Centrodestra, dalla caput mundi allo sgarrupatut mundi

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Coloro che lo votano possono soltanto sperare che dalle macerie di Roma, la caput mundi, e di Milano capitale morale dell’Italia, possa finalmente nascere un Centrodestra moderno, che capisca di aver bisogno di una lunga “non belligeranza” con i poteri forti, se vuol togliere questo Paese dalle mani di una classe politica illiberale e ripristinare i diritti garantiti dalla Costituzione

– Enzo Ciaraffa –

Nonostante avessero le leve del governo e del potere in mano, la sinistra e i grillini erano decotti e molto probabilmente sarebbero politicamente morti già nel 2019 se fossimo andati ad elezioni nei modi e nei tempi che avrebbe suggerito il buonsenso, invece di ricorrere ad un traditore di se stesso, prima, ed al demiurgo imposto ancora una volta dal Quirinale, poi. Ma in questi ultimi due anni i grillo-piddini sono stati tenuti in vita da tre rianimatori di grande talento: il reddito di cittadinanza, la pandemia e il Centrodestra, in particolare Matteo Salvini e Giorgia Meloni, sebbene in misura e tempi diversi. E per dimostrarlo non voglio partire dalla maledetta estate di due anni fa – quella del mojito e della trippa esibiti al Papeete di Milano Marittima per capirci – quando il segretario della Lega, senza avere un intellegibile piano in testa, ruppe con il M5S sperando di far cadere il governo e di andare ad elezioni anticipate. Il perché lo fece non ci è chiaro neppure oggi, anche se al tempo sospettammo che si fosse fatto infinocchiare da Renzi con qualche altro, inedito «Stai sereno Matteo…» pur di andare lui al governo e tenere sì Conte a Palazzo Chigi ma sotto la spada di Damocle del suo lillipuziano partito. Sta di fatto che il senatore di Rignano sull’Arno ha fregato pure Giuseppi, facendogli venir meno la maggioranza e agevolando la nascita di una sorta di ircocervo chiamato, di volta in volta, governo di solidarietà o governo di unità nazionale, sotto la guida di Mario Draghi, un leader che tutti i partiti che lo sostengono vorrebbero da qualche parte eccetto dove si trova adesso. Poi alla segreteria del PD è arrivato l’ineffabile Enrico Letta, che nel volgere di pochi mesi è riuscito a far rimpiangere perfino quell’aurea mediocritas del suo predecessore, Nicola Zingaretti, mentre PD e M5S, logorati da contraddizioni interne e da una tresca amorosa sottobanco che produrrà i primi effetti proprio a Roma col ballottaggio, raggiungevano il minimo storico di consensi, anche se insieme incettavano ancora oltre il 40%.

È stato in questo brodo di cultura che si sono svolte le appena terminate elezioni che hanno interessato anche grandi città come Napoli, Roma e Milano dove, nelle ultime due, il Centrodestra poteva mettere a segno un uppercut al PD, ai Grillini e, indirettamente, alla traballante segretaria di Enrico Letta. E, invece, cosa hanno fatto Salvini e Giorgia Meloni per sostituire De Magistris a Napoli, per scalzare Sala a Milano e Virginia Raggi a Roma? Sorvolando su Napoli che al momento è pressoché inconquistabile dal Centrodestra (nemico giurato del reddito di cittadinanza che è diventato, ormai, il reddito del Sud), dopo avere fatto schifare con i loro traccheggi due candidati tosti come Albertini e Bertolaso, hanno ripiegato su due figure pressoché sconosciute e prive di qualsiasi attrattiva politica: un professore di diritto e speaker radiofonico a Roma, Enrico Michetti, e un oscuro pediatra a Milano, Luca Bernardo. Quest’ultimo, tra l’altro, a poche settimane dal voto, ha minacciato di ritrarsi dalla corsa perché non gli erano arrivati i soldi per la campagna elettorale da parte dei partiti della coalizione.

