By Cybergeppetto
Dopo tanti artisti contemporanei assai eccentrici, iperconcettuali e, forse, un po’ troppo egocentrici, finalmente anche dall’arte dei giorni nostri arriva un’idea veramente entusiasmante, pratica ed efficace! Con grande entusiasmo ho seguito in televisione la trovata di Banksy, quella del quadro che si autodistrugge.
Mi immagino il pathos dell’acquirente, che si era svenato per far battere il quadro a suo favore e lo ha visto ridursi in fettuccine grazie ad una taglierina nascosta nella cornice. Chissà? Dal suo stupore potrebbe nascere qualcosa che ci libererà dal peso della parte incomprensibile dell’arte, quella così intelligente che non viene compresa da nessuno.
Mentre il quadro incriminato non era di dimensioni drammatiche, pare proprio che non ci sia limite alle dimensioni delle opere contemporanee che vengono proposte al pubblico, ricordo una specie di pietrone che giganteggiava nel cortile di uno storico palazzo di Milano, roba alta almeno tre piani.
In anni passati ho avuto la triste sorte di conoscere un grande numero di artisti dediti a nuove esperienze artistiche, gente decisamente lontana da noi comuni mortali che viviamo un triste quotidiano, loro, invece, sono puri spiriti che vivono l’empireo dell’arte spiegandoti quanto sarà bella la loro mostra.
Tutta questa gente provoca almeno un paio di guai. Il primo è che veniamo inondati di opere d’arte di grandi misure, a volte di dimensioni colossali, che proprio non si sa più dove mettere. Il secondo è che è più conveniente dal punto di vista fiscale finanziare delle mostre d’arte decisamente stravaganti, piuttosto che finanziare l’imprenditoria giovanile. Grandi fondazioni dai nomi inequivocabili finiscono per fare operazioni di comunicazione semplicemente finanziando attività pseudo artistiche, la cui tassazione è agevolata.
Tornando al nostro Banksy, l’idea dell’artista era, probabilmente, destinata a punire coloro che intendono disfarsi delle sue opere, ma, forse involontariamente, l’artista ci dà un suggerimento prezioso.
Un tritacarte per ogni quadro astruso, un trituratore per ogni scultura informe, qualche giorno di gloria in una mostra non deducibile dalle tasse e poi tutto potrebbe essere convenientemente riciclato.
Magari anche l’ego di molti artisti potrebbe essere trasformato in una sorta di energia rinnovabile spingendoli al lavoro ordinario, meno affascinante, meno visionario, ma più concreto.
Certo nessuno potrà trasformare un quadro in fettuccine al sugo, ma già il pensiero che ci saremo liberati del pesante fardello di opere inutili e, contemporaneamente, dell’ego dei loro autori ci fa stare meglio e digerire i vaniloqui di inutili critici d’arte.
Il tritacarte, o il triturarifiuti, diventeranno la rivincita di chi è costretto a lavorare e che vede molti ciarlatani passare la vita dediti al più truce vitellonaggio travestito da afflato artistico.
Se volete delle fettuccine al sugo, abbiate cura di evitare il quadro di Banksy, non credo sarebbe molto digeribile.