto sapere quale sarà questo server, anche se ci hanno anticipato che sarà gestito in Italia. Il modello centralizzato, però, darebbe la possibilità di rendere disponibili le informazioni agli epidemiologi e al servizio sanitario nazionale, ma pare che anche con il modello decentralizzato sarebbe possibile condividere, su base volontaria, i dati memorizzati dal cellulare per estrarre grafici e individuare le persone a rischio.

Fino a qui sembrerebbe tutto lineare ma, ahimè, i dubbi principali restano: anche se si tratta di un’App di Stato, chi ci assicura che non ci saranno falle nel sistema? Quanto potrà far gola a compagnie farmaceutiche, assicurative, della sanità privata e della finanza questa mole di dati ultrasensibili? E a chi sarà affidata la gestione dei dati raccolti? Basterà fare il download e il gioco sarà fatto? Si salveranno delle vite?

Ma evidentemente la questione è più complessa e, anche per questo, il governo è già in ritardo per operare una certa chiarezza sull’App Immuni e sulle garanzie per la nostra privacy che, non dimentichiamolo, è sorella gemella della libertà personale.

* Giornalista freelance, blogger, formatrice digitale