Insomma, pur senza le bordate di Giorgetti sulla mediocrità dei candidati del Centrodestra (del quale lui farebbe comunque parte…), la droga di Luca Morisi e il giudizio sprezzante del padre quasi nobile, Berlusconi, sull’eventualità di avere Giorgia Meloni o Matteo Salvini come premier, la coalizione avrebbe perso in ogni caso Roma e Milano per una ragione semplice: non si può pensare di condurre un campagna elettorale convincente con qualche comparsata qua e là, aiutandosi un pochino con  Twitter, con Instagram e con i messaggini su Facebook. La politica è fatta di programmi articolati, di idee che si confrontano e, soprattutto, è fatta di coraggio che, all’occorrenza, se ne impipa dei like sui social. Peraltro, il Centrodestra non se le può proprio permettere le campagne elettorali virtuali, perché non ha, a compensazione sul terreno, un amico al Quirinale, non possiede l’organizzazione della Sinistra sul territorio e non vanta nelle Procure le stesse entrature del PD, tant’è che il caso Morisi della Lega, benché accertato ad agosto scorso, è stato reso pubblico una settimana prima delle elezioni. Così come l’inchiesta del giornale online Fanpage sulle presunte frequentazioni fasciste dell’europarlamentare Carlo Fidanza per ottenere finanziamenti illeciti che – pensate! – benché iniziata nel 2019 è stata resa pubblica quarantott’ore prima che i seggi aprissero i battenti. Ciò con un video confuso e che a noi sembra un maldestro taglia e incolla. Per carità, non sosteniamo che Morisi e Fidanza abbiano fatto, o non fatto, quanto loro addebitato perché non lo sappiamo, però ci lascia perplessi la tempistica con la quale i due fatti sono stati resi pubblici: dei servizi segreti deviati non avrebbero saputo far di meglio!  

Stando agli exit poll Roma e Milano sono virtualmente perse per il Centrodestra. La sconfitta annunciata, però, non si avrà per le eventuali mene della magistratura e/o di alcuni media, ma all’evanescenza del Centrodestra, dove Berlusconi deve ancora decidere che cosa vuol fare di Forza Italia, la Meloni dovrebbe smetterla di gareggiare con Salvini a chi sia il primo della classe e il segretario della Lega passare la mano, perché dal Papeete in poi la sua gestione politica del partito è stata semplicemente fallimentare. Di questo passo Salvini e Meloni non avranno mai la possibilità di governare il Paese perché continuano a far muro contro muro con i partiti avversari, con il Quirinale, con i sindacati, con la magistratura, con la quasi totalità dei media e con l’Unione Europea, cioè con quelli che – piaccia o meno – detengono il potere reale in Italia, in Europa e nel mondo. E invece è tempo, ormai, di progetti, di dialogo e di compromessi che rassicurino questi poteri forti, che purtroppo non sono un’entità astratta ma piuttosto concreta.

Dubitiamo che la Meloni e Salvini abbiano mai approfondito le loro conoscenze storiche perché, se lo avessero fatto, avrebbero appreso che negli otto mesi che durò la “non belligeranza” prima di imbarcarsi nella II Guerra Mondiale, l’Italia, nonostante la sua modesta industria, ricevette commesse da tutti i Paesi europei ed extraeuropei, e saremmo andati avanti così per tutta la durata della guerra. Come dire, che con governanti meno imbecilli di quel provinciale fanatico di Mussolini, l’Italia sarebbe potuta uscire straricca dalla guerra senza sparare neppure un colpo di fucile.

A questo punto si può soltanto sperare che dalle macerie di Roma e di Milano nasca un Centrodestra moderno che capisca di aver bisogno di una lunga “non belligeranza” con i poteri forti se vuole togliere questo Paese dalle mani di una classe politica illiberale e ripristinare in questo modo la piena democrazia. E quanto sia pericolosa, al momento, la situazione italiana è nel fatto che noi liberali ci siamo ridotti a sperare nella destra – nella destra pensate! – per ottenere il ripristino di tutte le garanzie costituzionali. A meno di smentite clamorose degli exit poll (e non sarebbe la prima volta …), Milano è persa e la caput mundi lo sarà probabilmente al ballottaggio. Ma ad andare perduta sarà anche la capacità politica degli attuali leader del Centrodestra se perfino Letta ci appare Bismark rispetto a loro.

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