Ai dirigenti scolastici è stata data la gestione finanziaria delle risorse e dei “risultati del servizio”, come se la scuola fosse un’azienda e non, invece, un vivaio di uomini e donne in miniatura dove gli unici risultati da ottenersi sono il sapere e la conoscenza, due condizioni della mente e del cuore, che già risultano pesantemente conculcate in un normale programma scolastico, figuriamoci se incapsulati nei cosiddetti risultati di servizio
– Enzo Ciaraffa –
Non passa giorno che la cronaca nera non registri comportamenti violenti sui bambini, perfino di età prescolare, da parte di alcuni docenti. Evidentemente preoccupate, diverse associazioni di genitori sono tornate ad invocare una legge che garantisca la sicurezza negli asili e nelle scuole. In verità un disegno di legge in tal senso giace da un anno e mezzo in Senato che, in tutt’altre faccende affaccendato, non si decide a licenziarlo. Va detto, però, che questo disegno di legge è di tipo talebano perché, oltre alla videosorveglianza in scuole ed ospizi, vorrebbe imporre a tappeto test psicoattitudinali per gli insegnanti ancora da assumere e visite psicologiche sugli insegnanti già di ruolo. Tuttavia, se i testi psicoattitudinali sono auspicabili in sede di selezione del personale docente, non lo sono affatto per gli insegnanti già di ruolo poiché – giustamente – la legge proibisce accertamenti sanitari a scandaglio sul personale dipendente.
Contro la richiesta dei genitori è insorta, alcuni mesi fa, l’Associazione pedagogisti educatori italiani (Apei) per bocca del consulente scientifico Ermanno Tarracchini: «Un’assurda proposta questa che viene invocata da più parti e che vorrebbe imporre visite psicologiche obbligatorie a tappeto sui docenti, pensando in questo modo, di salvaguardare i minori dal disagio e da presunti atti di violenza da parte di insegnanti disturbati e dimostrando con questa proposta, di essere lontano dalle dinamiche di apprendimento e della vita di classe. Con questa proposta si vorrebbe supporre che gli psicologi posseggano la patente per valutare e sancire l’idoneità umana e professionale di una persona all’insegnamento e alle relazioni interpersonali? Certamente alcuni docenti non sono all’altezza del loro compito educativo così come tanti psicologi del resto, sia sul piano umano che professionale, ma si tratta di una esigua minoranza che non giustifica la colonizzazione psicologica della scuola».
Siamo più che d’accordo con Ermanno Tarracchini perché, secondo noi, il problema dell’inadeguatezza dei docenti è a monte del loro iter professionale, nel senso che essi vengono assunti, di massima, con frettolose infornate politiche e non, invece, dopo attenta e ponderata selezione. Non è perciò col codice penale alla mano che si possono risolvere i tantissimi problemi connessi al ruolo dei docenti ma, semmai, prepararli ad adattare la strategia didattica alla tipologia dei bambini loro affidati: un bambino della materna iperattivo non va escluso o strattonato, ma indirizzato verso l’attività che maggiormente gli si confà. E questa è politica dirigenziale non materia da tribunale.
E invece le analisi che vengono periodicamente effettuate sul funzionamento della scuola, chissà perché, lasciano sempre fuori un personaggio che, secondo noi, è il primo responsabile di quanto vi sta accadendo: il dirigente scolastico. Basti pensare che egli è membro di diritto del Consiglio d’istituto, è presidente della Giunta esecutiva del Consiglio d’istituto, del Collegio dei docenti e dei Consigli di classe… e già soltanto per questi ruoli dovrebbe conoscere a menadito tutti i problemi in cui si dibatte la sua scuola, violenza sui bambini compresa.
E, invece, accade che spesso e volentieri sia egli stesso una parte del problema, vuoi perché non riesce a riportare nell’alveo del rispetto dei ruoli né il personale docente, né quello ausiliario, vuoi perché nella sua gestione lascia degli spazi di controllo vuoti che, quasi sempre, vengono riempiti da camarille e tensioni tra docenti, o tra docenti e personale ausiliario, creando così un ambiente insalubre per i rapporti tra i diversi operatori e, soprattutto, tra questi e i bambini.
D’altronde, basta soffermarsi su alcune tempistiche per capire che cosa sta succedendo nella scuola italiana e perché. Nel 1998 è stata istituita la figura del dirigente scolastico e, più o meno nello stesso periodo, sono incominciati i problemi dei maltrattamenti nelle scuole ad opera di qualche insegnante che, probabilmente, non doveva essere neppure assunto. Come mai? Sono i dirigenti la fonte dei comportamenti inadeguati degli insegnanti? Certamente no, anche se è innegabile che il contesto generale della scuola è venuto repentinamente a modificarsi con l’introduzione di questa figura, una figura che oggi assomma i ruoli che un tempo furono del preside e del direttore didattico.
Purtroppo, ai dirigenti scolastici è stata data la gestione finanziaria delle risorse e dei risultati del servizio, come se la scuola fosse un’azienda e non, invece, un vivaio di uomini e donne in miniatura dove gli unici risultati da ottenersi sono il sapere e la conoscenza, due ambiti della mente e del cuore che già risultano pesantemente circoscritti in un normale programma scolastico, figuriamoci se incapsulati nei cosiddetti risultati di servizio che deve pretendere un dirigente, se vuole conservare stipendio e indennità di risultato il cui cumulo, in alcuni casi, supera i centomila euro l’anno.
È per tale ragione, per voler ottenere ad ogni costo questi risultati di servizio da professionisti che furono preparati per la vecchia missione d’insegnare e non certo per far business, che la figura del dirigente non ha portato cambiamenti positivi nella scuola italiana. E non è neppure vero, secondo noi, che l’inconscio di alcuni docenti veda negli alunni una specie di controparte, mentre è certamente vero che esistono dirigenti ai quali andrebbe proscritta qualsiasi attività che imponga anche soltanto la gestione della cancelleria dell’istituto.
Questo è ovviamente il nostro limitato punto di vista su di una problematica che poiché vasta e complessa, andrebbe sì affrontata in Parlamento ma non a colpi di maggioranza. Infatti, sulle riforme riguardanti la scuola l’iter legislativo dovrebbe essere concordato tra tutte le forze politiche in campo, ciò per evitare che ogni governo si faccia la sua brava (e dannata) riformina scolastica che, di solito, serve soltanto a far rimpiangere quelle precedenti, se non addirittura la riforma Gentile del 1923.